"Ci si dovrebbe accoppiare a vita, come i piccioni e i cattolici"

piccionePremetto: io del terribile Sanremo non ho visto neppure un secondo: non mi interessa. Però, a festival concluso, mi è venuta voglia di ascoltare la canzone vincitrice. Questo perché mi era capitato di ascoltare la precedente canzone di Povia, "I bambini fanno oh", e mi aveva colpito.
Intendiamoci, non è che sia un brano imprescindibile, un capolavoro. E rasenta pericolosamente la melensaggine. Però a me era piaciuto. Intanto il tema, per quanto banale, era condivisibile: chi di noi non si è intenerito di fronte ai discorsi dei bambini? Ma, soprattutto, la canzone mi sembrava fresca: senza sperimentalismi, ma con una melodia piacevole ma non facile, e un ritmo tutto suo. Mi ero detto: teniamolo d’occhio, questo Povia.
Ebbene, l’ho tenuto d’occhio, e avrei preferito non farlo. Questa "Vorrei avere il becco" che ha vinto il festival è una vera schifezza. Per cominciare, melodia e soprattutto ritmo sono banali, niente a che vedere con "I bambini…". Poi c’è questa cosa del verso del piccione, che a me dà sui nervi: i suddetti volatili ("Lumpenpennuti", li definiva Calvino) non mi stanno simpatici. Ma soprattutto, è il testo che fa cadere le palle. Dico: come si fa a scrivere una canzone che incita espressamente a volare basso, ad accontentarsi, a non inseguire i sogni? Potrà anche essere giusto è conveniente per la maggior parte di noi, ma scriverlo in una canzone?!? Che razza di mondo è quello in cui le canzoni, invece che cantare i sogni, incitano a farne a meno? È un segno dei tempi, uno dei tanti, che mi inquieta.

P.S.: Cinque punti-vanamonde a chi indovina per primo la provenienza della citazione nel titolo.

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