Film, Sogni e Delitti

Sogni e delittiTerry e Ian sono due fratelli inglesi. Il primo fa il meccanico, e ha il vizio del gioco, il seconda sogna di lasciare il ristorante del padre per andare all’estero e diventare un affarista, e gli piace fingere di essere ben più ricco e "arrivato" di quanto non sia. Quando Terry si trova debitore di una grande somma di denaro persa alle carte, e Ian ha bisogno di trasformare i propri sogni in realtà per non deludere la bella attrice di cui si è innamorato, i due si rivolgono insieme al ricchissimo zio Howard. Costui si dichiara disposto a concedere il denaro richiesto, ma in cambio vuole un favore: i nipoti dovrebbero eliminare un suo ex-socio che minaccia di mandarlo in galera a vita. Di fronte all’unica possibilità di non veder sfumare i propri sogni i due, riluttanti, accettano…
Fin dagli inizi della sua carriera alla fine degli anni ’60, Woody Allen ha mantenuto, in modo sostanzialmente ininterrotto, il ritmo di un film all’anno. Questa regolarità autoimposta è stata sicuramente un utile strumento per Woody, che ha evitato le trappole del perfezionismo e ha così fornito al suo genio molteplici occasioni per esprimersi. Tuttavia, ora che i film sono diventati una quarantina, diventa evidente il rovescio della medaglia: sempre più spesso il regista newyorchese produce opere che, pur elegantemente confezionate, risultano superflue all’interno di una filmografia superba come la sua.
Quello che Woody Allen aveva da dire sull’omicidio lo ha detto nello splendido Crimini e Misfatti, e lo ha ripetuto nell’altrettanto bello quasi-remake Match Point. Al confronto, Sogni e Delitti scompare. Indubbiamente Colin Farrell e Ewan McGregor fanno una buona figura, i dialoghi, dopo un inizio rigido e didascalico, scorrono come sempre, e il Woody regista si dimostra ancora capace di inventare scene con fantasia (come quella in cui per la prima volta viene proposto l’omicidio, realizzata mentre i personaggi si riparano sotto un albero per sfuggire a un temporale, situazione che accentua il senso di intrappolamento dei due protagonisti). Tuttavia il film non ha nessun colpo di genio, e procede calligrafico attraverso una serie di tappe assolutamente prevedibili, tanto che il finale non dà corpo a nessuna emozione. Molti personaggi rimangono appena sbozzati, sospesi in un limbo a metà strada tra la comparsa e il personaggio compiuto e significativo. E, se ancora una volta il regista mette a nudo l’ingiustizia e la sopraffazione che si nascondono sotto la scorza della normalità, l’atmosfera da tragedia greca (evocata fin dal titolo originale, Cassandra’s Dream) ci sembra un passo indietro rispetto al cinico razionalismo delle sue opere precedenti.
Discorso simile per la colonna sonora di Philip Glass: ben confezionata, ma non aggiunge nulla a quanto già fatto in passato.

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Film: Persepolis (anteprima)

Dal fumetto autobiografico di Marjane Satrapi. Marjane è una ragazzina iraniana che si trova a vivere proprio nei giorni in cui il regime dello Scià viene rovesciato. Condivie le speranze della sua famiglia per una società più democratica, ma vede invece nascere l’oppressiva teocrazia islamica, mentre il paese viene sconvolto dalla guerra con l’Iraq. Per salvarla dalla sua indole ribelle, i genitori la mandano a studiare in Europa, dove Marjane impara a condurre una vita libera e indipendente. Ma non si trova comunque a suo agio tra gli studenti europei che non sanno apprezzare la libertà di cui dispongono, e la nostalgia di casa la spinge a tornare in Iran…
Persepolis è un capolavoro assoluto del fumetto mondiale, questo è indiscutibile. E questa versione, realizzata personalmente dall’autrice insieme a Vincent Paronaud, gli rende pienamente giustizia. Realizzata con tecniche tradizionali di animazione, mantiene l’essenzialità e il bianco e nero caratteristici dell’originale, utilizzando però una varietà di effetti di sfondo e di movimento che le donano in più una qualità autenticamente filmica. Lodevole la scelta dell’autrice di non presentare una mera trasposizione della storia a fumetti, ma di riscriverla completamente per il cinema. In questo modo, non solo anche chi ha già letto il fumetto può godere di tanti episodi ed elementi nuovi, ma il tutto scorre così bene che ci si dimentica di essere di fronte a un cartone animato. L’edizione italiana mi è sembrata perfettamente curata (la voce italiana della protagonista è di Paola Cortellesi, mentre in originale era di Chiara Mastroianni).
Soprattutto: è una splendida storia vera, che parla di eventi anche tragici senza mai risultare pesante o ricattatoria, e che propone un punto di vista straordinariamente personale e sfumato su temi e luoghi su cui pesano luoghi comuni tagliati con l’accetta. Da vedere assolutamente.

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Film: Irina Palm

Maggie è una signora inglese, vedova, il cui nipotino sta morendo in ospedale di una malattia rara. Forse una nuova terapia potrebbe salvarlo, e Maggie ha già sacrificato tutti i suoi averi, inclusa la casa. Mentre cerca un modo per racimolare altro denaro, per un equivoco risponde a un’offerta di lavoro decisamente poco ortodossa per una signora rispettabile. Ma lei, dopo qualche esitazione, accetta, e si ritrova ben presto a essere una star dei locali porno di Soho, con lo pseudonimo di Irina Palm…
Il riassunto della trama non rende giustizia a questo film, che è di un acume e di una sottigliezza rari. Drammatico ma anche umoristico, riesce a parlare di tanti argomenti serissimi senza per questo risultare didascalico o deprimente. Descrive senza mezzi termini tutta la spietatezza di una società in cui il valore di mercato diventa l’unica unità di misura, ma fa anche una beffarda analisi sulla relatività di ogni codice morale, e non soltanto. Splendidi tutti gli interpreti e in particolare Marianne Faithfull, perfettamente a suo agio nei panni di una Maggie del tutto priva di glamour, e l’attore serbo Miki Manojlovic (già protagonista di Underground di Kusturica), che nella parte del suo omonimo pornoimpresario Miki sembra un redivivo Walter Matthau. Unica nota negativa per la colonna sonora del gruppo belga Ghinzu, in sé anche bella, ma cosi uniformemente funerea da risultare spesso in palese contrasto con la ricchezza di umori della pellicola.

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Film: La bottega delle meraviglie di Mr. Magorium

Mr. Magorium gestisce da un secolo e mezzo un magico negozio di giocattoli a New York, in cui le stranezze sono la normalità. Ma ora che ha consumato il suo ultimo paio di scarpe, Magorium sa che è giunto per lui il momento di lasciare questo mondo, e decide di lasciare il negozio in eredità alla sua giovane assistente Mahoney. Inizialmente Mahoney non vuole accettare la cosa, e anche il negozio fa le bizze al pensiero di essere abbandonato dal suo creatore. Tuttavia, grazie a un contabile in apparenza insensibile ma in realtà dal cuore d’oro, e a un bambino disadattato ma geniale, il negozio troverà chi continuerà a prendersene cura.
Scritto e diretto dallo sceneggiatore dell’ottimo Vero Come la Finzione, questo film non è altrettanto solido. Ci sono tante trovate interessanti, ma sembrano un po’ galleggiare nel vuoto, a causa della scarsa consistenza del background. Viene spontaneo porsi delle domande che rimangono senza risposta, come "Da dove viene Mr. Magorium?", "Come e perché ha aperto il negozio?", "Come ha fatto Mahoney a diventare la sua assistente?", e così via. Fortunatamente, interpreti molto bravi e professionali (menzione speciale per il bravissimo dodicenne Zach Mills) riescono a mantenere in piedi il film, che risulta vedibile, perlomeno dai bambini e dal tipo di persone che riescono a guardare un buon film per bambini senza farsi problemi. Sicuramente non imperdibile, ma abbastanza bizzarro e originale da poter valere i soldi del biglietto.

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