[Questa recensione appare in contemporanea su Fantasy Magazine. La versione che pubblico qui è alquanto diversa, un po’ per adattarla al format che adotto in questo blog, un po’ perché, dopo aver scritto in fretta e furia la versione per FM (che usciva a mezzanotte della notte scorsa!), mi sono venute in mente modifiche e aggiunte, un po’ perché non ho voglia di polemizzare col pubblico indifferenziato di FM.]
1941. Steve Rogers è un ragazzo piccolo, mingherlino e asmatico, ignorato dalle donne, vessato dai bulli e impossibilitato a realizzare il suo sogno: arruolarsi per combattere contro i nazisti. Finché il professor Erskine non lo sceglie come cavia per un esperimento destinato a realizzare il Super Soldato…
Non sono mai stato un grande fan di Capitan America. Sarò superficiale, ma è difficile non considerarlo la personificazione dell’arroganza statunitense. un supersoldato, vestito a stelle e strisce, che per giunta combatte per conto dello S.H.I.E.L.D., una specie di versione superpotenziata della C.I.A. Grazie, no.
Perciò sono andato al cinema con aspettative decisamente moderate. E invece Capitan America: Il primo vendicatore, nella sua prima parte, è riuscito a divertirmi e ad appassionarmi non poco, tirando fuori il lato umano del personaggio e persino buttando lì qualche spunto non banale sul significato degli eroi, della guerra e della propaganda. Peccato che poi, arrivati al dunque, il regista Joe Johnston preferisca andare sul sicuro, privilegiando battaglie e sparatorie e dimenticandosi buona parte della carne che aveva messo al fuoco.
La storia del piccolo uomo che improvvisamente trova un superpotere che lo mette in grado di realizzare i suoi sogni e sconfiggere i suoi nemici è l’essenza del genere supereroistico, e qui è stata realizzata in modo tale che è difficile non lasciarsene coinvolgere. È davvero stupefacente come Chris Evans sia stato rimpicciolito digitalmente in modo assolutamente credibile, tanto da far venire il dubbio che a interpretare Steve “prima e dopo la cura” siano due attori diversi. Ma il bello è che dopo la trasformazione Cap non diventa subito l’eroe che conosciamo, ma viene arruolato in un ridicolo spettacolo di propaganda. Mi è sembrato notevole da parte degli autori cominciare l’epopea di Cap con una serie di scene che mettono in ridicolo la sua calzamaglia rossabiancablu e sembrano denunciare la falsità e la retorica che si nasconde dietro ogni guerra. Tutto questo mentre il professor Erskine, tedesco espatriato, insegna a Cap a non odiare il proprio nemico.
Anche tecnicamente il film gioca le sue carte migliori all’inizio, allineando una serie di caratteristi eccezionali: Hugo Weaving come Teschio Rosso, assolutamente perfetto nella sua gelida malvagità; Tommy Lee Jones nella parte del burbero generale; Stanley Tucci come scienziato in lotta contro l’ottusità politico-militare; ma anche il meno conosciuto Dominic Cooper che tratteggia un ottimo Howard Stark (il padre di Tony Stark, alias Iron Man) che ricorda il personaggio storico di Howard Hughes. La ricostruzione storica (o meglio: pseudostorica) è riuscitissima, con apparecchiatura fantascientifiche dall’aspetto retrò che danno davvero la sensazione di qualcosa che i nazisti avrebbero potuto creare se ne avessero avuto la tecnologia a disposizione. Il tutto condito con una sana dose di ironia che rende il tutto sinceramente divertente.
Peccato che tutto questo gran lavoro di costruzione dell’atmosfera e dei personaggi vada poi in buona parte sprecato quando Capitan America trova finalmente la sua ragione d’essere e comincia a combattere sul serio con il Teschio Rosso. Intendiamoci: chi è di bocca buona e si accontenta di vedere un sacco di mazzate ed esplosioni spettacolari non rimarrà deluso: il dipartimento effetti speciali ha fatto il suo lavoro con diligenza. Tuttavia da questo momento in poi la trama diventa spietatamente lineare. Sembra di guardare un film di guerra al triplo della velocità: in teoria dovremmo appassionarci vedendo le diverse personalità dei commilitoni di Cap amalgamarsi fino a formare una squadra unita, e commuoverci di fronte alla morte eroica di qualcuno di loro, ma in realtà i personaggi rimangono sullo schermo talmente poco che di loro non ci importa molto.
Anche l’idea di avere un supereroe dentro la Seconda Guerra Mondiale non viene sfruttata bene, dato che non c’è alcuna relazione con gli eventi storici reali, e nemeno con l’idea generale di una guerra in corso (Cap e compagni entrano ed escono dalla Germania come se ci fosse una porta girevole). E anche l’idea potenzialmente interessante di un Teschio Rosso che si ribella a Hitler per continuare in proprio i suoi disegni viene appena accennata e poi lasciata cadere. Ma soprattutto è deludente il Teschio Rosso stesso che, dopo avere incontrato Cap la prima volta, si limita a perdere una battaglia dopo l’altra fino alla sconfitta definitiva, senza mai inventarsi uno straccio di trovata diabolica che possa non dico creare un colpo di scena, ma almeno impensierire un pochino il nostro eroe. Il finale non ve lo dico, ma ve lo potete immaginare, visto che tutti sanno che il personaggio di Capitan America parteciperà al prossimo film dedicato ai Vendicatori, ambientato ai giorni nostri.
In conclusione, questo Capitan America è un film riuscito solo a metà. Molto più curato della media del genere, con un cast di supporto eccezionale (ma anche Chris Evans fa una figura migliore che come Torcia Umana), a tratti molto divertente, ma che purtroppo non mantiene tutto quanto promette. Colpa anche della regia professionale ma non memorabile di Johnston. Ah, e comincio a essere stufo di questo 3D che aggiunge pochissimo alle scene e ne appiattisce i colori.
credo mi toccherà vederlo stasera con i ragazzi, la tua recensione mi consola un po’!
(credo di aver svelato il mistero che mi impediva di postare commenti qui dentro.
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Meno male, almeno hai trovato un modo! Ti ringrazio dell’informazione, cercherò di sfruttarla per capire che succede.
Tu comunque hai firmato usando la tua identita di Blogger, visto che vedo il tuo avatar, giusto?
Ci riprovo senza il sito web. Prima ho tentato con.
Non ho ancora visto il film, non potrò esimermi. 🙂
Però mi sembra tu abbia una visione un po’ limitata del Capitan America fumettistico, anche se capisco che superficialmente possa dare quell’idea. Fermo restando il solito assunto che parliamo di un personaggio che esiste da praticamente ottant’anni e ha avuto mille rilettura, quindi è anche un po’ dura inquadrarne un’identità precisa.
Di sicuro non è il supersoldato che combatte per conto dello S.H.I.E.L.D. e, fra l’altro, la problematica del sentirsi intimamente rappresentante dello spirito più puro del suo paese e trovarsi in contrasto al contrario con quel che il suo governo fa e gli ordina di fare, beh, molto banalmente, è sempre stata alla base delle sue migliori storie. Tant’è che c’è stato pure il periodo in cui, disgustato, aveva gettato alle ortiche l’uniforme. 🙂
Però ripeto, capisco che l’impatto di superficie sia da pellagra, del resto valeva pure per me (e mi ha sempre fatto un effetto simile anche Superman, però anche per lui, andando oltre, leggendo, ho trovato storie bellissime).
Obiezione accolta.
Del resto non posso certo pormi come esperto di fumetti Marvel.
Comunque, diciamo che temevo che la rilettura cinematografica avrebbe evitato i lati problematici e interessanti del personaggio.
Invece li delinea molto bene, però poi non li sfrutta.
Non so poi se sia un bene…
Bella recensione, chiara ed equilibrata, stai pure migliorando, dico io
Grazie. Io invece ho l’impressione di peggiorare, a forza di scrivere passo a passo su come installare software.
Ma tu il film l’hai visto?
Eh, alla fine è un po’ un problema di tutti questi film. Spesso azzeccano anche gli aspetti più affascinanti dei personaggi, ma poi non li trattano in maniera approfondita come le migliori storie a fumetti, un po’ perché alla fine l’idea rimane quella del film avventuroso e divertente per famiglie, un po’ perché comunque devi dedicare mezzo film a raccontare le origini, un po’ perché poi in questi casi specifici ci si mette in mezzo anche il dover incastrare tutto nel mega crossover degli Avengers.
Alla fine anche i due Iron Man, che forse sono i più riusciti di questo ciclo con Samuel Jackson come filo conduttore (:D), buttano lì le tematiche interessanti del personaggio (il carattere da egomaniaco e megalomane, i conflitti interiori legati all’utilizzo militare e speculativo delle sue invenzioni, il melodramma delle difficoltà cardiache, l’alcolismo), ma non le approfondiscono veramente, le usano più che altro come siparietti.
Verissimo, il problema di quasi tutti i film di supereroi è far quadrare le origini con il presente. Personalmente trovo che il film che c’è riuscito meglio sia l’Hulk di Ang Lee (che però non è piaciuto a nessuno).
Anche il primo Iron Man ci era riuscito piuttosto bene, peccato che il secondo invece, introducendo il rapporto con un padre di cui non si era quasi parlato nel primo film, riduca appunto il tutto a una serie di noiosissimi siparietti.
Io poi sto cominciando a pensare che questo film sui Vendicatori sarà una specie di Chinese Democracy: una cosa che ti fanno aspettare per tanti anni stimolando aspettative pazzesche e che alla fine non sarà niente di che…
Se può consolarti, l’Hulk di Lee è piaciuto pure a me. 😀
Sui Vendicatori, vedremo. Il potenziale per una roba di poco conto c’è tutto, dalla sua ha che Joss Whedon è bravo a valorizzare bene cast nutriti. Certo, il rischio che Downey Jr. si magni il film c’è…