Mi aspettavo molto da questo adattamento di uno dei noir più originali che siano mai stati scritti, Motherless Brooklyn di Jonathan Lethem, ma devo dire di essere rimasto discretamente deluso: il film di Edward Norton mantiene solo una vaga parentela con l’originale, e ne attenua o elimina tutti i tratti di originalità, ottenendo un noir di discreta fattura ma derivativo e di poca sostanza.
Per cominciare, Norton ne ha retrodatato l’ambientazione, passando dal 1999 al 1957, perché secondo lui “sullo schermo personaggi che agiscono come investigatori anni ’50 nella Brooklyn anni ’90 sarebbero sembrati troppo ironici”. Spariscono così due caratteristiche salienti del romanzo: l’ironia autoconsapevole e i riferimenti culturali anni ’90. Al loro posto abbiamo delle curatissime ambientazioni d’epoca e una polemica politica sulla gentrificazione di New York, roba sicuramente bella e interessante ma che con l’originale non ha nulla a che vedere.
Ma il punto principale è il modo in cui viene trattata la sindrome di Tourette del protagonista Lionel. Nel romanzo, in fin dei conti, la trama noir è un fatto secondario, un macguffin: la cosa importante è che vediamo le cose dal punto di vista di una persona che ha enormi difficoltà a rapportarsi col mondo, assistiamo alla sua lotta con se stesso che trapela da ogni frase. Anche nel film Lionel soffre di sindrome di Tourette (o almeno lo si presume, perché non viene mai nominata, anche perché nel 1957 era quasi sconosciuta), ma lo capiamo solo dai suoi tic: la voce interiore con cui commenta una gran parte delle scene è invece quella di una persona del tutto normale. In questo modo la condizione di Lionel cessa di essere il fulcro della storia per diventare solo un dettaglio insolito e buffo; ed è il maggiore tradimento che si poteva infliggere al libro.
Per il resto, la trama è completamente diversa: per inserire i suoi riferimenti alla politica degli anni ’50, Norton ha cambiato tutto, ha cancellato vari personaggi e li ha sostituiti con altri. La trama regge pure, ma ha una somiglianza un po’ troppo forte con quella di un classico come Chinatown di Polansky, e finisce in modo poco memorabile, con un happy ending contorto e tirato per i capelli.
Certo, se non si considera che si tratta di un adattamento, rimane un film discreto, con splendidi interni ed esterni d’epoca, un cast stellare (oltre a Edward Norton, ci sono Bruce Willis, Alec Baldwin, Willem Dafoe, Bobby Cannavale, Edward Kenneth Williams…) e un protagonista insolito. Ma resta un’occasione perduta.