Film: A Scanner Darkly

Dal romanzo di Philip K. Dick. In un prossimo futuro, sempre più persone diventano dipendenti dalla sostanza M, una droga implacabile di origine sconosciuta. Bob Arctor è un poliziotto che si è infiltrato in un gruppo di tossici per scoprire da dove provenga la sostanza. Nessuno conosce la sua identità, nemmeno gli altri poliziotti, che incontra vestito di una speciale "tuta disindividuante" che impedisce di identificarlo. Il problema è che anche Bob è diventato un tossicodipendente, e i poliziotti, che sospettano di lui, lo incaricano, senza saperlo, di spiare sé stesso. Con il cervello distrutto dalla droga, Bob precipita in un vortice di paranoia… ma la realtà è ancora più terribile dei suoi peggiori incubi.
Il film è realizzato in rotoscope, una tecnica per cui disegni digitali vengono ottenuti a partire da riprese realizzate con attori veri (un cast di tutto rispetto: Keanu Reeves, Robert Downey Jr., Winona Rider, Woody Harrelson). Ed è questa probabilmente la sua pecca principale. La tecnica, infatti, toglie buona parte dell’espressività agli attori, cosa particolarmente grave in un film in cui ci sono moltissimi dialoghi e quasi nessuna azione (Reeves poi è inespressivo di suo, ma questo è un altro discorso). Una tecnica simile avrebbe i suoi vantaggi in un film ambientato in un mondo totalmente fantastico. Qui, invece, a parte le tute disindividuanti e un paio di brevi scene allucinatorie, tutto si svolge in comunissimi ambienti suburbani. Dato che pare che questo film sia costato uno sproposito, c’è da chiedersi se i soldi non sarebbero stati spesi meglio nell’usare effetti speciali convenzionali, lasciandoci vedere i veri attori. Insomma, esperimento interessante, ma non riuscito.
Al di là della tecnica usata, A Scanner Darkly si merita senza dubbio il premio per il film più fedele tratto da Philip K. Dick: ogni singola scena è tratta di peso dal romanzo, e non ci sono deviazioni dalla trama. Fa piacere che una volta tanto Dick non sia stato usato come mero pretesto per un filmetto d’azione decerebrato, e che tutti i suoi temi siano stati mantenuti con grande serietà. Tuttavia mi chiedo se tanta fedeltà non sia addirittura eccessiva. I dialoghi si susseguono uno dopo l’altro ma, senza un adeguato supporto visivo, non riescono a trasmettere per intero la carica paranoica del romanzo.
In definitiva, un film onesto, che fa del suo meglio per portare al pubblico un’opera importante e difficile, e che si guarda volentieri, ma che non è la pietra miliare che probabilmente si proponeva di essere.

Share Button

Ci risiamo!

GenesisAvevo detto che non ci sarei più ricascato. Però questa volta la notizia è vera: i Genesis si riuniscono per un tour e, forse, un disco. Dico che la notizia è vera perché anche sul sito ufficiale viene detto chiaramente che tra due settimane ci sarà un grande annuncio (e cos’altro potrebbe essere?).
A ridimensionare, di parecchio, l’entusiasmo vengono però le dichiarazioni di Peter Gabriel, che afferma chiaramente che lui non ci sarà. Salvo improbabili sorprese, tornerà quindi in pista il collaudato terzetto Banks/Collins/Rutherford.
Che dire? Io non sono tra coloro che disprezzano incondizionatamente l’output dei Genesis degli anni ’80 e ’90. Al contrario, in ciascuno dei loro dischi ci sono dei brani che apprezzo. Tuttavia, dopo anni di attività, e dopo che ciascuno di loro ha firmato dei dischi extragenesis completamente da dimenticare, non tengo sicuramente il fiato sospeso…

Share Button

Tempi moderni

Najib MahfuzOggi, sia il Corriere, sia La Repubblica pubblicano la notizia dell’apertura di una scuola araba a Milano, con relative proteste della Lega che teme, poverina, che sia un luogo dove si insegna ai bambini "un Islam violento". I due articoli sono talmente simili che è probabile che siano stati ricopiati dalla stessa notizia d’agenzia. Ambedue riportano che la scuola è dedicata "al filosofo arabo Nagib Mhalfuz". Non troverete questo nome inserendolo su Google, perché la grafia è sbagliata, qualunque metodo di traslitterazione si usi. Trovereste invece Najib o Naguib Mahfouz, che non è affatto un filosofo. E’ invece il più noto scrittore egiziano, vincitore del premio Nobel per la letteratura. E non solo: uno scrittore progressista, a lungo impossibilitato a pubblicare nel proprio paese, tanto odiato dai fondamentalisti islamici che uno di loro lo accoltellò e quasi riuscì a togliergli la vita.
Dunque, riassumiamo. Con il patrocinio del consolato egiziano, viene aperta a Milano una scuola araba. Non una scuola islamica, ma una scuola in lingua araba, così come ce ne sono in lingua inglese, francese, tedesca. La scuola viene intitolata a uno dei più illustri nemici del fondamentalismo islamico. Ciònonostante, i leghisti sbraitano come se si trattasse di una scuola per terroristi, con accenti degni del peggior razzismo. E cosa fanno i due maggiori quotidiani italiani? Non si accorgono neppure di chi si sta parlando. Sbagliano il nome, lo confondono con qualcun altro. Per loro, è il caso di dirlo, è arabo. All’ignoranza aggressiva dei pochi si aggiunge come un macigno l’ignoranza noncurante di chi avrebbe il dovere di informare. Mi pare una perfetta metafora della situazione generale.

Share Button

Parole come pietre

"Basta che uno sia stronzo, volgare, insulti la gente e spari cazzate razziste e qualunquiste e subito troverà legioni di persone disposte a difenderlo citando Voltaire."

La frase di cui sopra l’ha detta mia moglie. Ma la cito tra virgolette perché è una grande, triste verità.

Share Button