Da un po’ di tempo a questa parte si parla di "musica digitale" come sinonima di audio e video scaricabili da Internet. La cosa è avallata addirittura dall’autorevole (?) FIMI, l’associazione dei discografici italiani, in un documento che è la traduzione di un’ancor più autorevole ricerca condotta dall’IFPI (l’analoga organizzazione a livello mondiale. In questi documenti si parla di "digitalizzare" i brani musicali nel senso di produrre file in formato compresso scaricabili via internet; si parla di album "solo digitali" intendendo disponibili unicamente sul web e non venduti nei negozi. E così via. Le riviste musicali si sono già adeguate, e utilizzano la stessa terminologia.
Ora, per favore, qualcuno vorrebbe spiegare a tutta questa gente che non c’è niente di più digitale di un banalissimo CD venduto nei negozi senza passare per Internet? Possibile che chi ha a che fare col marketing non sia capace di usare un termine con un minimo di proprietà? E possibile che poi tutti gli vadano dietro?
Ecco. E non parliamo sempre e solo male dei giornalisti 😉
Ah, il marketing…. secondo in inettitudine solo alle risorse umane.