Speck e LaBrie

James LaBrie e Marco PassarelloEbbene sì, questa volta ho intervistato i Dream Theater. Per la precisione ieri a mezzogiorno, all’hotel Pierre di Milano. Non sono particolarmente soddisfatto di come è andata l’intervista. In primo luogo perché mi avevano promesso anche Mike Portnoy, e invece c’era solo James LaBrie. Quindi molte delle domande "tecniche" che mi ero preparato sono andate a farsi benedire. Ma soprattutto, mi avevano detto venti minuti, e invece dopo dieci minuti "last question, please". Io mi ero tenuto per ultime le domande un po’ complicate per mettere a mio agio l’intelrocutore, e non le ho potute fare. E’ venuta fuori una cosa banalotta anzicheno. Comunque sia, uscirà su AudioVideoFotoBILD di giugno, e il mese successivo magari renderò disponibile il testo integrale (anzi, conto di farlo presto con TUTTE le interviste che ho realizzato… ma tra il dire e il fare…).

P.S.: Scegliete voi se l’autodefinizione di "speck" si applica per la provenienza altoatesina o per la stazza.

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Film: Sunshine

SunshineL’astronave Icarus 2 è in viaggio verso il Sole, con l’incarico di sganciare una bomba di eccezionale potenza che dovrebbe riattivarne le funzioni; la nostra stella, infatti, è in declino e sta lasciando la Terra in preda al gelo. La missione è gravata da una terribile responsabilità: già un precedente tentativo è fallito, e non sarà più possibile costruire altre bombe. Per giunta nel momento cruciale gli uomini saranno abbandonati a se stessi, visto che le radiazioni solari impediranno le comunicazioni con la Terra.
Dopo aver affrontato l’horror in 28 giorni dopo, questa volta Danny Boyle si cimenta con la fantascienza, sempre prendendo a prestito modelli del cinema preesistenti per adattarli al suo personalissimo stile. Qui il modello dominante è inarrivabile, visto che la Icarus 2 è evidentemente figlia della Discovery di 2001: Odissea nello spazio, film di cui Sunshine cita in modo letterale alcuni episodi (per esempio il salto senza tuta da un’astronave all’altra). Altre fonti evidenti sono le serre spaziali di 2002: La seconda odissea e i videomessaggi di Dark Star. Ma identificarle tutte è un gioco che potrebbe andare avanti all’infinito.
Alcune delle premesse scientifiche di base del film lasciano molto a desiderare. Per cominciare, è del tutto inverosimile che una bomba a fissione, persino se contenesse tutto l’uranio della Terra, potrebbe avere effetti percettibile sul Sole, le cui energie sono di un ordine di grandezza decisamente superiore. Inoltre la sceneggiatura del film sembra assumere che si possa arrivare a 20 milioni di chilometri dal sole, entrare in orbita facendo una piccola correzione di rotta, e rimanere lì indefinitamente. Non è così: salvo motori estremamente potenti (e una decelerazione violentissima che causerebbe seri problemi ai passeggeri), qualunque cosa arrivi così vicino al Sole è destinata o a caderci dentro, oppure a sfiorarlo per poi allontanarsi rapidamente (come fanno le comete). In effetti, con queste premesse, mi aspettavo un film raffazzonato basato sulla pura azione. Invece, niente di tutto questo. Sunshine si fa rapidamente perdonare questi peccati con l’idea dell’astronave che deve rimanere nascosta dietro uno schermo per evitare di essere bruciata dal Sole, cinematograficamente molto originale e resa con rigore e realismo.
L’ambientazione fantascientifica non modifica lo stile di Boyle, che qui resta vicinissimo al suo primo film, Piccoli omicidi tra amici. Personaggi tratteggiati in modo stilizzatissimo ma efficace, dialoghi secchi senza nessuno spazio per lunghe spiegazioni o tirate retoriche, ritmo che inizia con una certa lentezza e continua a salire senza mai fare un passo indietro, prendendo lo spettatore nel vortice della tensione. Posto al bivio tra la realizzazione di un film d’azione e uno filosofico, il regista inglese sceglie di fare entrambe le cose. Da un lato, basando tutta la costruzione del film sulla suspence, come se fosse una nuova puntata di Alien. Dall’altro, non trattenendosi dall’introdurre tematiche importanti e continuando a sottolinearle anche a livello visivo.
Il tema centrale è quello della fascinazione per il Sole, che dà la vita ma può anche distruggerla, da cui discende il dualismo del rapporto degli uomini con la Natura, segnato dal desiderio di dominarla tramite la scienza, ma anche dalla pulsione ad arrendersi ai suoi ritmi. Boyle non esita ad abbondare con le simbologie, dall’osservatorio solare realizzato come un tempio ai corpi degli uomini che ritornano cenere.
Operazione riuscita? Solo a metà. Se il regista fosse riuscito a creare un film d’azione avvincente e contemporaneamente ad affrontare temi così elevati, avrebbe creato un capolavoro della fantascienza. Nel finale, invece, qualche nodo viene al pettine: dal punto di vista dell’azione, il montaggio diventa talmente concitato che negli ultimi minuti si ha qualche difficoltà a seguire la vicenda. Mentre dal punto di vista simbolico il messaggio risulta a volte non sufficientemente approfondito (cosa rappresenterà, per esempio, la piantina che si ostina a crescere nel giardino distrutto da un incendio?).
In ogni caso, con tutti i suoi difetti, Sunshine risulta uno dei migliori film di fantascienza “pura” dell’ultimo decennio. Molto più coinvolgente di tanti altri, e con ambizioni che, seppure non totalmente realizzate, meritano una visione. Lo aiutano un cast di attori non-divi (tranne la sottoutilizzata Michelle Yeoh) ma bene in parte, e un’evocativa colonna sonora degli Underworld, efficacissimo contrappunto alle immagini. Ce ne fossero, di film così.

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La multa che non risulta

CampanaNegli ultimi due anni credo di avere preso almeno una decina di multe per divieto di sosta dovuto al lavaggio strade. Qualunque milanese sa come ciò sia possibile: arrivi tardi, o hai fretta, lasci la macchina in un posto "pericoloso" dicendo "tanto domani la devo spostare", poi l’indomani cambi programma, non esci più, non ti ricordi nemmeno più dove hai parcheggiato, e il giorno dopo ancora ti ritrovi una bella multa. E nulla riesce a convincerti che questo del divieto di sosta a rotazione nelle strade sia, più che una necessità tecnica, un gran bel modo per spillare ai cittadini una quantità di soldi molto superiore a quella che sarebbero disposti a pagare con le tasse comunali.
Ma c’è una cosa che mi fa incazzare ancora di più. Quella che vedete nella foto è la campana della carta che c’è sotto casa mia, in un giorno tipico. E’ praticamente sempre così. Nel mio condominio non c’è posto per avere un bidone interno per la carta o per il vetro, quindi bisogna portare la carta da riciclo alla campana esterna. Che si riempie nel giro di una giornata, e viene svuotata solo una volta la settimana. E’ praticamente l’unica campana nel giro di chilometri: tutte le altre sono state eliminate perché la gente non le voleva sotto casa. Ora, pensate che l’AMSA abbia deciso di piazzare una seconda campana (ci starebbe benissimo) accanto alla prima? O di svuotarla più spesso? Ma quando mai! In compenso, ha studiato un’elegante soluzione per evitare l’antiestetico accumulo di cartaccia. L’ho scoperto a mie spese quando ho ricevuto una multa di 50 euro. Avevo portato giù una gran quantità di carta e, trovando la campana strabordante e non volendo riportarmela a casa, l’ho lasciata lì accanto. I solerti ispettori dell’AMSA l’hanno ispezionata, hanno trovato il mio nome su qualche busta, e mi hanno multato per aver abbandonato rifiuti dove non dovevo.
Ora qualcuno mi dirà: le regole sono queste potranno non piacerti, ma le devi rispettare. Ebbene, ora vi dico una terza cosa. Sotto casa mia c’è anche un mobilificio (si chiama Sedie Calamita, tanto per non fare nomi). Tutte le mattine, il personale del suddetto mobilificio piazza due camion in doppia fila per caricare e scaricare la merce, e li lascia lì per ore. Prima conseguenza: se hai avuto la cattiva idea di parcheggiare lì, devi entrare nel negozio, reperire il guidatore del camion e aspettare che, con tutta calma, lo sposti e ti lasci uscire. Seconda conseguenza: per uscire dalla via occorre invadere la corsia in senso contrario in prossimità di un incrocio, cosa potenzialmente foriera di incidenti stradali.
Ora io mi chiedo: qualcuno ha mai multato questa gente che ogni giorno occupa il suolo pubblico senza aver pagato alcuna tassa? Io non credo proprio, visto che proseguono imperterriti ogni mattina nella loro routine. E allora mi viene il sospetto che le multe a Milano non vengano date proprio a tutti coloro che se le meritano. Ma ho trovato la soluzione: ho deciso di issare sul balcone una bandiera della Cina Popolare. Forse alla prossima multa che prendo riuscirò a far intercedere per me il console cinese.

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Libro: Le dame di Grace Adieu

Le dame di Grace AdieuNon avevo intenzione di comprare questo libro, perché sono un po’ diffidente verso le "code" di romanzi di successo. Tempo fa mi hanno regalato Natale in Silver Street di Michael Faber, e ci ho trovato alcuni racconti carini, ma nulla che mi dicesse qualcosa di più rispetto a quanto avevo letto in Il petalo cremisi e il bianco. Allo stesso modo, voci fidate mi hanno detto che La collina dei ricordi nulla aggiunge a La collina dei conigli di Richard Adams. Quindi ritenevo che anche di questo Le dame di Grace Adieu, raccolta di racconti ambientati nello stesso universo fantastico di Jonathan Strange e il signor Norrell, avesse poco da dirmi. Fortunatamente però ne ho trovato una copia a metà prezzo sui banchi del Libraccio subito dopo aver finito Jonathan Strange, e ho deciso il Destino voleva che lo leggessi.
In effetti Le dame di Grace Adieu è un gran bel libro, che si può leggere con piacere anche senza aver letto il suo antecedente, ma che sicuramente verrà goduto in particolare da chi invece lo ha letto e apprezzato. Susanna Clarke qui si rivela una scrittrice molto versatile, dato che ogni racconto è scritto in uno stile completamente diverso. Solo uno è direttamente collegato a Jonathan Strange, altri sono ambientati in epoche completamente diverse, simili a fiabe o a cronache medioevali. C’è anche un racconto in cui il mondo fantastico della Clarke entra in comunicazione con quello di Stardust di Neil Gaiman, e ho persino colto una citazione dai fumetti di Superman (vedremo se qualcun altro la coglierà: è per solutori più che abili!).
L’antologia ha anche dissipato alcuni miei dubbi sulla Clarke. Il suo romanzo, come potete leggere, mi è piaciuto moltissimo, ma mi era rimasto qualche dubbio sul messaggio che l’autrice voleva trasmettere. In particolare, questo insistere sull’inglesità della magia mi era parso un po’ un indizio di quel passatismo nostalgico che alligna in molti autori fantasy. Temevo, insomma, che andando a grattare si trovasse il solito passato mitizzato in cui tutto andava bene perché gli esseri umani non avevano grilli per la testa. Ma non si può certo dire questo dei racconti di Grace Adieu, in cui tra l’altro c’è un interessante rovesciamento: se Jonathan Strange era un romanzo quasi tutto al maschile, qui le donne sono protagoniste e si prendono un bel po’ di rivincite.
Comunque sia, una lettura consigliata.

Questo post appare anche su Il Leggio.

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Uno straccio di laicità

Uno straccio di laicitàNel caso in cui non si fosse capito, l’attuale ondata di clericalismo mi ha fatto veramente incazzare. Non riesco a rassegnarmi al fatto che il nostro sia l’unico paese d’Europa, o quasi, in cui una coppia omosessuale non può avere un riconoscimento legale, o in cui la fecondazione assistita è soggetta a pesantissime limitazioni. Soprattutto, non riesco a rassegnarmi al fatto che queste limitazioni siano non la conseguenza di un autentico sentimento popolare, ma il risultato di pressioni della gerarchia ecclesiastica, nell’acquiescenza di quasi tutti i politici e nell’indifferenza dei più.
Non credo di essere il solo a pensarla così. Ora pare che qualcuno abbia trovato un modo di rendere visibile questa indignazione. Per la precisione Controradio di Firenze, che ha lanciato l’iniziativa Uno straccio di laicità. Si tratta semplicemente di esporre un nastro color porpora sul proprio veicolo, borsa, finestra o blog, per esprimere il proprio desiderio che la Chiesa la smetta di ingerirsi con le leggi dello Stato, come il Concordato le imporrebbe.
Un’iniziativa del genere può rimanere un gesti simbolico privo di qualunque effetto pratico, o una forza potente, a seconda della quantità di gente che aderisce. Pertanto, non posso che esortarvi tutti ad aderire. Anche se i segnali non sono buoni. E’ preoccupante, per esempio, che a quasi tre settimane dal lancio dell’iniziativa pochissimi ne siano a conoscenza. Del resto, partiti come i DS, che in teoria dovrebbero difendere la laicità, sono impegnati a diventare i democristiani del futuro con il Partito Democratico, e non possono certamente mettersi contro la Chiesa sponsorizzando iniziative del genere. Però anche le bandiere arcobaleno hanno cominciato a poco a poco e poi sono diventate un mare. Io ancora non dispero del tutto…

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Intervista a Dario Tonani

E’ online sul Corriere della Fantascienza l’intervista a Dario Tonani che ho realizzato qualche settimana fa. E’ la versione integrale. Vi invito a leggerla qui.
A margine, voglio aggiungere: il libro di Tonani è veramente piacevole e interessante. Ho avuto occasione di leggerlo come giurato del premio Urania, e ho apprezzato molto la Milano straniata che descrive, piena di immigrati e cartoni animati (che, in unc erto senso, sono immigrati anche loro), così come i personaggi e questa idea davvero pazzesca della droga che si trasmette attraverso i cartoni. L’unica critica che mi sentivo di fargli era una parte centrale con eccessive lungaggini, ma credo che l’editing che ha preceduto la pubblicazione abbia eliminato questo problema. Inoltre il libro contiene anche un racconto inedito di Valerio Evangelisti ispirato al Grande Fratello (quello televisivo, non quello orwelliano). Quindi andate in edicola a comprarlo, prima che finisca (ormai di Urania circolano pochissime copie!).

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Piccoli segni di speranza

Elliot EdizioniMia moglie ha appena finito di tradurre un libro per una casa editrice romana appena nata, la Elliot Edizioni. Mi sono incuriosito e ho provato a fare qualche ricerca su di loro. Ed è qui che ho fatto la stupefacente scoperta: la Elliot Edizioni ha un sito su MySpace! E se ne vanta pure ("The First Italian Publishing House to Grace MySpace").
Ora, non voglio parlare troppo bene di MySpace, che per certe cose mi dà anzi abbastanza fastidio. Tuttavia, per comprendere bene la portata dell’evento, dovreste aver frequentato per un po’ le case editrici italiane. In tal caso sapreste che il loro dipendente medio ha serie difficoltà già con l’invio di un fax. La posta elettronica preferisce non usarla, per allegare un file deve chiedere assistenza telefonica, considera Internet un luogo pericoloso e tabu. Vedere una casa editrice,e non una particolarmente votata alla telematica, che apre un sito su MySpace, mi dona la tenue speranza che il nostro possa un giorno diventare un paese moderno.
Se poi questo possa aiutare a vendere libri, sinceramente non lo so.

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Film: La vita degli altri

Das Leben der AnderenGermania DDR: la popolazione è tenuta sotto controllo dalla Stasi, la polizia segreta che conta quasi 100.000 agenti e 300.000 informatori su 16 milioni di abitanti. Uno di loro viene mandato a spiare un autore teatrale, fidanzato con una bella attrice e apparentemente ligio alle direttive del partito. Inizialmente affronta il proprio compito con lo zelo di sempre. Tuttavia, quando viene alla luce la basseza delle motivazioni che hanno dato inizio all’indagine, la sua fede comincia a vacillare: cessa di essere un osservatore neutrale e comincia a influire sulle vite delle persone che sta spiando.
E’ davvero un piccolo miracolo questo film tedesco: 137 minuti di durata, quasi del tutto privi di violenza e di scene d’azione, eppure appassionante fino all’ultimo, senza mai un calo di tensione. Davvero lodevoli il realismo e l’equilibrio con cui la situazione viene rappresentata. Nessuno dei personaggi è positivo fino in fondo: l’agente della Stasi è inizialmente disumano nella sua meticolosa ferocia, lo scrittore convive col regime per quieto vivere, l’attrice è debole e incapace di opporre resistenza, gli intellettuali antiregime sembrano dei velleitari parolai, e i funzionari di partito sono personaggi disgustosi che agiscono unicamente per basso tornaconto personale. Persino ll crollo del Muro e l’arrivo della "libertà" vengono rappresentati in modo del tutto disincantato: sporcizia e consumismo, e i personaggi peggiori che restano impuniti e liberi di pontificare. Eppure, nonostante tutto questo, il film mantiene una particolare leggerezza e ironia, non di rado fa persino ridere, e rende digeribile un argomento che in mano ad altri sarebbe potuto risultare plumbeo. Incredibile pensare che è opera di un 34enne esordiente! Un’opera appassionante, fruibile a piacere come film storico, thriller psicologico, o metafora sulla non-neutralità dello sguardo. Consigliatissimo!

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Film: Intrigo a Berlino

The good german1945: la guerra in Europa è finita, e Churchill, Roosevelt e Stalin si riuniscono alla conferenza di Potsdam per discutere del domani, in una Berlino totalmente in macerie e abitata solo da truppe di occupazione e gente disperata. Un giornalista americano che aveva lavorato a Berlino vi ritorna come corrispondente militare, con l’idea di ritrovare la sua amante di un tempo. Ci riuscirà, ma al prezzo di trovarsi coinvolto in un sordido intrigo in cui gli americani cercano di coprire le responsabilità degli scienziati nazisti pur di assicurarsi i loro servigi, e gli resterà l’amaro in bocca.
Cinefilo fino al midollo, Steven Soderbergh si cimenta con perizia maniacale nel tentativo di fare un  film che sembri girato esattamente all’epoca degli eventi che narra, arrivando addirittura a bandire dal set tutte le tecnologie posteriori. E bisogna dire che ci riesce: curando ogni dettaglio, dal ritmo del montaggio allo stile dei titoli, dà spesso veramente l’impressione di guardare una pellicola coeva di Il terzo uomo, se non fosse per una trama ben più esplicita di quanto un film dell’epoca poteva permettersi. Grazie all’uso di filmati di repertorio, riesce a ricostruire tangibilmente la totale desolazione della Berlino dell’epoca.
La sceneggiatura di Paul Attanasio è solida e avvincente, e i tre interpreti (George Clooney, Kate Blanchett, e soprattutto Tobey Maguire) credibili e convincenti. E ilfilm si segue proprio come quei vecchi filmoni di una volta, con in più una morale amara aggiornata al tempo presente, dove si legge che la guerra è la tomba di ogni ideale dichiarato. Certo, come purtroppo quasi sempre accade, Soderbergh è troppo assorbito dalla sua passione cinefila per rendersi conto che tanta perfezione formale va a volte a scapito della tensione, e che soprattutto nel secondo tempo un po’ di interesse va perduto nei meandri della trama. Insomma, un buon film, ma non quel capolavoro che le possibilità del cast avrebbero lasciato sperare.

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Auguri pasquali (un po' in ritardo…)

PASQUALE(Vignetta rubata a Ivangel.)

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