Born Again!


Quando ho cominciato questa seconda versione del mio blog, ho deciso che avrei evitato di scrivere post di carattere strettamente personale. La mia vita non è tale da risultare interessante per il lettore casuale, e per tenere informati gli amici di quello che mi succede ci sono Facebook e gli altri social network. Tuttavia oggi faccio un’eccezione, un po’ perché quanto mi sta succedendo mi coinvolge non solo a livello personale ma anche professionale, e un po’ perché investirà direttamente anche questo blog.
Ecco cosa ho da dirvi: dall’inizio di questo mese sono in cassa integrazione a zero ore. La redazione milanese della rivista per cui lavoravo ha chiuso i battenti. I dettagli sono ancora da definire, in base a una trattativa con l’azienda. Ma le probabilità che io torni a scrivere per quella testata sono davvero scarse. E, stante l’attuale situazione del mercato del lavoro, le probabilità che qualcuno mi assuma a tempo indeterminato in una redazione sono, almeno in un futuro prossimo, vicine allo zero.
Non ne faccio un dramma. C’è, come vi ho detto, la cassa integrazione, poi eventualmente ci sarà il sussidio di disoccupazione (la tessera di giornalista almeno a questo serve). E per fortuna le opportunità di lavoro, sia pure precarie, non mancano.
Ma dirò di più: sto vivendo questo evento, più come una disgrazia, come una liberazione e un’opportunità.
Liberazione: da tempo il mio lavoro aveva cessato di significare qualcosa per me. Quando sono entrato in questa redazione, provavo tutto il piacere che deriva dal fare un lavoro creativo. Avevo una mia sezione che potevo gestire con relativa libertà, il tempo e le risorse per creare articoli da zero e per provare prodotti in modo approfondito. Avevo contatti continui con le aziende, partecipavo a fiere e conferenze stampa, potevo tenermi aggiornato. E il mio contributo veniva apprezzato. Col tempo, per l’azione congiunta della crisi (triplice: dell’economia, dell’informatica e dell’editoria) e di una totale mancanza di cultura giornalistica daparte dell’azienda, il mio lavoro si è completamente snaturato. Da qualche anno, ormai, il mio compito era solo quella di tradurre articoli provenienti dall’estero, seguendo una scaletta decisa a mille chilometri di distanza senza consultarmi. Avevo smesso di fare proposte, dato che non venivano prese in considerazione. Non avevo quasi mai possibilità di partecipare a eventi, considerati “perdite di tempo”. Ero diventato un passacarte: a ogni giorno che passava sentivo che la professionalità che avevo costruito in anni di giornalismo mi sfuggiva un po’ di più.
Avevo pensato tante volte di andarmene e basta, e a trattenermi c’era solo quel contratto a tempo indeterminato, una specie di santo Graal nel mondo editoriale di oggi, che pareva un sacrliegio gettare via senza un’adeguata contropartita. Ma quel contratto era diventato una catena che mi teneva avvinghiato a un lavoro che non mi dava nulla. Ora, per il bene o per il male, la catena si è spezzata. E sono libero di cercare qualcosa di diverso.
Opportunità: Il lavoro di giornalista non è certo il più gravoso del mondo. Ma lavorare per otto ore al giorno in una redazione richiede comunque un bel po’ di energia creativa. È abbastanza duro tornare a casa, e sforzarsi ancora di scrivere un racconto, una sceneggiatura, il canovaccio di una trasmissione radio, o anche solo di scrivere post per questo blog, che infatti nelle ultime settimane ho trascurato tantissimo. Quanti sono i post che ho concepito, di cui anzi ho cominciato la bozza, e che poi non sono arrivato a portare a termine, cancellandoli perché ormai inattuali?
Ora, all’improvviso, si spalancano abissi insondabili di tempo a disposizione. Ho davanti un periodo in cui in pratica sarò in totale vacanza obbligata. Anche se dovessi trovarmi altri lavori da fare, saranno probabilmente del tipo che si svolge in tutto o in parte a casa, lasciandomi la possibilità di gestirmi come preferisco. Progetti il cui completamento mi sembrava un sogno irraggiungibile ora appaiono a portata di mano. Lo so: la realtà si incaricherà presto di mostrarmi che ci sono altri ostacoli da superare oltre alla mancanza di tempo, prime tra tutti la mia pigrizia e disorganizzazione. Ma ho troppo desiderato un’occasione del genere per non provare a sfruttarla.
Perciò vi autorizzo ad aspettarvi grandi cose da me. Comincio però a promettere una piccola cosa: non lascerò più questo blog per più di 48 ore senza un post. Ho detto.

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