Un gruppo di rapinatori mascherati irrompe in una banca di New York e prende decine di persone in ostaggio. I negoziatori della polizia si preparano a un lungo assedio. Ma piano piano il detective Frazier si rende conto che questa non è la solita rapina, che nessuno vuole veramente quello che dice di volere, e che è in atto un complicatissimo gioco delle parti. Non voglio rivelare altro della trama di un film in cui una parte considerevole del divertimento proviene dalle continue sorprese e rivolgimenti. Dirò però che questo è un film da vedere assolutamente, e che Spike Lee ha fatto centro una seconda volta dopo La venticinquesima ora, facendo dimenticare le tante opere poco riuscite degli anni recenti.
Per chi vuole divertirsi, Inside Man è un thriller come non se ne facevano più da un sacco di tempo: quasi del tutto privo di violenza, con dialoghi scoppiettanti perfettamente cesellati, e in grado di tenere alta la suspence fino alla fine. Certo, a volere essere pignoli la trama non è il massimo della verosimiglianza, e qua e là si intravede qualche buco (possibile che sia così facile entrare armati e mascherati in una banca di New York? Laggiù non usano metal detector e porte automatiche? E Christopher Plummer non è un po’ troppo in forma per essere uno che aveva trent’anni ai tempi della Seconda Guerra Mondiale?). Ma il gioco della regia è tanto sapiente da non far pesare questi difetti. Sono stupendi i continui flash-forward con cui vengono presentati gli interrogatori del dopo-rapina, in un sottile gioco che passa gradatamente allo spettatore informazioni essenziali senza mai lasciargli capire come stanno veramente le cose. Gli interpreti rendono tutti al massimo (in particolare il protagonista Denzel Washington), e Spike Lee sa sempre perfettamente dove mettere la macchina da presa.
Basterebbe per fare un ottimo film. Ma in più c’è il sottotesto, che dimostra come anche oggi sia possibile fare del cinema scopertamente commerciale senza per questo rinunciare a dire qualcosa. Inside Man è pieno di situazioni paradossali e illuminanti (dall’ostaggio sikh che, liberato, viene trattato come un terrorista, al rapinatore che rimane orripilato dalla violenza di un videogioco), che vanno gradatamente a comporre un quadro inquietante, in cui la verità è sconosciuta a tutti, i cattivi sono in realtà migliori di tanti altri, i buoni hanno qualcosa da nascondere, i ricchi e i potenti fanno quello che vogliono mentre la gente terrorizzata non capisce nulla. Ci voleva un thriller di buona fattura per darci una perfetta descrizione del mondo di oggi. Imperdibile.