Webcomic: Wondermark

VondermarkTitolo e link: Wondermark
Autore: David Malki !

Lingua: Inglese
Tipologia:
Nonsense, umorismo nero
Formato:
Strip di tre vignette
Colore o b/n:
Bianco e nero
Cadenza:
Due volte la settimana
Continuità:
Vignette singole
Gergalità:
Scarsa, poco o nessun testo
Elementi fantastici:
Alcuni
Violenza: Non esplicita
Autoreferenzialità:
Nessuna
Archivio:
L’intero corpo del fumetto è disponibile online
Giudizio:
(7)

Quessto è forse il più insolito dei webcomic che finora ho recensito. Infatti non è disegnato, ma realizzato usndo immagini tratta da stampe del XIX secolo collezionate dall’autore, sulle quali vengono applicati dei fumetti del tutto anacronistici e stranianti. L’umorismo varia tra il puro nonsense e il nero, e in effetti risulta spesso molto simile a quello di Red Meat, altro fumetto che sfrutta il contrasto tra figure immobili e apparentemente irreprensibili e fumetti folli e perversi. Non avendo personaggi fissi, però, Wondermark è meno ripetitivo. Alcune volte mi ha strappato delle risate omeriche, anche se altrettante volte l’umorismo è risultato troppo cerebrale anche per i miei gusti contorti. Comunque sia sfido chiunque a non ridere per le tre striscie che fornisco come esempio.

Esempio Esempio Esempio

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Terrorismo, giustizialismo e cattivo giornalismo

Cesare BattistiOggi è stato arrestato lo scrittore ed ex-terrorista Cesare Battisti. Se non vi ricordate chi è, leggendo sia il Corriere, sia la Repubblica, troverete scritto che "è stato condannato all’ergastolo dalla Corte d’assise e d’appello di Milano per aver personalmente ucciso il gioielliere Torreggiani, ferito suo figlio oggi paraplegico, per l’omicidio di un maresciallo degli agenti di custodia, Santoro, e di un agente della Digos, Campagna".
Fa specie innanzitutto notare che il testo è quasi identico su ambedue i quotidiani on-line, i quali si rifanno probabilmente alla stessa fonte, probabilmente un comunicato ANSA. Ma il punto è un altro, e cioè che alcune di queste affermazioni NON SONO VERE. Come si può verificare facilmente anche in rete, per esempio consultando Wikipedia, Battisti non fu condannato per aver personalmente ucciso Torreggiani, ma solo per essere l’ideatore dell’omicidio, che fu eseguito materialmente da altri. Quanto al figlio, fu addirittura vittima dei proiettili sparati dallo stesso Torreggiani.
Dettagli, dirà qualcuno, Battisti è stato conndannato per tanti reati, che differenza fa uno in più o uno in meno? Ma non è così. Battisti non ha mai negato di essere stato membro dei Proletari Armati per il Comunismo, né se n’è mai dissociato. Ha però sostenuto che gli sono stati attribuiti reati commessi da altri, mentre veniva processato in contumacia, unicamente in base a testimonianze prive di sufficienti riscontri. All’epoca in cui fu concessa l’estradizione, ci furono roventi polemiche riguardo al fatto che le riscostruzioni pubblicate da alcuni quotidiani attribuivano a Battisti l’esecuzione materiale di delitti ben al di là delle risultanze processuali. Ed è sconfortante vedere come tali polemiche siano serviti a meno che niente, visto che i principali quotidiani italiani, quando si tratta di spiegare ai lettori chi sia Battisti, non trovano di meglio che riportare ambedue lo stesso testo scorretto e fazioso.
All’epoca dell’estradizione non firmai la petizione a favore di Battisti. Anche se è sicuramente vero che fu condannato in modo discutibile e poco ortodosso, si tratta comunque di un membro di un’organizzazione terroristica che ha commesso crimini particolarmente odiosi, da cui non si è mai dissociato, e che si è sottratto alla giustizia con un’evasione. Mi ripugnava, quindi, dargli una mano. Tuttavia ora mi pento di non averlo fatto. Se questo è un esempio della superficialità con cui è stato giudicato colpevole, allora davvero nulla di buono potrà venire dal suo forzato rientro in Italia.

Renato CurcioColgo l’occasione per occuparmi di un altro evento riguardante il tema degli ex-terroristi. Ieri Renato Curcio, fondatore delle Brigate Rosse, mentre stava presentando un suo libro intitolato Il carcere speciale a Napoli nel corso di una fiera, è stato contestato da alcuni esponenti locali di AN che volevano impedirgli di parlare e invocavano per lui il carcere a vita.
Sinceramente mi pare che l’episodio non abbia giustificazioni. Ho avuto occasione di leggere il primo libro di Curcio, L’Azienda Totale, e si tratta di uno studio serio, che non ha nulla a che vedere con il terrorismo. Curcio ha scontato fino in fondo la sua pena, una ventina d’anni di carcere, che non sono pochi. E’ vero, non si è dissociato dal terrorismo, ma questi sono affari suoi. L’autocritica obbligata è propria del maoismo, non di una democrazia. Una persona che ha pagato il suo debito con la società dovrebbe essere considerata riabilitata e libera di fare ciò che più le piace, incluso esprimere la propria opinione e scrivere libri. Certo, ci sono considerazioni di opportunità e di rispetto per le vittime, ma non è questo il caso di Curcio, che non va in televisione a raccontare come ha ammazzato qualcuno, e non va esaltando la propria esperienza di terrorista. Si occupa d’altro, scrivendo libri. Penso che ne abbia il diritto, e che tentare di impedirlgielo sia un gestom né più né meno, fascista.

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A primavera fioriscono le petunie

petuniePiù di una persona mi ha chiesto che fine abbia fatto il blog The Petunias.
Non lo so di preciso, ma Roberto mi ha scritto dicendomi che il blog sta passando "una malora", che anche l’e-mail ad esso associata non funziona più, e che sarà di nuovo online ad aprile. Attendete dunque fiduciosi.

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Svegliaaaaaaaaa!

SvegliaUn po’ in ritardo, ma con questa sveglia aderisco anch’io, idealmente, alla manifestazione in favore dei DICO.

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In memoria: Osvaldo Cavandoli

La lineaPochi giorni fa ci ha lasciato Osvaldo Cavandoli, inventore di La Linea. Ho un ricordo nitidissimo del suo cartone animato che risale a quando ero bambino. Credo che La Linea si avvicini quanto più possibile per un cartone animato alla perfezione. E’ assolutamente essenziale: in bianco e nero, sonoro onomatopeico, tratto limitato a pochi segni, Eppure basta guardarlo una volta e non te lo dimentichi più. Sono storie che anche un bambino può apprezzare (e io le apprezzavo quando avevo tre anni), eppure profondissime, credo si possano chiamare metafisiche. La lotta di questo omino che esce da una linea retta e si ribella contro la mano del suo creatore-disegnatore è qualcosa in cui chiunque, all’istante, può riconoscersi.
La cosa più sorprendente è che La Linea nacque come spot pubblicitario delle pentole Lagostina. E ci parla di un’epoca in cui qualcosa di così bello e perfetto poteva nascere da un intento commerciale. Ci parla di un’epoca in cui si credeva ancora che modernità e creativita potessero andare di pari passo. Di cui ormai ci siamo completamente dimenticati.

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Cucina: Risotto rosa alla Vanamonde

Ebbene sì, nel week-end mi è venuta voglia di creare una ricetta da zero. In realtà non è proprio da zero, visto che ho preso elementi da almeno altre tre ricette già note. Però credo sia la prima volta che mi viene in mente un accostamento culinario "in astratto" e che riesco a realizzarlo in concreto.

Ingredienti per tre persone: 1 carota, 1 gambo di sedano, 1 scalogno, 2 cucchiai d’olio d’oliva, 200 g di gamberetti sgusciati, 250 g di riso per risotti (io ho usato Carnaroli), vino bianco secco, brodo vegetale (va benissimo il granulare), 1 noce di burro, 200 g di fragole, 100 g di robiola, pepe rosa.

Svolgimento: tritate abbastanza finemente scalogno, sedano e carota, e fateli appassire nell’olio sul fondo di una risottiera o altra pentola adatta (io ho scoperto che per i risotti i wok dell’Ikea vano benone). Aggiungete i gamberetti (se sono surgelati fateli prima scongelare bene) e lasciateli insaporire nel soffritto per qualche minuto. Aggiungete il riso, fatelo tostare per un minuto alzando la fiamma, spruzzate generosamente di vino bianco, e lasciate sfumare. Continuate aggiungendo mestoli di brodo fino a portare a cottura. Nel frattempo, lavate le fragole, tagliatele a pezzetti, e passatele per qualche minuto in un pentolino antiaderente con la noce di burro, fino a quando non emetteranno un sugo rosa. A termine cottura, spegnete il fuoco, unite al risotto le fragole e la robiola e mantecate delicatamente. Lasciate riposare qualche minuto, decorate col pepe rosa un po’ pestato, e serivte.

La mia idea di base era di unire fragole e gamberetti in un risotto. Ho deciso che la base ai gamberetti doveva fare un po’ di contrasto con le fragole, quindi ho scelto il soffritto con olio d’oliva e verdure; però ho messo scalogno invece di cipolla, per non esagerare. Per il brodo, quello di carne non c’entrava nulla, ma temevo che anche del fumetto di pesce avrebbe contrastato troppo con le fragole, quindi ho scelto un neutro brodo vegetale. I dubbi più grossi li ho avuti con il formaggio, che temevo uccidesse il sapore dei gamberetti, ma dopo ripetuti assaggi ho deciso di aggiungere la robiola, e ho constatato che è utilissima per legare tra loro i due sapori (forse la prossima volta ne metterò un po’ meno). Ero in dubbio anche sul pepe rosa, che volevo soprattutto come decorazione coloristica, ma devo dire che, perlomeno al mio palato, non risulta estraneo e, anzi, dà un tocco di esotismo al tutto.
Il risultato è stato più che soddifacente. Purtroppo non ho potuto fotografarlo: non riuscivo a trovare l’alimentatore della fotocamera, e la fame ha avuto la meglio. Buon appetito a chiunque volesse provarla!

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Oggi esce Borat

Ed io, dopo averne sentito parlare per un anno, avere visto il suo faccione e mutandone su ogni tipo di stampa ininterrottamente, essermi sentito raccontare per via diretta o indiretta ogni singola battuta del suo film, non ho più, assolutamente, la minima voglia di andarlo a vedere.

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Concerto: Blackfield

BlackfieldPer chi non lo sapesse, i Blackfield sono l’ennesimo progetto collaterale di Steven Wilson, il geniale e poliedrico leader, chitarrista e cantante dei Porcupine Tree, insieme al musicista israeliano Aviv Geffen. Geffen gode di grande popolarità  nel suo paese ma, comprensibilmente, è totalmente sconosciuto all’estero. Wilson si è innamorato della sua musica al punto da trasferirsi per sei mesi in Israele pur di poter collaborare. Il risultato sono stati due dischi: uno del 2004, che includeva anche alcuni dei maggiori successi di Geffen tradotti dall’ebraico in inglese; e uno appena uscito e interamente di nuove composizioni.
Il concerto si è tenuto all’Alcatraz, in una pessima giornata di pioggia e blocco totale del traffico: pubblico decisamente scarso. Tutto si è svolto in orario (supporter alle 20, headliner alle 21). La serata è stata aperta dai Pure Reason Revolution, sconosciuta band inglese che si è rivelata una piacevole sorpresa. Fanno una musica molto interessante che giustappone elementi molto diversi: una ritmica piuttosto "heavy", armonie vocali, molta elettronica applicata alle chitarre. Non guasta il fatto che la bassista, cantante e fondatrice del gruppo, Chloe Alpert, sia molto carina, una specie di moderna Chrissie Hynde. La professionalità  del gruppo si è vista anche dal fatto che il suono era non dico buono, ma perlomeno decente (e si sa che i supporter sono sempre sacrificati nei soundcheck). Sono subito finiti nel mio elenco di band da tenere d’occhio.
I Blackfield sono entrati in azione subito dopo. Wilson e Geffen erano accompagnati da tre musicisti israeliani: un bassista, un batterista e tastierista. Dal punto di vista esecutivo, Wilson è evidentemente il punto forte del duo: non solo la sua chitarra elettrica è il punto centrale di quasi tutti gli arrangiamenti, ma ha anche sostenuto quasi tutte le parti vocali più difficili. Al suo confronto Geffen rimane in ombra, strimpellando un’acustica o un’elettrica ritmica e cantando con voce potente ma un filo troppo lamentosa per i miei gusti.
Il concerto è stato diviso in due da un intermezzo in cui Geffen ha eseguito Pain da solo al pianoforte, e poi ha accompagnato Wilson in una suggestiva versione di Thank You di Alanis Morissette (ho sempre pensato che fosse un gran bel pezzo, mi fa piacere che anche Steven la pensi così). Per il resto, la cosa che  mi è piaciuta di più è stata la "scioltezza" con cui i brani sono stati eseguiti. Mai una pausa, arrangiamenti anche complicati, il tutto senza sforzo apparente, con suoni perfetti. Una vampata di energia che ha calamitato il pubblico dal primo all’ultimo pezzo. E’ davvero raro vedere un concerto di questa qualità.
Riguardo al materiale, ho apprezzato ancora di più i brani del primo disco, che avevo inizialmente preso sottogamba, ma che invece ora mi rendo conto essere davvero una splendida collezione di canzoni. Resto invece meno convinto del secondo. Alcuni brani sono indubbiamente all’altezza dei primi, come l’iniziale Once, ma in alcuni casi gli arrangiamenti mi sono sembrati un po’ scontati, un progressive melodico senza tante pretese, alla Kino. Ma forse è solo questione di tempo prima che mi accorga delle qualità di Blackfield II.
Per inciso, Once è stata eseguita due volte. E, conoscendo l’umorismo bizzarro di Steven Wilson, sono sicuro che non è casuale!
In conclusione, un concerto splendido. Se ve lo siete persi, avete fatto male. Ora aspetto i Porcupine Tree al Gods of Metal!

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Il bimestre del webcomic

baloonOK, avevo detto che avrei recensito un webcomic al giorno, invece ne ho recensiti meno di un terzo. Ne consegue che il mese del webcomic viene prolungato a oltranza fino ad esaurire le 28 recensioni previste.
Non sarebbe male se mi deste un feedback: li avete effettivamente guardati, questi fumetti? Vi sono piaciuti? Finora ho avuto il feedback di due soli visitatori. Un po’ pochini…

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