Archeoacustica


Oggi su Nòva 24 apparirà un mio articolo in cui intervisto il professor Carl Haber, inventore di una tecnologia per estrarre l’audio con un procedimento ottico da antiche registrazioni, realizzate con macchinari pionieristici su supporti così fragili che rischierebbero di rovinarsi se venissero ascoltati anche una sola volta col metodo tradizionale.
Mentre ascoltavo il professore parlare di come realizza scansioni dettagliatissime delle superfici dei supporti fonografici per poi usare un algoritmo in grado di “ascoltare” i suoni che contengono senza toccarli, mi è venuto in mente un racconto di fantascienza. Lo ha scritto Rudy Rucker nel 1981, si intitola Buzz ed è apparso in Italia nel 1996 col titolo di Ronzio, all’interno dell’antologia Cuori Elettrici curata da Daniele Brolli. In Ronzio degli scienziati ritengono che sulla superficie di un antico vaso egiziano possano essere rimasti incisi dei suoni, grazie al fatto che il coltello del vasaio ha trasformato le vibrazioni dell’aria in solchi che poi si sono solidificati. Costruiscono un macchinario per riascoltare quei suoni, ma nel farlo finiscono col far risuonare un antico incantesimo che ha effetti inaspettati.
Sono rimasto a lungo indeciso se fosse il caso di fare una domanda così strana a un serio professore di fisica, ma alla fine mi sono deciso, e gli ho chiesto se fosse davvero possibile che dei suoni dell’antichità fossero rimasti incisi accidentalmente nel modo descritto dal racconto, e in tal caso se la sua tecnica fosse in grado di recuperarli. Mi ha lasciato di stucco dicendomi: “Questa domanda mi è stata posta centinaia di volte”. Dopodiché mi ha spiegato che si è molto discusso di questa possibilità, che viene definita archeoacustica, ma secondo lui non è molto plausibile che possa realizzarsi in pratica. Haber ha studiato approfonditamente gli esperimenti dei primi pionieri della registrazione audio, e si è reso conto che per l’incisione di suoni intelligibili hanno dovuto affrontare grandissimi sforzi e ricorrere a espedienti ingegnosi. La probabilità che lo stesso risultato possa essere ottenuto per caso, senza la volontà di ottenerlo, a suo avviso è davvero bassa. “Però vorrei specificare una cosa”, ha aggiunto. “Se davvero dei suoni fossero rimasti incisi in quel modo, la mia tecnologia sarebbe perfettamente in grado di tirarli fuori”.
Quindi l’idea di poter ascoltare suoni di epoche precedenti l’invenzione del fonografo e del registratore è molto probabilmente solo un sogno. Un sogno peraltro ricorrente: proprio in questi giorni leggevo, nell’introduzione all’interessantissimo libro Alla ricerca del suono perfetto – Una storia della musica registrata di Greg Milner, che lo stesso Guglielmo Marconi faceva fantasticherie del genere. Avendo osservato che un suono non si interrompe mai davvero, ma si smorza diminuendo di intensità per diventare inaudibile, aveva pensato che, con apparecchiature sufficientemente sensibili, si sarebbero potuti recuperare anche i suoni di epoche molto lontane. In particolare, avrebbe voluto poter ascoltare il Discorso della Montagna come l’aveva pronunciato lo stesso Gesù.
Marconi non conosceva l’odierna teoria dell’informazione, e non si rendeva conto che qualunque suono è destinato a perdersi nel rumore di fondo fino a non essere più in alcun modo decifrabile. Ma quello di far rivivere i rumori del passato, rendendolo in qualche modo ancora vivo e presente, è troppo affascinante per perdere del tutto la speranza. Chissà che un giorno qualche complesso entanglement quantistico non ci consenta di percepire le vibrazioni di atomi di un lontano passato, come inserendo un microfono in un’altra epoca. E chissà cosa potremmo scoprire ascoltando.

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La Rete bussa alla porta dell'infanzia

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Una scena del film “Nel paese delle creature selvagge” di Spike Jonze
 
Di fronte all’incontro tra i bambini e la Rete, l’atteggiamento dei genitori oggi è di solito ambiguo. Da un lato, manifestano un malcelato orgoglio se il pupo riesce a destreggiarsi tra le icone di un tablet e magari a scaricare e installare da solo il giochino che gli interessa. Dall’altro, però, sono terrorizzati all’idea che il pargolo possa, attraverso Internet, venire a contatto con il vasto mondo senza il filtro genitoriale. Da cui il proliferare dei software di parental control, farraginosi e inefficaci tentativi di porre un freno alla curiosità degli infanti senza bloccare del tutto l’agognato accesso alla Rete. Questo perché oggi Internet è vista come un territorio selvaggio in cui si annidano mostri in agguato (mentre al contrario il televisore viene considerato innocuo, e si trova normale lasciarlo acceso a tutte le ore del giorno di fronte ai bambini a mostrare contenuti spesso inadatti).
Le cose, però, potrebbero cambiare presto: la Rete sta per arrivare ai bambini assumendo un aspetto del tutto rassicurante, quello di giocattoli parlanti connessi a un’intelligenza artificiale in cloud. Ne ho parlato su Nòva qualche tempo fa: i CogniToys sfrutteranno le risorse di Watson di IBM, una delle IA più potenti e versatili in circolazione, per conversare in modo intelligente coi bambini. Qualcosa mi dice che, di fronte a un dinosauro parlante dall’aria innocua che risponde pazientemente e correttamente a tutte le domande del figlio, i genitori saranno felicissimi di delegargli almeno una parte dei compiti educativi e godersi un po’ di tranquillità.
Non è difficile immaginare scenari in cui qualcosa può andare storto. A cominciare dalla possibilità che qualcuno possa, per divertimento o, peggio, con cattive intenzioni, hackerare i giocattoli e arrivare a molestare i bambini proprio nel cuore delle loro casa, dove i genitori li ritengono al sicuro. A mio avviso però è molto più grave il rischio che siano i gestori del sistema a comportarsi scorrettamente. Avrebbero in mano un enorme patrimonio di dati sulla personalità dei bambini nel periodo più delicato dello sviluppo. Senza controlli molto stretti, cosa gli impedirebbe di sfruttarli molti anni dopo, usandoli per manipolare le persone? Per esempio cercando di venderti un prodotto con annunci pubblicitari mirati, collegati alla tua filastrocca preferita, che neppure ricordi più ma è sepolta nel tuo inconscio? Addirittura: cosa gli impedirebbe di sfruttare la situazione per precondizionare i bambini, associando situazioni piacevoli con determinati suoni, melodie o parole che vent’anni dopo verrebbero inclusi in prodotti o slogan politici? E poi, al di là di questo, non si correrà il rischio che i genitori si affidino troppo a queste macchine, non fornendo ai bambini il contatto umano di cui hanno bisogno? È una situazione che la fantascienza ha già preso in considerazione: l’esempio migliore è il terrorizzante racconto Il veldt di Ray Bradbury, in cui bambini abituati a vivere nella realtà virtuale di una nursery reagiscono con violenza quando i genitori pentiti decidono di farli uscire.
Lo scenario che più mi inquieta però, paradossalmente è quello opposto, in cui tutto funziona a meraviglia. Sì, perché non si può negare che l’idea abbia anche delle potenzialità davvero interessanti. Sappiamo bene che i bambini crescono tanto più intelligenti quanto più stimoli ricevono nella prima infanzia. Se questi giocattoli manterranno le promesse, potrebbero diventare molto più stimolanti di qualunque babysitter umano: instancabili, sempre attenti, infinitamente pazienti, in grado di accedere a tutta la conoscenza del mondo, e per giunta con la possibilità di attingere a un database crescente di esperienze fatte con migliaia o milioni di infanti di ogni luogo. Potenzialmente potrebbe essere una rivoluzione nel campo dell’educazione. Quanto potrebbero imparare i bambini, avendo un simile maestro sempre a disposizione giorno e notte, in grado di insegnare sfruttando la loro curiosità e non in maniera coercitiva? È da vedere, forse moltissimo. Potrebbe essere un passo avanti di proporzioni inattese nel progresso dell’umanità.
Mi chiedo però come sarebbe la transizione. Già oggi i genitori guardano con sospetto e preoccupazione i loro figli nativi digitali perennemente attaccati a uno smartphone. Come reagirebbero a bambini che, educati da un’intelligenza artificiale, nel giro di pochi anni ne saprebbero più di loro su tantissimi argomenti? Anche in questo caso mi viene in mente uno scenario da fantascienza, questa volta quello di un romanzo di Arthur Clarke in cui i figli degli uomini, stimolati da una razza aliena, sviluppano potenzialità enormi, diventando qualcosa di diverso dagli esseri umani e staccandosi dai genitori. L’opera, che quest’anno diventerà anche una serie televisiva di SyFy Channel, si intitola appunto Childhood’s End, la fine dell’infanzia (ma curiosamente il titolo italiano vede le cose dal lato opposto, ed è Le guide del tramonto).
Non mi piace fare l’apocalittico, e in realtà credo che se avessi dei figli sarei già in lista per comprargli un CogniToy. Ma credo anche che farei in modo di tenerlo spento quando non sono presente. Non si sa mai…

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Di aspirapolvere e tostapane

Aspirapolvere

Lo scorso settembre è entrata in vigore in tutta Europa, Italia compresa, una nuova normativa sugli aspirapolvere che pone un tetto alla potenza dei motori. Gli aspirapolvere casalinghi non possono più superare i 1.600 W di potenza, ed entro tre anni questa soglia verrà ulteriormente abbassata a 900 W. Questo comporta che gli aspirapolvere acquistati oggi sono meno efficaci di quelli che erano in vendita l’anno scorso? Tutt’altro. L’uso di motori di elevata potenza era un modo pigro di ottenere risultati che si possono ottenere anche con un miglior design degli apparecchi, e il cui costo energetico andava a gravare sugli acquirenti. Obbligati a diminuire la potenza, i produttori si sono dovuti ingegnare per migliorare il design e mantenere inalterate, o persino far crescere, le prestazioni. Anche perché contestualmente ai nuovi limiti è entrato in vigore anche un nuovo sistema di etichettatura che classifica in modo molto chiaro gli aspirapolvere in base alla loro efficienza. Non migliorare il prodotto avrebbe significato finire fuori mercato.
Quanto è importante tutto questo? Probabilmente più di quanto pensiate. Perché la quantità di energia che consumiamo per gli elettrodomestici è enorme, eccessiva e in crescita. Ed è in gran parte dovuta a sprechi evitabili. Per esempio, un rapporto dell’IEA (Agenzia Internazionale dell’Energia) rivela nel 2013 abbiamo consumato più di 600 TWh di energia solo per il funzionamento di dispositivi che per l’80% del tempo rimangono in stand-by ad aspettare che qualcuno li usi. Immaginate quante centrali elettriche lavorano solo perché noi si possa avere un piccolo LED acceso sul televisore, e quanto risparmieremmo se le aziende fossero obbligate a trovare modi per ridurre il consumo a zero quando l’apparecchio non è in uso. Nel caso degli aspirapolvere, la crescita continua della potenza impiegata stava portando verso un raddoppio dei consumi. Con questo provvedimento la UE conta di ottenere entro il 2020 un risparmio di circa 19 TWh. Se vi sembra poco, tenete conto che è pari al fabbisogno energetico dell’intera Slovenia! Servono diverse centrali elettriche per produrre tanta energia.
Perché vi parlo di questo proprio ora? Perché il leader della Lega Nord, Matteo Salvini, ha pensato bene qualche giorno fa di attaccare l’UE perche starebbe pensando di proibire i tostapane doppi, cosa che a lui pare intollerabile.

Tanto per essere chiari: al momento non esiste ancora alcuna normativa sull’argomento. E, anche quando esisterà, nessuno verrà in casa vostra a sequestrarvi il tostapane fuorilegge. Quello che è successo è che i tostapane sono stati inclusi in una lista di prodotti eccessivamente energivori, che vanno migliorati. Migliorati, non eliminati. Non ha senso avere un tostapane che scalda due griglie quando si inserisce una sola fetta di pane. Oggigiorno è piuttosto semplice inserire un sensore che spenga la griglia quando il pane non è presente. Con piccoli accorgimenti come questi si può evitare di dover costruire qualche nuova centrale, con tutto quello che comporto in termini di danni all’ambiente.
Non voglio certamente sostenere che le normative UE siano sempre utili e sensate, e non mi sarebbe difficile citare casi in cui si è ecceduto con gli sforzi prescrittivi. Ma questo è un campo in cui nuove norme possono portare benefici enormi senza mettere in pericolo il modo di vita di alcuno. Pensiamoci due volte, prima di affezionarci ai tostapane obsoleti.

Tostapane

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Donereste il vostro primogenito per accedere al Wi-Fi?

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Immagino che la maggior parte di voi ritenga che la risposta sia “no”.
Ma ne siete proprio sicuri?
Qualcuno ha voluto verificare se le cose stanno così. F-Secure, l’azienda finlandese di sicurezza informatica, ha piazzato un hot spot Wi-Fi in un locale della City di Londra, e ha fatto in modo che i clienti, per accedere, dovessero accettare delle condizioni di servizio che dicevano tra l’altro:

Nell’usare questo servizio, accettate di cedere il vostro figlio primogenito a F-Secure, se e quando l’azienda lo richiederà. Nel caso in cui non vengano presentati dei figli, al loro posto verrà preso il vostro animale domestico preferito. I termini di questo accordo sono validi per l’eternità.

A quanto pare, nel giro di un’ora e mezza ben sei persone hanno accettato le condizioni. F-Secure ha fatto sapere che:

Non abbiamo ancora fatto valere i nostri diritti come specificati nelle condizioni di utilizzo ma, essendo questo un esperimento, restituiremo i bambini ai loro genitori. Il nostro consulente legale Mark Deem ci ha fatto notare che, anche se le condizioni sono legalmente vincolanti, è contrario alla politica pubblica cedere bambini in cambio di servizi gratuiti, e perciò la clausola non potrebbe essere fatta valere in tribunale.

In un secondo esperimento, F-Secure ha attivato un hot spot in una piazza affollata di Londra (utilizzando un hardware poco costoso e che poteva essere nascosto ovunque). Nel giro di mezz’ora, ben 33 persone si sono collegate all’hot spot e hanno usato la connessione per navigare sul web o spedire e ricevere e-mail, senza rendersi conto che in quel modo le loro comunicazioni potevano essere osservate da un perfetto sconosciuto. 21 di loro si sono lasciate dietro abbastanza dati da poter essere identificate con certezza. I dati completi degli esperimenti sono leggibili qui.

Lo scopo di F-Secure era pubblicizzare un proprio servizio di rete VPN per accedere al Wi-Fi in modo sicuro. Ma il risultato è comunque un ammonimento generale. A quanti di noi è capitato di avere bisogno di una connessione, e di provare a collegarsi alla prima rete non protetta capitata a tiro, senza pensare che poteva essere un esca con cui qualcuno tentava di accedere ai nostri dati? Quanti di noi leggono attentamente le condizioni d’uso di un servizio prima di accettarle? Pensiamoci bene la prossima volta. Altrimenti può capitarci quello che è capitato a Kyle di South Park:

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Smart as a brick

In questi giorni ho avuto la possibilità di mettere le mani su una delle cosiddette “smart TV” tanto pubblicizzate. Non dirò di che marca si tratta, in quanto la PR dell’azienda ha accettato di inviarmela solo specificando che non si sarebbe trattato di una prova tecnica, ma di una seduta fotografica. Devo dire che ora capisco meglio il perché di questa distinzione: probabilmente l’azienda ha in serbo modelli migliori rispetto a quello che mi è arrivato. Comunque sia, credo che la mia esperienza sia da raccontare.
L’inizio è stato piuttosto buono: sono subito riuscito a stabilire la connessione a Internet via Wi-Fi. I problemi sono iniziati dopo. Alla prima funzione che provo a utilizzare, il televisore mi dice “Devo aggiornarmi”, e passa un quarto d’ora a scaricare roba da Internet. Quando ha finito, faccio un altro passo avanti, e via, altro quarto d’ora di aggiornamento. In pratica per riuscire a impostare decentemente il tutto occorre un intero pomeriggio a disposizione.
Quando poi finalmente si è aggiornato, mi rendo conto che non riesco a fare niente: devo prima impostare il mio account. Perché non me lo hanno fatto impostare all’inizio? E soprattutto: dove devo andare per impostarlo? Ci riesco solo dopo aver navigato parecchio tra vari livelli di menu (ci sono vari ordini di menu separati, richiamabili da tasti diversi con simboli criptici sul telecomando: un classico delle interfacce manovrabili solo da un ingegnere flippato).
Quando riesco a impostare l’account, mi rendo conto che inserire lunghi indirizzi e-mail e password usando una tastiera virtuale lentissima e un touchpad, sensibile come un pachiderma ibernato, posto sul telecomando è impresa lunghissima e disperante. Ci riesco sfruttando il joystick nascosto sul retro del televisore. Anche così, comunque, si impiega un’eternità.
Fatto l’account, torno dov’ero prima e cerco di accedere a Facebook. Mi dice che non posso, devo prima andare al menu Impostazioni e collegare il mio account Facebook all’account del televisore. Prego? Dov’è che devo andare? Cerco di capirlo utilizzando le schermate di help, che sono scritte in un italiano in cui tutte le parole sono abbreviate. Non scherzo; c’è scritto, per esempio:

È poss. cond. i cont. selez. con la propria fam. utiliz. X.

Alla fine trovo il menu giusto, e mi accingo al ripetere l’ordalia di scrivere username e password per l’account Facebook. Ma le difficoltà aumentano, perché evidentemente tutte queste operazioni hanno chiesto troppo al minuscolo processore del televisore, che ha deciso di prendersi un po’ di riposo. Quindi ogni tanto tutto smette di funzionare, il cursore si muove regolarmente in giro per lo schermo, ma cliccando non succede nulla, e uno si chiede se sta sbagliando qualcosa, se deve resettare tutto, o se aspettando prima o poi riuscirà a riprendere quello che stava facendo (è dai tempi in cui usavo un Amiga 500 che non provavo esperienze del genere).
Alla fine riesco a scrivere i fatidici dati, ma non riesco ad arrivare in fondo all’operazione. Mi rendo conto,  infatti, che nella password del mio account Facebook c’è un segno grafico che non è presente sulla tastiera virtuale del televisore, e quindi non lo posso scrivere. Ci sarà un modo per ottenere simboli diversi? Se c’è, per ora non l’ho trovato.
In soldoni, un paio d’ore di smanettamento (non contando il tempo necessario per il montaggio) non mi sono bastate per arrivare a consultare il mio account Facebook sul televisore.
La mia impressione è che queste smart TV siano l’equivalente dei videoregistratori del secolo scorso: roba piena di funzioni mirabolanti che nessuno usa, perché nessuno ha voglia di mettersi a litigare con una macchina nel suo linguaggio astruso e frustrante per convincerla a fare quello che dovrebbe. Sappiatelo.

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BitCity Magazine

BitCity Magazine - numero 0
Ciao a tutti!
Contrariamente a quanto avevo promesso (ma sono sicuro che ve lo aspettavate), ultimamente ho latitato un po’ dal blog. Il motivo è, ne più ne meno, il sovraccarico di lavoro.
Una delle cose che mi hanno portato via molto tempo è una nuova rivista che è uscita pochi giorni fa. Si chiama BitCity Magazine, ed è un periodico dedicato alla tecnologia. Al momento è previsto che esca una volta al mese, e solo in formato elettronico: potete leggerla sul sito, scaricarla in formato PDF per leggerla offline e, prossimamente, anche installare sul vostro smartphone o tablet apposite app per la lettura, in formato iOS o Android.
È ovviamente un parere di parte, ma sono convinto che la rivista sia ben fatta, con una bella grafica e articoli non banali. Soprattutto, è completamente gratuita. Potete leggerla o scaricarla senza pagare un centesimo, e così sarà anche per i prossimi numeri.
Di conseguenza, mi fareste un grande piacere se la scaricaste e leggeste. Ancora più grande sarebbe il piacere se faceste sapere a tutti i vostri contatti, amici e conoscenti che la rivista esiste.
Mi piacerebbe inoltre mi diceste che cosa vi piace della rivista, cosa invece non va, e cosa vorreste vedere sui numeri futuri. E sarebbe ancora meglio se, invece che farlo commentando qui o scrivendomi in privato, lo faceste su Facebook, su Twitter o su Google+.
Grazie e buona lettura!

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Un'auto da fantascienza

Venerdi scorso sono stato ad Aachen, Germania, a visitare il Centro Ricerche Europeo della Ford, che è un edificio futuribile nel mezzo della campagna tedesca, piattissima fatta eccezione per le onnipresenti pale delle centrali eoliche (1).
Il motivo per cui sono stato ad Aachen è la presentazione del prototipo di un nuovo sistema fatto per tracciare l’elettrocardiogramma del guidatore. Questo per poter scrivere un articolo per conto di Nòva 24. L’articolo è uscito oggi in edicola, ma potete leggerlo anche sul web facendo clic qui sotto:Ford FocusAd Aachen, però, mi hanno anche fatto provare la nuova Ford Focus. Una macchina talmente fantascientifica che pensavo fosse solo un prototipo, mentre poi mi hanno spiegato che è già in vendita ovunque. Infatto qualche giorno dopo ho sentito la pubblicità alla radio.
Prove ci crashLa versione totalmente accessoriata di questa macchina riesce a fare delle cose impensabili. Per esempio, i dimostratori hanno costruito una barriera di cuscini di gommapiuma, con sopra l’immagine realistica del retrotreno di un’auto, e mi hanno invitato a speronarla. Non è stato possibile: a breve distanza dall’impatto i freni sono entrati in azione automaticamente. Pare che il sistema permetta di evitare qualunque collisione sotto i 50 all’ora, e renda molto meno pericolose anche le altre.
Active parkingInoltre la nuova Focus dispone di un sistema di parcheggio automatico: individua da sola gli spazi in cui “ci sta” (da 1,2 a 1,5 lunghezze dell’auto stessa). A quel punto basta seguire le istruzioni per posizionarsi (vedi immagine a destra), lasciare il volante, sollevare leggermente la frizione, e la macchina si parcheggia da sola, alla perfezione.
Identificazione segnali stradaliMa la cosa che mi ha sorpreso di più è vederla guidata su strada: la Focus ha una telecamera che tiene d’occhio il percorso, e ti avverte se fai qualcosa che non va. Per esempio, tiene d’occhio le corsie, e ti avvisa se stai deviando, distinguendo tra una svolta decisa e volontaria e lo sconfinamento progressivo dovuto alla distrazione. Oppure invidua i segnali stradali incontrati, li visualizza sul display (vedi immagine a destra) e ti avverte se non li stai rispettando. Insomma, manca poco a che si guidi da sola.
Alla Ford mi hanno spiegato che sono tutte tecnologie non nuove, anche se è la prima volta che vengono installate tutte in un unico veicolo, per giunta non di lusso. Io, pur essendo  ingegnere, non mi sono mai interessato molto di auto e motori, ma devo dire di essere impressionato. Pensavo che cose del genere sarebbero rimaste fantascienza per un bel po’.
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Pale eoliche(1) Alcuni trovano le pale eoliche una bruttura, ma io le trovo rilassanti quanto un antico mulino a vento. Invidio molto la Germania per la determinazione con cui ha abbracciato la strada delle energie alternative. Argomento, questo, di un altro mio articolo per Nòva 24.

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