Questo romanzo è il terzo di una trilogia fantasy, detta di Bartimeus, dal nome del genio-demone che ne costituisce uno dei principali punti di vista (i tomi precedenti sono L’amuleto di Samarcanda e L’occhio del golem). Gli altri due personaggi principali sono un mago-bambino (che diventa adolescente nel corso della serie) e,a partire dal secondo libro, una ragazza sua coetanea. Detto così, sareste autorizzati a credere che questo sia l’ennesimo, maldestro tentativo di lucrare sul successo di Harry Potter creando un prodotto simile. Ma sbagliereste. Perché la trilogia scritta da Jonathan Stroud ha personalità da vendere e ben poco di derivativo; anzi, è una delle cose più originali che mi è capitato di leggere in campo fantasy.
Ciò che più colpisce in questa serie è la totale assenza di un Bene da difendere. I maghi dominano il mondo, ma sono una genìa avida e arrogante che fa un pessimo uso del proprio potere. E il mago-bambino Nathaniel, lungi dall’essere un eroe, entra in scena motivato dalla vendetta, e si trasforma col tempo in un ragazzo davvero sgradevole, tanto che al suo confronto il mostruoso e alieno Bartimeus appare un personaggio positivo. Insomma, nessuna leziosaggine: spesso risulta difficile distinguere tra i protagonisti della storia e i loro avversari, e se ci si appassiona al loro destino è per una scrittura di ottima qualità, che costruisce attentamente la suspense e dosa alla perfezione azione e umorismo. Oltretutto i romanzi si mantengono entro dimensioni accettabili, e non lasciano cliffhanger in sospeso, anche se è fortemente consigliato leggerli in successione corretta.
In questo terzo romanzo ritroviamo Nathaniel diciassettenne e ministro dell’informazione, e cioè propagandista per una guerra inutile e sanguinosa ai margini dell’impero. Kitty vive nascosta a Londra, alla ricerca di un piano per infrangere il potere dei maghi. Quanto a Bartimeus, schiavo perenne di Nathaniel che lo teme troppo per lasciarlo libero, è ormai indebolito e ridotto all’ombra di se stesso. I tre si ritroveranno loro malgrado insieme a fronteggiare un complotto, e per risolvere la situazione diventerà estremamente importante ciò che avvenne a Bartimeus duemila anni prima, ad Alessandria d’Egitto. La porta di Tolomeo non deluderà certamente il lettore; al contrario, credo sia il miglior libro della serie. L’umorismo di Bartimeus procura alcuni momenti di grande ilarità, ma il clima generale è ancora più cupo di quello dei tomi precedenti, fino a sfociare in un oscuro finale ambientato in una Londra devastata e piena di cadaveri, che non stonerebbe in un romanzo di Stephen King. E Stroud conferma ancora una volta la sua originalità e il suo coraggio, con una conclusione amara che dribbla tutte le ovvietà. Per intenditori.
(Questa recensione appare anche su Il Leggio).
Temo che inserirò L’amuleto di Samarcanda nella mia shoppinglist..
Se ti piace almeno un po’ il genere, non te ne pentirai.
Tra l’altro sono particolarmente affezionato a quel libro, perche mia moglie ed io abbiamo fatto una prova per diventarne i traduttori. Il primo capitolo, che ci è stato affidato per il test, ci piaceva moltissimo, ci siamo sforzati al massimo ed eravamo molto soddisfatti del risultato. Purtroppo però, come spesso accade negli ambienti editoriali, nel frattempo Salani ha cambiato idea (forse ha avuto sentore del fatto che il libro era un potenziale best-seller) e ha preferito rivolgersi a un traduttore più affermato (peraltro bravo, non ho critiche da muovergli). Perciò sono rimasto con la voglia di cimentarmi. I cambi di registro tra un personaggio e l’altro sono un bello stimolo per il traduttore che si impegna nel suo lavoro.
Segno pure io, prima di buttarmi sui libri per l’esame…
elena
Non te ne pentirai, a te piaceranno senz’altro.
Finalmente mi hai lasciato un commento! 😉