Tra qualche secolo. L’esaurimento del petrolio ha provocato un crollo della società globale. Gran parte delle specie vegetali sono state spazzate via da orrende epidemie create dalle società agricole occidentali per costringere il mondo a usare i loro prodotti geneticamente modificati. Tra i pochi luoghi che si sono salvati dal caos c’è la Thailandia, protetta da draconiane leggi ambientaliste e dal possesso di una delle ultime banche di sementi non contaminate.
Mentre lo scontro tra ambientalisti e filooccidentali scuote il Paese, seguiamo le vicende di quattro personaggi. Anderson Lake, statunitense che si finge imprenditore, ma in realtà vuole impadronirsi dei segreti genetici thailandesi. Il suo segretario Hock Seng, paranoico rifugiato cinese pronto a qualsiasi imbroglio pur di ricostituire la perduta fortuna economica. Jaidee Rojjanasukchai, incorruttibile militare che si oppone al rilassamento delle leggi ambientaliste e al riavvicinamento con l’Occidente. E infine Emiko, una “ragazza caricata a molla”, donna artificiale giapponese costretta a prostituirsi per sopravvivere, poiché la sua stessa esistenza in Thailandia è un reato.
The Windup Girl arriva con le migliori presentazioni: doppia vittoria, all’Hugo e al Nebula, nel 2009, e uno strillo tratto da Time che proclama “il degno erede di William Gibson”. In effetti si tratta di un bel romanzo, avvincente e ben costruito, che si legge volentieri, anche se non è il capolavoro che tanti elogi rendevano lecito aspettarsi.
Paolo Bacigalupi (che per inciso non è italiano ma statunitense, e non sa neppure pronunciare il suo cognome) ha creato una trama molto solida, in cui le storie di quattro personaggi completamente diversi per appartenenza sociale ed etnica si incrociano di continuo senza che la cosa appaia forzata. A un certo punto uno dei quattro muore, ma continua a partecipare al romanzo sotto forma di fantasma nella testa di un altro personaggio, un virtuosismo letterario che ho molto apprezzato.
Il punto di forza del romanzo è l’ambientazione, una Bangkok assediata non solo dai nemici esterni, ma anche dal mare che minaccia di sommergerla. Lo scenario politico, in cui le tensioni dovute alla scarsità di cibo ed energia si mescolano a quelle di natura etnica e religiosa, è tra i più realistici che mi sia capitato di incontrare in un romanzo di fantascienza. Bacigalupi fa un ottimo lavoro nel mettere a confronto i modi di pensare derivati da culture diverse, aggiornandoli a un mondo in cui orribili malattie genetiche sono sempre in agguato e l’energia per fare quasi qualunque cosa deve provenire dal sudore di qualcuno.
La principale critica che muovo a The Windup Girl è di natura tecnologica. Per quanto il mondo evocato dal romanzo sia coerente e affascinante, l’ingegnere che è in me ha diverse obiezioni. Per cominciare, in caso di esaurimento del petrolio mi aspetterei un fortissimo incremento nell’utilizzo di fonti rinnovabili di energia. In particolare, un Paese costiero e tropicale come la Thailandia potrebbe sfruttare con grande efficienza il solare, l’eolico, le maree o il gradiente di salinità. Nulla di tutto ciò avviene nel romanzo, dove si utilizzano centrali termoelettriche a carbone dove indispensabile, e per il resto ci si arrangia con energia di origine umana o animale. Si gira una manovella persino per far funzionare una radiolina portatile, roba che anche oggigiorno potrebbe funzionare a energia solare. Una simile assenza di energie alternative è inspiegabile, tanto più che il livello tecnologico è rimasto elevato, e si vedono numerosi esempi di nuovi materiali.
Anche l’utilizzo di energia animale all’interno della produzione industriale (in particolare con l’uso di elefanti geneticamente modificati, detti megodonti) fa molto colore, ma sfugge alle regole della logica. Un elefante “funziona” a biomassa. Per quanto possa essere efficiente, la stessa biomassa che gli si dà come foraggio potrebbe essere trasformata in alcool e usata per far funzionare un motore, che occupa meno spazio di un elefante, non deve riposare, non sporca, non si ammala, richiede meno supervisione umana, e probabilmente ha anche un rendimento migliore in termini di sfruttamento delle calorie.
Del tutto assurdo poi è il fatto che l’energia venga immagazzinata sotto forma meccanica, torcendo molle ad altissima resistenza: chi ha disinventato dinamo, alternatore, accumulatore, batteria e motore elettrico?
Insomma, l’impressione è che Bacigalupi nel creare il suo mondo si sia fatto guidare più dal potenziale simbolico delle situazioni (ogni cosa appare “caricata a molla”, inclusa la ragazza artificiale che è il fulcro della vicenda) che non da un’analisi scientificamente ed economicamente solida. Il che, per un romanzo che tratta un tema così attuale come la scarsità di energia, a me pare un difetto non da poco.
Secondariamente, anche se ho ammirato l’abilità con cui Bacigalupi riesce a inserire il lettore in un mondo nuovo con un calibrato mix di neologismi e di termini provenienti dal thailandese, va detto che a volte si lascia andare a sciatte ripetitività. Per esempio, la parola “grimaces” viene usata letteralmente centinaia di volte per descrivere i personaggi; mi meraviglio che nessun editor (visto che all’estero esistono ancora) se ne sia accorto.
In conclusione, The Windup Girl è un romanzo con molti pregi, che si legge d’un fiato nonostante la lunghezza, e narra una vicenda molto reale in cui nessun personaggio è esente da ombre. Ne consiglio la lettura. Però per essere “il degno successore di William Gibson” occorre fare ancora un po’ di strada.
Grazie a Paolo, che me l’ha prestato l’ultima votla che ci siamo visti, ho anch’io The Windup Girl in attesa, ma non è che la tua recensione inviti molto alla lettura.
Mi piacerebbe un confronto in termini di gestione di personaggi, ambienti e idee con Ian McDonald, cui Bacigalupi sembra accostabile per temi e suggestioni, ma temo che l’americano ne uscirebbe distrutto.
Del resto mi pare che il difetto principale che imputi a The Windup Girl sia un limite di molta fantascienza americana, e uno dei motivi per cui negli ultimi anni ho letto quasi esclusivamente sf britannica.
Non sono del tutto d’accordo con gli argomenti di Vanamonde: in un paese arretrato / feudale, non necessariamente si sfruttano le tecnologie più moderne / adatte, anzi è il contrario (p. es. in Italia abbiamo diffusione e stimoli per la TV, e _poca_attenzione_ per internet veloce).
Inoltre, la thailandia del romanzo è isolazionista, quindi a maggior ragione le tecnologie (che con ogni probabilità esistono) sono sottoposte a infiniti controlli e divieti.
Per quel che riguarda la produzione di energia animale: l’avere un ascensore a trazione umana è un buon indicatore del potere personale, il solare fotovoltaico se la deve vedere con un monsone di 5 mesi, e poi i computer alimentati a pedale come le macchine da cucire di una volta fanno molto Sterling, se non Gibson 🙂
@Iguana Jo: Non sono sicuro di aver compreso, dici che la fantascienza americana più trecnete è debole in quanto a realismo tecnologico? Di McDonald ammetto di aver letto molto poco (essenzialmente quello che ha pubblicato Robot, devo rimediare.
@Paolo: Tieni conto però che le tecnologia che sio vedono non sono affatto vecchie: elefanti geneticamente modificati, molle che accumulano enormi quantità di energia grazie a materiali compositi bioingegnerizzati, e così via, sono tutti roba molto più moderna dei motori, delle batterie e dell’energia solare, e non si capisce perché si sia resa necessaria.
I computer a pedali o a manovella ci possono stare (c’è chi li ha proposti per le aree più disagiate del Terzo Mondo), ma per quale motivo ci devono essere delle pistole a molla?
A ma pare che in confronto alle produzioni europee (britanniche, sarebbe meglio dire) molta fantascienza americana manchi della consapevolezza politica necessaria a capire – per esempio – che “in caso di esaurimento del petrolio mi aspetterei un fortissimo incremento nell’utilizzo di fonti rinnovabili di energia.”
Scrivo “politica” e non “tecnologica” perché la scelta di non vedere certi collegamenti non sta tanto nella mancanza di preparazione scientifica degli autori, quanto nell’incapacità di valutare la complessità sociale dei cambiamenti che introducono nei relativi romanzi.
Da come descrivi The Windup Girl, credo che McDonald ti piacerebbe assai: ha tutti i pregi di Bacigalupi, senza i difetti che citi.
A breve dovrei riuscire a postare (spero!) una recensione di The Dervish House, spero davvero di riuscire a trasmettere che esperienza sia stata la lettura di quel romanzo.