Smart as a brick

In questi giorni ho avuto la possibilità di mettere le mani su una delle cosiddette “smart TV” tanto pubblicizzate. Non dirò di che marca si tratta, in quanto la PR dell’azienda ha accettato di inviarmela solo specificando che non si sarebbe trattato di una prova tecnica, ma di una seduta fotografica. Devo dire che ora capisco meglio il perché di questa distinzione: probabilmente l’azienda ha in serbo modelli migliori rispetto a quello che mi è arrivato. Comunque sia, credo che la mia esperienza sia da raccontare.
L’inizio è stato piuttosto buono: sono subito riuscito a stabilire la connessione a Internet via Wi-Fi. I problemi sono iniziati dopo. Alla prima funzione che provo a utilizzare, il televisore mi dice “Devo aggiornarmi”, e passa un quarto d’ora a scaricare roba da Internet. Quando ha finito, faccio un altro passo avanti, e via, altro quarto d’ora di aggiornamento. In pratica per riuscire a impostare decentemente il tutto occorre un intero pomeriggio a disposizione.
Quando poi finalmente si è aggiornato, mi rendo conto che non riesco a fare niente: devo prima impostare il mio account. Perché non me lo hanno fatto impostare all’inizio? E soprattutto: dove devo andare per impostarlo? Ci riesco solo dopo aver navigato parecchio tra vari livelli di menu (ci sono vari ordini di menu separati, richiamabili da tasti diversi con simboli criptici sul telecomando: un classico delle interfacce manovrabili solo da un ingegnere flippato).
Quando riesco a impostare l’account, mi rendo conto che inserire lunghi indirizzi e-mail e password usando una tastiera virtuale lentissima e un touchpad, sensibile come un pachiderma ibernato, posto sul telecomando è impresa lunghissima e disperante. Ci riesco sfruttando il joystick nascosto sul retro del televisore. Anche così, comunque, si impiega un’eternità.
Fatto l’account, torno dov’ero prima e cerco di accedere a Facebook. Mi dice che non posso, devo prima andare al menu Impostazioni e collegare il mio account Facebook all’account del televisore. Prego? Dov’è che devo andare? Cerco di capirlo utilizzando le schermate di help, che sono scritte in un italiano in cui tutte le parole sono abbreviate. Non scherzo; c’è scritto, per esempio:

È poss. cond. i cont. selez. con la propria fam. utiliz. X.

Alla fine trovo il menu giusto, e mi accingo al ripetere l’ordalia di scrivere username e password per l’account Facebook. Ma le difficoltà aumentano, perché evidentemente tutte queste operazioni hanno chiesto troppo al minuscolo processore del televisore, che ha deciso di prendersi un po’ di riposo. Quindi ogni tanto tutto smette di funzionare, il cursore si muove regolarmente in giro per lo schermo, ma cliccando non succede nulla, e uno si chiede se sta sbagliando qualcosa, se deve resettare tutto, o se aspettando prima o poi riuscirà a riprendere quello che stava facendo (è dai tempi in cui usavo un Amiga 500 che non provavo esperienze del genere).
Alla fine riesco a scrivere i fatidici dati, ma non riesco ad arrivare in fondo all’operazione. Mi rendo conto,  infatti, che nella password del mio account Facebook c’è un segno grafico che non è presente sulla tastiera virtuale del televisore, e quindi non lo posso scrivere. Ci sarà un modo per ottenere simboli diversi? Se c’è, per ora non l’ho trovato.
In soldoni, un paio d’ore di smanettamento (non contando il tempo necessario per il montaggio) non mi sono bastate per arrivare a consultare il mio account Facebook sul televisore.
La mia impressione è che queste smart TV siano l’equivalente dei videoregistratori del secolo scorso: roba piena di funzioni mirabolanti che nessuno usa, perché nessuno ha voglia di mettersi a litigare con una macchina nel suo linguaggio astruso e frustrante per convincerla a fare quello che dovrebbe. Sappiatelo.

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On your radio

Stanotte ritorno in diretta su Radio Popolare per un po’ di chiacchiere, musica e fantascienza. Come sempre la trasmissione è a un orario infame: dalle 0.45 all’1.00 e (dopo la replica di La Caccia) dall’1.20 fino a molto tardi.
Sono quattro mesi che non vado in onda, quindi gli argomenti di cui parlare non mancheranno. In questo ultimi mesi in campo fantascientifico e fantastico si è visto un bel po’ di materiale: romanzi nuovi (Cory Doctorow, Richard Morgan, Dan Simmons), ristampe (George R. R:  Martin, Mack Reynolds, Gene Wolfe, Frank Herbert), serie televisive (Game of Thrones), film (Hunger Games)… impossibile parlare di tutto, ma ci proverò.

Non metterò online la registrazione, perciò, se volete essere sicuri di sentirla, non vi rimane che stare svegli e fare clic all’ora giusta sul link qui sotto:
Diretta Radio Popolare
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Letture in saòr

Lo scorso 27 maggio, al Teatro Biblioteca Quarticciolo di Roma, si è tenuta la manifestazione Letture in saòr – pagine in degustazione. Si trattava di una serata di “lettura condivisa” a tema culinario. In pratica, i partecipanti portavano ciascuno un brano letterario riguardante la cucina, e lo leggevano in pubblico.
Perché ve lo racconto? Perché gli amici del RILL mi hanno fatto la sorpresa di far includere un brano tratto da un mio racconto tra quelli che sono stati letti. Si trattava di Missione diplomatica, racconto incluso nell’antologia Guida Galattica dei Gourmet. Mi sono così ritrovato infilato in mezzo ad autori classici come Calvino Gadda, De Filippo, Zola, Goldoni, e vendutisismi come Camilleri, Allende, Hornby.
Purtroppo non mi è stato possibile partecipare alla serata. Se però qualcuno fosse curioso, esiste un sito da cui è possibile ascoltare le letture, sia in blocco, sia singolarmente.
 
Nota: Se qualcuno si chiedesse cos’è il saòr, è un delizioso condimento, affine al carpione, con cui a Venezia si condiscono le sarde fritte. Ne parla Goldoni nella commedia Le donne de casa soa:

Grillo, sentì, fio mio, tolè la sporteletta;
Voggio che andè da bravo a farme una spesetta.
In pescaria ghe xe del pesce in quantità;
M’ha dito siora Catte, che i lo dà a bon marcà.
Un poche de sardelle vorria mandar a tor,
Per cusinarle subito, e metterle in saor.

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BitCity Magazine N.1

È uscito giovedì scorso il numero 1 di BitCity Magazine, la prima edizione “ufficiale” dopo il numero 0 uscito lo scorso aprile.
Contiene parecchio di mio, a cominciare dalla copertina (nata da una mia idea), proseguendo con un articolo sull’uso dell’iPad per fare musica (scritto insieme a Stefano Mancarella), un’intervista a Matteo Berlucchi sul futuro di aNobii, un articolo sul funzionamento del 3D, e altre cose.
Come sempre, la rivista è scaricabile gratuitamente o leggibile direttamente dal suo sito. Ancora una volta vi prego di leggerla, scaricarla, commentarla e, soprattutto, diffonderla. Linkatela sui vostri blog, su Facebook, dovunque vi sia possibile. Grazie.

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Wildwood

More about Wildwood“Come avessero fatto cinque corvi a sollevare un bimbo di dieci chili Prue non lo capiva proprio, ma era certamente l’ultima delle sue preoccupazioni. Se avesse dovuto fare un elenco delle sue preoccupazioni in quel momento, mentre osservava incantata dalla panchina del parco i cinque corvi che portavano via suo fratello Mac, capire come potessero riuscirci era davvero l’ultima della lista.”

Quello che avete letto è l’incipit, davvero entusiasmante, di Wildwood, romanzo fantastico per ragazzi scritto da Colin Meloy, meglio noto per essere il cantante e l’autore dei testi dei Decemberists, e illustrato da sua moglie Carson Ellis.
Apprezzo molto i testi bizzarramente fantastici di Meloy, e appena ho saputo di questo libro me lo sono subito procurato. Quando poi ho letto l’incipit, ho pensato di trovarmi di fronte a uno di quei libri appassionanti che non riesci a mettere giù finché non hai girato l’ultima pagina. Purtroppo però le mie speranze sono andate deluse: dopo i primi capitoli, Wildwood si trasforma rapidamente in una lettura banalotta e piena di potenzialità non sfruttate.
Il problema principale del libro, a mio avviso, è l’ambientazione. La Landa Impenetrabile che si trova subito fuori Portland si rivela infatti un bosco privo di caratteristiche spaventose o  insolite, tranne una: è abitato da animali parlanti. Dato però che questi animali convivono con gli esseri umani e si comportano in tutto e per tutto come loro, la trovata si esaurisce molto in fretta, anche perché l’autore è molto vago nello spiegare come funzioni una società in cui predatori e prede vivono e lavorano fianco a fianco. Per il resto, la Landa è un patchwork di elementi disparati e poco amalgamati tra loro: atmosfere rurali, eserciti armati archi e moschetti, automobili, ville patrizie, templi grecizzanti in rovina, mistici zen… tutto troppo casuale per essere convincente, ma non sufficientemente bizzarro per essere affascinante. E manca, secondo me, la sensazione di essere in un angolo dimenticato dell’Oregon: a parte la presenza di coyote, la Landa potrebbe trovarsi ovunque.
Anche dei personaggi si può dire la stessa cosa: sono tutti piuttosto stereotipati, e nessuno risulta memorabile.  Anche Alexandra, la “cattiva”, è alquanto priva di spessore, anche perché le vicende che l’hanno portata a volersi vendicare del bosco, e che potevano risultare interessanti se bene inserite nella trama,  vengono invece raccontate in modo piuttosto sommario.
Persino la protagonista Prue, che all’inizio promette molto bene, rapidamente cessa di evolversi, dato che le sue caratteristiche di ragazzina moderna e volitiva alle prese con un mondo fuori dalla sua esperienza finiscono in secondo piano, poiché la trama non le dà occasioni per tirarle fuori. Non ci sono enigmi da risolvere, e nemmeno dilemmi etici da superare. Quasi tutto il romanzo si riduce a una sequela di inseguimenti e battaglie (e lascia anche un po’ perplessi questa enfasi sul valore guerresco, con ragazzini dodicenni che combattono e uccidono).
Non si può dire che il libro sia brutto, e immagino che un ragazzino possa apprezzarlo, ma a mio avviso i libri per ragazzi migliori sono quelli che anche un adulto può leggere, e io mi sono discretamente annoiato, nonostante io sia un discreto consumatore del genere, da Harry Potter a Bartimeus. Nel complesso non me la sento di consigliarlo.

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