Un paio di mesi fa è stata pubblicata la prima storia di Corto Maltese non firmata da Hugo Pratt, intitolata Sotto il sole di mezzanotte. È firmata da due autori spagnoli: lo sceneggiatore Juan Díaz Canales (noto per Blacksad, un bel fumetto noir interpretato da animali antropomorfi) e Rubén Pellejero (autore di Dieter Lumpen, fumetto che già costituiva un esplicito omaggio a Pratt).
Ha senso un’operazione del genere, a vent’anni di distanza dalla morte dell’autore originale? Sicuramente non c’è nulla di sacrilego: lo stesso Pratt aveva dichiarato in tempi non sospetti di non essere contrario al fatto che altri riprendessero il suo personaggio, una volta che lui lo avesse abbandonato. Tuttavia non si trattava di un’operazione facile. Corto Maltese non è uno di quei personaggi seriali che vivono in un universo proprio sostanzialmente avulso dal mondo reale: la sua biografia è complessa e intrecciata a vari eventi storici, e non è banale ampliarla con nuove storie. Ma soprattutto, si tratta di un personaggio molto personale, vero e proprio alter ego di un autore che per più di vent’anni ne ha curato le storie. Difficile, quindi, darlo in mano a qualcun altro mantenendone intatto lo spirito.
A mio avviso c’erano due modi possibili per affrontare una rinascita di Corto Maltese. Adottare un approccio di rottura, reinventando il personaggio sia nel disegno, sia nel ritmo delle sceneggiature, marcando in modo inequivocabile la diversità rispetto alle vecchie storie. O invece cercare di essere filologici, imitando il più possibile lo stile di Pratt. Il primo metodo sarebbe stato molto più rischioso, ma anche quello potenzialmente più fertile. Il secondo, che non sorprendentemente è quello scelto dagli autori (e dagli editori), va sul sicuro nel proporre ai lettori qualcosa che già ben conoscono, ma corre il rischio di essere una mera celebrazione che poco aggiunge al personaggio.
Dal punto di vista del disegno, Sotto il sole di mezzanotte ricalca davvero da vicino lo stile di Pratt. Ammetto di non essere un esperto di sottigliezze grafiche, ma credo che se mi avessero raccontato che si trattava di un inedito di Pratt ci avrei senz’altro creduto: le differenze rispetto all’originale non mi sembrano maggiori rispetto a quelle che si riscontrano tra una storia e l’altra dello stesso Pratt. Pellejero è riuscito a rendere bene non solo l’aspetto dei personaggi, ma anche lo stile delle inquadrature e soprattutto la scansione delle vignette, con quelle sequenze di azione silenziose che costituiscono una parte importante delle atmosfere delle storie di Corto.
Il modello della sceneggiatura sembra essere Corte Sconta detta Arcana: una storia lunga che, dopo un inizio magico-onirico, si mantiene sostanzialmente ancorata alla realtà e va a includere numerosi luoghi, personaggi ed eventi storici, in un intrico di vicende in cui quella di Corto è solo una delle tante, e forse nemmeno la più importante. Non sembra invece esserci nullla in comune con l’ultimo periodo di Pratt, quello di storie bizzarre e sognanti come Mu o Le elvetiche.
Lo spunto di partenza è preso invece da La giovinezza, ed è probabilmente la scelta più ovvia: è una storia che Pratt ha ambientato molto indietro nel tempo, nel 1905, ed è seguita da uno spazio “vuoto” della biografia di Corto in cui è possibile ambientare nuove storie, mentre tutto il resto delle sue avventure, ambientate tra il 1913 e il 1924, costituisce un corpo piuttosto compatto in cui sarebbe stato difficile inserire altro.
Indubbiamente nello sceneggiare la storia Díaz Canales ha compiuto un notevole sforzo di documentazione e ideazione, riuscendo a ricreare molto bene il fascino che emanano le storie di Corto: luoghi e personaggi che sembrano inventati e invece sono storicamente esistiti, insieme ad altri del tutto immaginari ma perfettamente credibili. Ed ha anche allestito una vicenda parecchio intricata che mantiene una sua coerenza, giustificando le peregrinazioni di Corto senza sbavature.
Quello che purtroppo non mi ha convinto del tutto è proprio l’elemento centrale, e cioè la rappresentazione di Corto Maltese in persona. Quello che vediamo è un corto notevolmente più giovane rispetto a quello che abbiamo conosciuto in tutte le storie di Pratt, esclusa La giovinezza. È perciò naturale attendersi che sia un po’ più impulsivo ed irruento. Al contrario, il Corto dei due autori spagnoli mi è parso leggermente troppo distaccato. A parte un paio di scene in cui è costretto ad agire dalle circostanze, sembra fare da testimone alle varie vicende senza esserne veramente coinvolto. E mi sembra difficile, per fare un esempio, che il Corto Maltese amico dei rivoluzionari irlandesi di Concerto in O’minore per arpa e nitroglicerina avrebbe accettato con tanto fatalismo la fucilazione di un amico irlandese per mano dell’esercito canadese, come vediamo qui.
Insomma, tutti i dettagli al posto giusto, ma manca qualcosa. Questa storia mi ha dato sensazioni simili a quelle provate leggendo i fumetti di Don Rosa, il fumettista statunitense che ha ricostruito una dettagliata biografia di Paperon de Paperoni basandosi sulle storie originali di Carl Barks, scrivendo poi nuove storie perfettamente integrate con gli originali. Tanta ammirazione per la cura filologica, gran piacere nel poter immaginare nuovi dettagli della storia di personaggi amati, ma anche la sensazione che, costretti in binari così rigidi, finiscano per non avere gran che di nuovo da dire, perdendo parte di quella vitalità e follia che costituiva la loro essenza.
In conclusione: ho letto la storia con piacere, e leggerò anche la prossima, se ci sarà. Ma, come forse era scontato, il vero Corto rimane inafferrabile.