E tu saprai che il mio nome è quello del Signore, quando farò calare la mia vendetta sopra di te!

BibbiaC’è chi propone di introdurre la Bibbia a scuola come libro di testo da studiare. Dato che la proposta è sostenuta a spada tratta da maniaci religiosi come Paola Binetti, mentre da sinistra si levano voci che la vedono come un’ulteriore minaccia alla già traballante laicità della nostra scuola, sembrerebbe ovvio come schierarsi.
Eppure, a me non sembra affatto una cattiva idea.
In primo luogo, è verissimo che la Bibbia è un testo fondamentale per la cultura occidentale. Ha plasmato in profondità la nostra storia e la nostra cultura. E conoscerlo un pochino meglio non sarebbe male. Tra l’altro, mentre nei paesi di cultura protestante la Bibbia si legge ed è conosciuta, il cattolicesimo ha sempre scoraggiato la lettura diretta del testo sacro, col risultato che se ne conoscono solo quei pezzettini accuratamente scelti che la Chiesa ha scelto di usare per la sua liturgia (o meglio, li conoscono quei pochi che sono andati in chiesa in qualche momento della loro vita, visto che in questo Paese di supercattolici a Messa non ci va più nessuno).
In secondo luogo, non credo neppure che si tratti di un pericolo per la laicità, perlomeno se il suo studio verrà affidato agli insegnanti normali, e non a quelli di religione. Mettiamo in mano una Bibbia allo studente, e invitiamolo a porsi delle domande. Chi l’ha scritta? Qual è il suo messaggio? Invitiamolo ad analizzarla come un’opera letteraria, non come la Parola di Dio. Facciamogliela leggere tutta, anche quei passi che ripugnano totalmente alla coscienza dell’uomo moderno, quelli che incitano alla violenza, allo schaivismo, allo sterminio del nemico, alla sottomissione delle donne. Io dubito che un’operazione simile farebbe male alla laicità.

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9 pensieri riguardo “E tu saprai che il mio nome è quello del Signore, quando farò calare la mia vendetta sopra di te!”

  1. Concordo. La conoscenza e lo studio non sono mai errori, anzi li prevengono (anche quelli di grammatica ;-P).

    Ben venga lo studio della Bibbia nelle scuole, se affrontato al di fuori dell’approccio dottrinale.

    Il fatto è che non sarei cosi sicuro della verifica di questa semplice condizione.

  2. Ciao Marco,

    Io dissento.

    E’ vero che leggere la Bibbia e’ sicuramente meglio di farsela leggere, ed e’ vero che la Bibbia ha un valore culturale che trascende il suo significato religioso,… ma il tempo per studiare a scuola e’ necessariamente limitato: e’ giusto che venga dato spazio allo studio della Bibbia, togliendolo ad altre materie, forse ad altri libri?

    Come opera letteraria rappresentativa degli Italiani, e’ meglio della Divina Commedia (altre nazioni avranno altri libri)? Persino a livello europeo, chi mi… no, chi ci rappresenta di piu’, Shakespeare o San Matteo? Voltaire o San Luca?

    Come fondamento della cultura e filosofia occidentale, la Bibbia ha piu’ peso dei filosofi greci, o delle leggi codificate da… Giustiniano, mi pare (eeehh,… “Diritto Romano”?)?

    Ti diro’: non lo so. Sono troppo ignorante in materia: non ho letto la Bibbia, ne’ penso di leggerla se non finisco prima l’Ulisse di Joice e poi il Don Chisciotte di Cervantes, percio’ credo che non la leggero’ mai.

    Il sospetto pero’ e’ che la Bibbia non sia un testo sommo per l’istruzione, quantomeno non per l’istruzione laica.

    Quanto a plasmare – nel bene e/o nel male, se ne puo’ parlare un’altra volta, la nostra storia e cultura,… piu’ che la Bibbia, direi che e’ stata la Chiesa. Tanto vale studiare direttamente il fenomeno della Chiesa allora (incluse, per parafrasarti, quelle parti della sua storia “che ripugnano totalmente alla coscienza dell’uomo moderno”). E lo “studio” della Chiesa, fenomeno ai giorni nostri non concluso, si fa forse meglio sui quotidiani e con la critica osservazione della realta’ che non sui libri.

    Ecco la mia soluzione, allora: lasciamo perdere la Bibbia, ed assicuriamoci invece che a scuola si insegni il senso critico.

  3. La Bibbia e’ un libro crudele. Bisognerebbe leggere certi brani in cui le donne vengono trattate come bestiame – con il beneplacito divino – per far allontanare dalla religione frotte di studentesse (e di studenti, spero). Pero’ ci sono due problemi:

    1. A scuola si fa sempre – necessariamente – una selezione. Chi la deciderebbe in questo caso? Un prete? O uno studioso di cultura ebraico-cattolica?

    2. Perche’ non insegnare seriamente la storia delle religioni? Fossero anche solo quelle monoteiste, partire dallo zoroastrismo, che ha anticipato l’illuminismo di millenni, non potrebbe non aprire le menti. Magari anche dire due parole sulle atrocita’ dei cristiani nella presa di Gerusalemme non sarebbe male…

  4. Concordo. Alla fine la Bibbia è uno di quei libri di cui molti parlano, senza averlo mai letto. Non avrà valore letterario. Ma è una conoscenza da troppi millantata e sbandierata. Non mi vergogno di dire che avrò letto alcuni passi, ma mai ho affrontato in toto la sua lettura. Se conoscere significa amare o odiare questo poi dipenderà da chi lo legge. Il problema, ovviamente, è che a questo punto, se lo scopo non dovesse essere dottrinale, anche la lettura di Corano e altri libri sacri (scusate l’ignoranza), diventerebbe auspicabile.

  5. Mi permetto di dissentire: buona parte della Bibbia _ha_ valore letterario. Il Cantico dei Cantici, i salmi… non dimentichiamo che l’Antico Testamento è stato trasmesso oralmente per secoli come l’Iliade e l’Odissea, prima di essere messo per iscritto. E’ una lettura assolutamente affascinante, come lo è qualunque testo antico. Anche l’Iliade e l’Odissea a modo loro sono testi sacri, eppure a nessuno viene in mente di leggerli con quello spirito. Forse tra qualche millennio, chissà…

    Accanto ai Vangeli, si potrebbero leggere anche quelli apocrifi, che non ho mai avuto la fortuna di leggere, ma anche quelli devono essere affascinanti.

  6. Concordo sul giudizio di Vanamonde, peraltro credo che se si dovesse insegnare la Bibbia a scuola si dovrebbe fare la stessa cosa con i classici greci (in particolare le tragedie) il cui valore civile, pedagogico ed educativo è indubbiamente superiore.

    Svalbard

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