Nell’Inghilterra del 1300, un uomo ritornò dai Regni Fatati alla guida di un esercito di elfi e, grazie alla propria magia, si incoronò Re del Nord. Gli uomini lo chiamavano il Re Corvo, e regnò per trecento anni prima di scomparire nel nulla. Ora siamo nel XIX secolo, l’Inghilterra combatte Napoleone, le creature fatate sono tornate a essere materia di leggenda, e la magia è diventata una questione per noiosi eruditi, che è storicamente esistita ma che nessuno più è in grado di mettere in pratica. Nel giro di breve tempo, però, appaiono due uomini che sono nuovamente in grado di praticare la magia. I due sono uniti dal sogno di far rinascere la magia inglese, ma sono profondamente diversi, in tutto, e gli scontri sono inevitabili. Alla fine scopriranno entrambi che aver risvegliato la magia ha un prezzo che non avevano previsto.
Jonathan Strange & il Signor Norrell non è certamente il "solito" libro fantasy. Per cominciare, è scritto con uno stile ispirato a quello di Jane Austen (ma a me ha ricordato anche Dickens), cosa che già di per sé ha messo in fuga, per quanto ne so, più di un lettore non abituato a simili ricercatezze. Inoltre è un libro che frustra deliberatamente le aspettative del lettore, dissimulando abilmente gli eventi importanti collocandoli tra mille altri dettagli, tanto che ci si chiede continuamente se mai si arriverà al dunque; e poi, dopo seicento pagine, per così dire, di "introduzione", di colpo la vicenda piomba nel vivo, tutti i dettagli vanno al loro posto, e il romanzo si rivela molto più cupo, orrorifico e disturbante di quanto le leziosaggini precedenti lasciassero immaginare. Per me questi, beninteso, sono dei pregi; ma, se a voi suonano come dei difetti, allora è meglio che non cominciate neppure la lettura: non arrivereste in fondo.
Confesso che in qualche punto anch’io ho provato una punta di irritazione per le divagazioni tutte inglesi cui l’autrice ci sottopone; e sono tuttora convinto che alcuni episodi, per esempio la lunga rivisitazione della battaglia di Waterloo, siano superflui o comunque si prolunghino più del dovuto. E confesso anche che tuttora sono perplesso sulle motivazioni che hanno spinto la Clarke a scrivere questo libro, il cui significato appare sottile e sfuggente. Ma, come accade con i grandi romanzi, questo non è un ostacolo al godimento della storia. Il fascino del mondo magico di Norrell e Strange è tale da non dover essere giustificato. Proprio come la magia che descrive, così diversa da quella ormai standardizzata della quasi totalità del fantasy moderno, non si lascia imbrigliare in sovrastrutture teoriche, "è" e basta, a disposizione di tutti coloro che vorranno affrontarlo, rischiando di farsene ammaliare.
Questo post appare anche su Il Leggio.