Highwayman

Recensione del fumetto “Highwayman” di Koren Shadmi.

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Avevo già apprezzato moltissimo Koren Shadmi per Abaddon, inquietante variazione sul tema dell’Inferno. Molto meno mi era piaciuto Rise of the Dungeon Master, biografia a fumetti di Gary Gygax in cui il disegno di Shadmi veniva banalizzato dalla poco efficace sceneggiatura di David Kushner. Ora arriva questo Highwayman, dove l’autore di origine israeliana torna a curare anche la sceneggiatura e arriva di nuovo ai massimi livelli con una storia puramente fantascientifica, diventata immediatamente la mia preferita nella sua produzione.

Siamo sempre dalle parti dell’Inferno, anche se in questo caso è un Inferno in terra. Il protagonista è un uomo senza qualità colpito dalla maledizione dell’immortalità: quando muore resuscita poco dopo, guarito e pronto a riprendere il cammino. Nei sei episodi che compongono la storia (più un settimo collocato al penultimo posto, che in un flashback ambientato nell’America dei primi pionieri ci fa conoscere l’origine del suo tormento) l’uomo vaga alla ricerca della Fonte, obiettivo che dovrebbe spiegargli il perché della sua situazione e dargli finalmente la pace. A ogni episodio corrisponde un forte salto temporale, dal periodo tra le due guerre fino a un futuro lontanissimo, e il viaggiatore si trova a testimoniare della progressiva distruzione della vita sul nostro pianeta e della terribile decadenza della civiltà umana, incontrando nel frattempo altri che condividono, sempre senza comprenderlo, il suo destino di immortale.

Quello di Highwayman non è uno spunto particolarmente originale, ma la sua forza è nella solidità della realizzazione. Una serie di personaggi credibili e memorabili, e una serie di sprazzi vertiginosi che permettono alla mente del lettore di riempire gli spazi lasciati vuoti e disegnare una visione inquietante del futuro dell’umanità. Il tratto di Shadmi è essenziale, non sfrutta grandi effetti ma minuscoli dettagli significativi che vanno a colpire l’immaginazione.

Quello che ho apprezzato di più è l’assenza totale di misticismo e finalismo nel punto di vista dall’autore. La spiegazione finale arriva ed è amara, banale e priva di vero senso come tutto il resto. Il protagonista rifiuta granitico ogni tentativo di giustificare la sofferenza con un fine più grande, ma rimane tenacemente attaccato alla propria umanità, alla propria condizione di testimone dell’Universo che è l’unica cosa che dia un senso al tutto.

Da leggere.

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Come costruire un alieno

Questo è uno di quei libri che ho deciso di leggere nell’istante stesso in cui ne ho appreso l’esistenza. Come occasionale autore di fantascienza, infatti, mi sono sempre posto il problema di come creare degli alieni che non fossero i soliti “umanoidi un po’ strani” che si incontrano spesso nelle space opera, ma che dessero veramente un effetto di alienità, pur essendo credibili dal punto di vista fantascientifico.

Da questo punto di vista il contenuto mantiene solo in parte quanto promette il titolo. Anche se l’autore appare ferratissimo nel campo della fantascienza (sono decine i titoli di libri e film, famosi e oscuri, recenti o d’epoca, citati a proposito), ha deciso di rimanere fermamente ancorato a ciò che conosciamo davvero, e cioè la vita sulla Terra, senza seguire ipotesi più fantasiose. Non si parla quindi, se non per accenni, di forme di vita con basi diverse dal carbonio, tantomeno di idee più eterodosse come forme di vita basate su pura energia.

Quello che il libro fa, invece, è esaminare quello che sappiamo di come si è evoluta la vita sulla Terra e analizzare quale sarebbe potuto essere il risultato se le cose fossero state diverse in qualche momento dell’evoluzione. Un approccio forse meno utile all’autore di fantascienza (non del tutto inutile, comunque, anzi: nel corso della lettura mi sono venute in mente diverse razze aliene davvero bizzarre), ma non meno interessante.

Consiglio quindi Come costruire un alieno a chiunque abbia voglia di rinfrescare e aggiornare le sue conoscenze su biologia, evoluzione, etologia, nonché scoprire molte delle tante stranezze che il corso dell’evoluzione ha prodotto sul nostro pianeta. Di particolare interesse la bibliografia, che offre molti modi per approfondire i temi che nel testo forzatamente vengono solo accennati. Il testo è accessibile anche ai non addetti ai lavori; tuttavia, anche se il tono è colloquiale, l’approccio è rigoroso, e richiede quindi una certa attitudine a letture scientifiche complesse.

Volendo fare una critica, direi che il più grave difetto di Come costruire un alieno è la completa assenza di illustrazioni. Viene citata ogni sorta di strana creatura, e sapere che aspetto hanno un desulfovibrio audaxviator o un eterocefalo glabro senza dover googlare avrebbe sicuramente facilitato l’immersione nella lettura.

Disclaimer: libro ricevuto in visione, su mia richiesta, da Codice Edizioni

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