Libro: Confine di Stato

Il libro narra, nascondendoli sotto trasparenti pseudonimi, vari eventi celebri della storia italiana tra gli anni ’50 e i ‘70: il caso Montesi, la morte di Enrico Mattei, l’attentato di piazza Fontana, la morte di Giangiacomo Feltrinelli, unendoli in un’unica trama, il cui filo conduttore è la figura di Andrea Sterling, un uomo violento, malvagio e dal passato oscuro, sempre in prima fila nelle trame occulte del nostro paese.

Questo libro di Simone Sarasso, apparso un anno fa per i tipi della piccola casa editrice Effequ, è stato poi rieditato da Marsilio per una distribuzione in grande stile, preceduto da osannanti recensioni. Mi aspettavo quindi un’opera importante, specie dato l’argomento affrontato. E invece quasi non so dove cominciare con le critiche, visto che di questo libro non salverei nulla, tranne forse la copertina.
Cominciamo col dire che l’autore compie una scelta ambigua riguardo al rapporto tra la narrazione e la realtà dei fatti. Molti dei personaggi principali hanno nomi di fantasia (per giunta a volte rubati ad altri contesti; per esempio l’equivalente di Mino Pecorelli si chiama Maurizio Merli, come l’attore), ma in loro sono riconoscibilissimi in ogni dettaglio personaggi veri, e sono mescolati a personaggi storici e ad altri totalmente inventati. Alcuni eventi rispettano scrupolosamente la storia, altri sono di fantasia. Il risultato è un miscuglio in cui non si riesce a separare la realtà dall’invenzione, e che non ha né l’autonomia di una narrazione che prende ispirazione dalla realtà ma se ne mantiene separata, né il rigore di un’opera che pretenda di raccontare fatti realmente accaduti. Contribuisce ad aumentare la confusione una serie di anacronismi e incongruenze. Si va dai piccoli dettagli (un display numerico a LED sulla bomba di piazza Fontana, in anticipo di almeno un decennio; un blindato Defender nello stesso periodo, più di vent’anni prima che i primi esemplari uscissero dalla fabbrica; una inesistente piazza Vittorio in centro a Milano) a grosse incongruenze come un gruppo di psichiatri con atteggiamenti “basagliani” nel 1947, a mio avviso del tutto al di fuori del loro tempo. Insomma, pur prendendo atto che l’autore si è sforzato di ricostruire atmosfere d’epoca, i risultati non sono adeguati.
Al di là di questo, quello che proprio non mi è andato giù in Confine di Stato è il suo protagonista assoluto, Andrea Sterling. La sua storia è nel contempo vaga e totalmente inverosimile. Rinchiuso in manicomio all’età di 8 anni per motivi imprecisati, non solo diventa adulto senza alcun ritardo mentale, ma riesce a ingannare gli psichiatri, che lo mettono in libertà ignari delle sue manie violente. Dopodiché va avanti commettendo efferatezze varie che rimangono inspiegabilmente impunite. Entra tranquillamente in Polizia, dalla quale poi, trasformato in una vera macchina per uccidere, passa ai servizi segreti deviati e a Stay Behind. Animato da un odio mortale nei confronti dei “rossi”, invincibile come Diabolik, è motivato unicamente dal piacere di uccidere. Ecco, l’ho scritto e non mi capacito. Questo personaggio, che sembrerebbe raffazzonato ed eccessivo anche in un fumetto di supereroi di serie B, dovrebbe secondo l’autore dirci qualcosa delle trame politico-terroristiche che hanno insanguinato l’Italia.
Confine di Stato non ha neppure alcunché di nuovo da dire sugli eventi di cui narra. Si limita a introdurre una buona dose di truculenze inverosimili all’interno di un contesto storico ampiamente noto, senza proporre teorie originali di una qualche plausibilità. Dal punto di vista sociologico non andiamo meglio. Tutta l’attenzione viene dedicata a questo “cattivo” bidimensionale e ai suoi accoliti. I mandanti rimangono nell’ombra, gli altri personaggi non sono che macchiette stereotipate. Per giunta la narrazione è frammentaria e inconcludente, con inutili intermezzi a base di droga o sesso violento.
In definitiva, non riesco a immaginare alcuna chiave di lettura che consenta di apprezzare questo romanzo. Tra l’altro, questa insistenza sulle imprese di Sterling, sempre coronate da successo, mentre tutti gli altri personaggi appaiono come imbelli, succubi, velleitari o al massimo figure tragiche, comunque destinate senza scampo alla morte, hanno il paradossale effetto di esaltare la figura del criminale. Non credo che questa fosse l’intenzione dell’autore, ma nel valutare un’opera bisogna guardare ai risultati.

Aggiungo un’ultima annotazione. Confine di Stato mi ha ricordato parecchio Nel nome di Ishmael, il romanzo di Giuseppe Genna uscito qualche anno fa ed esaltato da molti come un capolavoro (del resto lo stesso Sarasso, nei ringraziamenti, cita esplicitamente Genna come ispiratore). Anche Ishmael mi piacque pochissimo, e per difetti molto simili a quelli del romanzo di Sarasso: imprecisione nella ricostruzione storica, inverosimiglianze e, soprattutto, l’attribuire i mali dell’Italia a una sorta di invincibile incarnazione del Male metafisico: un punto di vista che non spiega nulla e che non può servire come punto di partenza per alcun discorso serio sui problemi del nostro Paese. La cosa che più mi lascia perplesso è che sia Sarasso, sia Genna si proclamano grandi ammiratori di James Ellroy. Ma hanno mai letto American Tabloid?! In quel grande romanzo le motivazioni dell’assassinio di Kennedy emergono con estrema chiarezza come il prodotto di un’intera società, con tutto il suo carico di contraddizioni, tensioni e delusioni. È un libro che parla più di un manuale di storia, senza scomodare onnipotenti internazionali destrorso-pedofile o assassini invincibili partoriti dal manicomio. Il problema è che in Italia basta dichiarare di essere il nuovo Ellroy, o il nuovo DeLillo, e si viene subito creduti, a prescindere da quello che effettivamente si scrive.

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Film anteprima: Hot Fuzz

Visto che ultimamente ho la fortuna di assistere per lavoro ad anteprime cinematografiche, ne rendo paretecipi anche i lettori di questo blog. Cominciamo con Hot Fuzz.

Nick Angel è il poliziotto perfetto. È un ottimo investigatore, e ha effettuato più arresti di chiunque. Conosce alla perfezione il regolamento e lo applica alla lettera. Per giunta è onesto e, pir esendo abilissimo nell’uso delle armi,ne ha un sincero orrore. Tutto questo è sufficiente a far sì che nessuno dei suoi colleghi lo possa sopportare, e all’unanimità decidono di farlo trasferire in un minuscolo borgo, dove non succede mai nulla, tutti sono felici e la principale aspirazione dei cittatidini è vedere eletto il proprio paese come luogo più accogliente d’Ingilterra. L’adattamento di Nick alle abitudini locali sarà difficile, e lo diventerà ancor di più quando il borgo si riempirà di cadaveri provocati da "incidenti" sospetti. È davvero Nick a vedere assassini dove non ci sono, o c’è sotto qualcosa di poco chiaro?

Hot Fuzz è il frutto della stessa collaborazione che ha già prodotto Shaun of the Dead (in Italia La Notte dei Morti Dementi, uscito solo in home video e passato del tutto inosservato, nonostante fosse un film divertente e originale): l’attore e sceneggiatore Simon Pegg e il regista Edgar Wright. Lo stile della pellicola può ricordare quello dei primi film di Guy Ritchie (cioè Lock & Stock e The Snatch, girati prima che il regista inglese vedesse la Madonna e ne risultasse artisticamente azzerato). In effetti alcuni stilemi (le scene di raccordo con montaggio ipercinetico, la sceneggiatura contorta e "a orologeria", la riproposizione debitamente anglicizzata di situazioni classiche dell’action movie americano) sono esattamente gli stessi. Tuttavia, dove Ritchie si limitava a riproporre con ironia il modello americano calandolo nella società inglese, Pegg e Wright fanno un passo oltre, giocando con estrema consapevolezza con il rapporto fra il cinema e realtà. Tutto il film narra del modo in cui Nick cerca di scrollarsi di dosso l’immagine "cinematografica" che gli è stata appiccicata addosso, e di come alla fine la forza del cinema sia maggiore di quella della realtà, imponendosi su di lui e costringendolo a interpretare fino in fondo il ruolo cui è destinato, in un’esilarante serie di rivolgimenti. Il film è una fucina dirimandi e di citazioni (per gli amici della fantascienza: c’è anche un personaggio che legge continuamente romanzi di Iain Banks), ma può essere goduto da ogni tipo di pubblico, grazie a tempi comici perfetti e a una sceneggiatura che dosa sapientemente umorismo di pura marca inglese in una storia che non risparmia truculenze e colpi di scena degni di un autentico thriller ultraviolento. Splendido il cast, con un protagonista che riesce a mantenere l’aria di serietà del suo personaggio anche nelle situazioni più impossibili, e una serie di caratteristi celeberrimi (tra cui Timothy Dalton, Jim Broadbent, Bill Nighy). Insomma, credo che si sia capito, il film mi è piaciuto parecchio. Ormai è raro divertirsi così al cinema, e ancora di più farlo con una commedia assolutamente originale e registicamente molto interessante. L’unico appunto che le si può fare è di durare troppo: due ore piene sono eccessive per una commedia, e i sottofinali sono in numero eccessivo. Comunque sia, non perdetevelo: esce in agosto, periodo depressivo per qualsiasi cinefilo, ma con questo vi tirerete su.

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Alcune lezioni sul mondo del lavoro

La casa editrice per cui lavoravo fino a qualche anno fa, la VNU Business Publications Italia, è stata ceduta a un fondo di investimenti che ne ha trattenuto le parti più pregiate e ne ha svenduto il resto a spezzatino. È da notare che l’azienda non andava, di per sé, particolarmente male; la svendita è stata fatta a livello europeo, in quanto la holding olandese ha deciso di sbarazzarsi dell’intero settore editoria.
Prima lezione:
Ormai la sicurezza del posto non esiste più nemmeno in senso relativo. Anche se lavori benissimo e la tua azienda va alla grande, può capitarti di perdere il posto anche solo perché hai avuto la sfortuna di essere usato come pedina di un gioco che ti è totalmente estraneo.

Buona parte delle testate appartenenti all’azienda sono state cedute con relativa facilità. Fanno eccezione le riviste dell’area informatica. Queste sono le uniche ad avere ampie redazioni (in tutto una decina di giornalisti professionisti) e ad uscire in edicola invece che essere distribuite in abbonamento. Sarebbero quindi, in teoria, il fiore all’occhiello dell’azienda. Invece sono rimaste per mesi senza acquirenti.
Seconda lezione: Nel mondo del lavoro odierno, l’esperienza e la professionalità sono un peso. Gli imprenditori preferiscono avere a che fare con manodopera facilmente sostituibile e manipolabile a piacimento. Tanto più sei qualificato, tanto più è difficile trovare qualcuno che ti voglia. 

Alla fine le testate dell’area informatica sono state cedute a un gruppo editoriale molto piccolo, con nessuna esperienza del settore, la cui capacità di garantire un futuro alle riviste viene apertamente messa in dubbio. Questo implica in primo luogo un trasferimento quasi immediato da Cinisello Balsamo a Binasco, cioè esattamente dal lato opposto rispetto a Milano. E, in secondo luogo, dà scarsissime prospettive per i miei ex-colleghi di poter continuare a svolgere il loro lavoro in maniera dignitosa.
Terza lezione:
Ormai certe tecniche “sporche” per evitare di pagare il dovuto sono diventate di uso comune. Non riceverai mai la tua buonuscita, verrai invece spedito a lavorare in un postaccio sperando che tu ti tolga di mezzo da solo.

I miei ex-colleghi (nella foto) sono in agitazione per opporsi a questa situazione. Non posso fare molto per loro, oltre a denunciare qui quello che gli sta capitando.

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Notizie vuote

Milano violentaIn questi giorni quasi tutti i giornali hanno titolato riprendendo una conferenza stampa del Viminale, dicendo che un italiano su quattro non si sente al sicuro dalla criminalità. Sottointendendo che si tratta di un fatto grave.
È evidente che in un mondo perfetto il 100% dei cittadini si sentirebbe al sicuro. tuttavia, visto che evidentemente non viviamo in un mondo perfetto, mi chiedo: è un dato grave? Si potrebbe interpretarlo in modo opposto, dicendo che ben tre cittadini su quattro si sentono al sicuro. Soprattutto, manca qualunque termine di confronto. Quandi cittadini si sentivano al sicuro negli anni ’50, ’70, ’90, l’anno scorso? Quanti cittadini si sentono al sicuro in Francia, o negli Stati Uniti? Ovviamente nessuno si è preso la briga di cercare questi dati e fornirli. Perlomeno che io sappia.Io, nel mio piccolo, sono andato a spulciarmi il rapporto originale del Viminale. Ovviamente non l’ho letto tutto: sono 450 pagine! Però, a giudicare dall’indice, solo tre pagine sono dedicate alla paura di subire reati in Italia. Quanto ai dati, c’è soltanto una tabella, dalla quale si evince che, al netto di variazioni locali, tale paura è rimasta sostanzialmente invariata negli ultimi 15 anni. E allora?

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Una macchia sulla mia reputazione

MacchianeraDa oggi sono tra i collaboratori del blog Macchianera.
Il mio primo post ricalca nei contenuti quello che avete potuto leggere qui qualche giorno fa.
Ovviamente continuerò a scivere qui tutto quello che mi passa per la testa. Laggiù scriverò soltanto le cose che mi interessa abbiano un alta visibilità, e le riscriverò comunque in copia qui.
Anche perché non sempre avrò voglia di affrontare la feroce arena dei commentatori di Macchianera.

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Scusate l'interruzione…

…ma da un paio di giorni sono impossibilitato ad aggiornare il blog e rispondere ai commenti in quanto mi trovo all’estero per lavoro. Per la precisione mi trovo a Benidorm in Spagna, dove ho dovuto assistere a ben otto presentazioni Epson nello stesso giorno. Nella foto, potete constatare voi stessi quanto questo mi abbia estenuato.

BenidormMa non abbiate paura, tornerò al più presto al blog: ho già in mente vari post arretrati.

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Bisogno di affetto

Smart
Ieri, camminando per strada, ha attirato la mia attenzione una Smart parcheggiata, e non ho potuto fare a meno di fotografarla. Mi chiedo cosa possa spingere una persona (sicuramente maggiorenne, visto che ha la patente) a trasformare il cruscotto della sua auto nell’equivalente della cameretta di una bambina di otto anni. Chissà se ha paura di guidare, e la parata di peluche è un modo di esorcizzare i pericoli della guida. O se invece è la manifestazione dell’infantilismo di ritorno di tanti proprietari di Smart, che guidano come se, date le piccole dimensioni del veicolo, le infrazioni e le scorrettezze non contassero…

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Chi sono gli orchi?

epolis"Fermiamo gli orchi!".
Con questo sobrio titolo, il quotidiano gratuito milanese E Polis ha dato inizio alcuni giorni fa a una violentissima campagna contro i "siti dei pedofili". Particolarmente preso di mira è il sito Boy Love Day, che ormai da diversi anni celebra ogni 24 giugno una giornata a favore della liberalizzazione della pedofilia, presentata come una qualsiasi forma di sessualità, legittima come ogni altra e invece soggetta a gravi discriminazioni.
Il sito in questione, bisogna dirlo, è effettivamente disgustoso. Comincia con un appello alla libertà di epsressione e ai Diritti dell’Uomo, ma già la home page, una grande illustrazione in cui tanti bambini siedono felici sulle ginocchia di preti, babbi natale, maestri e capi scout che li accarezzano con aria lubrica, fa un’impressione davvero rivoltante. Se poi si entra nel sito, bastano pochi clic per arrivare a fotografie porno-soft di minori, il che non dà certo l’impessione che lo scopo del tutto sia dibattere astrattamente sulla libertà sessuale.
E tuttavia, personalmente trovo la campagna di E Polis molto più allarmante del suo bersaglio. Le prime tre pagine del quotidiano ogni giorno, ormai da diversi girni, sono dedicate ad aizzare la folla perché chieda, imponga al governo di oscurare il sito in questione e altri simili, in modo che non siano più accessibili dall’Italia. Io mi permetto di fare le seguenti osservazioni:

  • L’oscuramento totale dei siti non è tecnicamente possibile. Si può rendere difficile arrivarci, ma un utente tecnicamente esperto può sempre e comunque aggirare le barriere. Quindi misure del genere sono efficaci come provvedimento di censura nei confronti dell’utente medio, ma non per impedire l’accesso a persone realmente interessate.
  • Un sito che difende apertamente la pedofilia, per quanto ossa non piacere, non è socialmente pericoloso. Essendo pubblico, può essere monitorato. Chiudere i siti pubblici non impedirà chemateriale simile venga scambiato inprivto, senza più alcun controllo di legittimittà.
  • Il sito in questione, per quanto aberrante, non è illegale. Non descrive come commettere dei reati. Si limita a sostenere che quello che attualmente è un reato non dovrebbe esserlo. E questa, per quanto possa non piacere, per quanto si possa ritenerla socialmente pericolosa, resta comunque solo un’opinione, e dovrebbe essere protetta dalla libertà di espressione.
  • La tesi per cui l’esistenza di siti che inneggiano alla legittimità della pedofilia può incitare i pedofili a non vedere le proprie tendenze come una colpa e a non reprimere le proprie tendenze può anche essere vera (anche se ne dubito), ma non è una motivazione sufficiente. Al mondo esistono tantissime opinioni che qualcuno può giudicare sovversive o pericolose. E impedire di esprimerle è sempre e comunque censura. Se ammettiamo che esiste un’opinione che non può essere espressa, implicitamente ammettiamo che ce ne possano essere molte altre.

Riassumendo, io ritengo che la campagna di E Polis non sia di alcuna reale utilità alla lotta contro la pedofilia. L’eventuale oscuramento dei siti non procurerà alcun danno alle persone veramente pericolose, che non sono quelle che aprono siti, ma quelle che si presentano come rispettabili e agiscono al coperto. In compenso, l’effetto pratico della campagna sarà un colossale passo avanti verso la legittimazione della censura su Internet. Una volta usato lo spauracchio della pedofilia per far passare il concetto che si possono oscurare i siti che esprimono opinioni pericolose, quanto ci vorrà perché si proponga l’oscuramento di siti che, a giudizio di qualcuno in grado di aizzare la folla, sono "filoterroristi", "estremisti", o semplicemente politicamente sgraditi?
Trovo particolarmente triste che a organizzare tutto questo sia un quotidiano, su cui scrivono anche tante firme di sinistra. A un giornalista la libertà di espressione dovrebbe stare particolarmente a cuore. Non si dovrebbe aizzare la folla (che probabilmente in buona parte non è neppure in grado di valutare autonomamente i contenuti in inglese del sito in questione) per chiedere la censura. E trovo ancora più inquietante che praticamente nessuno, tra politici, giornalisti e blogger, abbia osato esprimere un’opinione contraria. La paura di passare per difensori dei pedofili, evidentemente, paralizza tutti. Non è un buon segnale.

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I cioccolatini vengono da Marte, le caramelle da Venere

Willie WonkaMolti di noi hanno l’abitudine di porsi domande oziose (beh, lo ammetto, io più di altri). Una delle domande che mi sono posto di recente è: perché i Mars, nel senso dei dolciumi ripieni di caramella mou e ricpoerti ci cioccolato al latte (che tra l’altro neppure mi piacciono) si chiamano così? Volevano riferirsi al dio Marte oppure al pianeta? C’entra qualcosa il colore vagamente rossiccio del ripieno?
Beh, salta fuori che il Mars si chiama così perché è prodotto dalla Mars Incorporated, la quale a sua volta si chiama così perché è stata fondata da Franklin Clarence Mars, ed è tuttora di proprietà della famiglia Mars.
Quindi, chi l’avrebbe mai detto, esiste un signor Mars. Chissà se assomiglia a Willie Wonka.

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E tu saprai che il mio nome è quello del Signore, quando farò calare la mia vendetta sopra di te!

BibbiaC’è chi propone di introdurre la Bibbia a scuola come libro di testo da studiare. Dato che la proposta è sostenuta a spada tratta da maniaci religiosi come Paola Binetti, mentre da sinistra si levano voci che la vedono come un’ulteriore minaccia alla già traballante laicità della nostra scuola, sembrerebbe ovvio come schierarsi.
Eppure, a me non sembra affatto una cattiva idea.
In primo luogo, è verissimo che la Bibbia è un testo fondamentale per la cultura occidentale. Ha plasmato in profondità la nostra storia e la nostra cultura. E conoscerlo un pochino meglio non sarebbe male. Tra l’altro, mentre nei paesi di cultura protestante la Bibbia si legge ed è conosciuta, il cattolicesimo ha sempre scoraggiato la lettura diretta del testo sacro, col risultato che se ne conoscono solo quei pezzettini accuratamente scelti che la Chiesa ha scelto di usare per la sua liturgia (o meglio, li conoscono quei pochi che sono andati in chiesa in qualche momento della loro vita, visto che in questo Paese di supercattolici a Messa non ci va più nessuno).
In secondo luogo, non credo neppure che si tratti di un pericolo per la laicità, perlomeno se il suo studio verrà affidato agli insegnanti normali, e non a quelli di religione. Mettiamo in mano una Bibbia allo studente, e invitiamolo a porsi delle domande. Chi l’ha scritta? Qual è il suo messaggio? Invitiamolo ad analizzarla come un’opera letteraria, non come la Parola di Dio. Facciamogliela leggere tutta, anche quei passi che ripugnano totalmente alla coscienza dell’uomo moderno, quelli che incitano alla violenza, allo schaivismo, allo sterminio del nemico, alla sottomissione delle donne. Io dubito che un’operazione simile farebbe male alla laicità.

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