Oggi è la giornata in cui si sarebbe tenuti a spiegare agli altri perché si legge. A me risulta un po’ difficile. Ho imparato a leggere prima di andare a scuola, spinto non da insegnanti ma dalla semplice curiosità infantile, volevo sapere cosa dicevano le scritte che vedevo ovunque, e tampinavo mia madre perché le me leggesse, finché ho appreso la lettura prima che chiunque se ne rendesse conto. Da allora ho sempre letto tutto quello che mi capitava sottomano, tanto che i miei genitori mi ammonivano a non leggere troppo, mi imponevano dei limiti alla lettura come oggi si farebbe con la televisione, preoccupati della mia incipiente miopia. Leggo ancora oggi, e vorrei avere più tempo a disposizione per leggere di più. Quindi dover spiegare perché leggo mi fa un’impressione simile a dover spiegare perché respiro, o perché mi piace il sesso. È un bisogno primario, e qualunque spiegazione sembra creata a posteriori.
Ricordo uno dei periodi meno felici della mia vita, quello delle scuole medie. Allora ero una sorta di reietto sociale, non trovavo un modo di rapportarmi con i miei compagni, e andare a scuola era un peso. Finché un giorno scoprii che all’ultimo piano, ignorata da tutti, esisteva una biblioteca scolastica, e che mi era permesso visitarla, sfogliare i libri e persino portarmeli a casa. C’erano testi che nelle librerie non si trovavano, in particolare un bellissimo libro di esperimenti chimici, che presi in prestito innumerevoli volte e fu la mia guida all’uso del “Piccolo Chimico” ricevuto a Natale, molto più dello striminzito libretto incluso nella confezione. Da allora questo è diventato un archetipo del mio inconscio: ogni tanto sogno ancora di vagare per una scuola affollata, fredda e ostile, e di incontrare finalmente tra le sue mura una biblioteca che ne è l’opposto, in cui mi sento finalmente a mio agio.
Ecco: forse un libro da solo non può cambiarti la vita, però puoi trovarci dentro quello che ti manca e che la vita non ti sta dando. Può darti il gusto di qualcosa che nemmeno immaginavi, e che una volta immaginata può diventare reale. Mica poco!
Io ho iniziato a leggere con i fumetti, prima ancora di saper leggere: mi facevo leggere da mia madre i fumetti di topolino e braccio di ferro, li imparavo a memoria e rileggevo nella mia mente le loro battute, all’eta’ di 4-5 anni. Sulle spiagge assolate di Rimini, mi aggiravo per tutti gli ombrelloni e ogni dove vedevo un fumetto, chiedevo se lo potevo leggere, a permesso accordato mi sedevo sulla sabbia rovente e mi alzavo solo dopo aver finito. E da li e’ stato un crescendo.
Hai ragione, spiegare perche’ si legge e’ come spiegare perche’ si respira, o perche’ piacciono le lasagne e non la pasta con le sarde.
Ciao
Carlo