Lo so, sono due giorni che chiunque ripropone canzoni di Lucio Dalla e ormai ne avete abbastanza. Il bello di Dalla, però, è che la sua importanza non si esaurisce in una decina di brani famosi: era un musicista poliedrico, e ha lasciato un enorme repertorio in cui ognuno può andare a cercare ciò che lo colpisce di più. Quindi mi concedo di commemorarlo a modo mio; del resto oggi è il suo compleanno.
Non sono stato un fan di Dalla. Ho scoperto il rock piuttosto tardi, nel 1979 o giù di lì: avevo 13 anni, cominciavo timidamente ad ascoltare i Police, e quelli che unanimemente vengono considerati i dischi più straordinari del cantautore bolognese erano già usciti, decisamente troppo sofisticati perché allora potessi capirli. Li ho scoperti molto tempo dopo.
Tuttavia Dalla ce l’avevo ben presente, anzi, era quasi uno di famiglia. Questo perché era stato il presentatore della prima edizione di Gli eroi di cartone. Era un programma della TV dei ragazzi della RAI, che proponeva vari cartoni animati. Il mio preferito era Nembo Kid (cui in Italia avevano affibbiato il nome autarchico di Superman, ma in realtà era, credo, Hawkman), ma il bello della trasmissione era che facevano vedere anche tanti classici, dando loro un inquadramento storico e anche tecnico, spiegando cioè come venivano fatti. Era il 1970, avevo cinque anni.
Pensateci bene: era la RAI ingessata di Bernabei, quella che per tanti anni abbiamo deprecato, in cui era proibito dire “membro” e per una battuta sul Presidente della Repubblica si rischiava il posto. Però era anche quella in cui ai bambini si proponeva un programma che, senza minimamente essere noioso (io non me ne perdevo una puntata!), era anche culturale nel senso migliore del termine. E lo facevano condurre a un cantautore 27enne irsuto, che per giunta usava come sigla una canzone nonsense a base di scat e jazz, come questa:
Fumetto era stata incisa l’anno prima nel secondo album di Dalla, Terra di Gaibola, e credo sia rimasta nel cuore di tanti bambini dell’epoca. Per esempio in quello di Makkox, evidentemente. Ecco, sono grato a Dalla per quella trasmissione, di cui ricordo ben poco, ma dalla quale sono sicuro di avere imparato tantissimo.
L’altra canzone che vi propongo è di diversi anni più tardi, del 1985. Proviene da Viaggi Organizzati, album in cui Dalla comincia la collaborazione con Mauro Malavasi, cosa che ancora oggi molti vituperano. A me invece il suono molto elettronico di quel periodo (non solo di questo disco ma anche di altri dischi italiani, come E già di Lucio Battisti) piace tuttora molto. Ma, al di là dell’arrangiamento, Washington è una gran bella canzone. Ed è tra l’altro un autentica canzone fantascientifica, non della fantascienza favolistica cui occasionalmente ricorrono i cantautori nostrani, ma proprio fantascienza vera, lo spaccato di un mondo complicato e disperato. E Dalla la interpreta benissimo con una tensione che sale lentamente fino a esplodere nel finale.
Per molti anni, quando si parlava di Dalla, io citavo Washington e la risposta piu frequente che ottenevo era “Huh?”. Mi fa piacere che Luigi Bernardi mi abbia detto che lui la considera una delle più belle canzoni italiane di sempre.
Bravo, Marco.
Come te non ho mai sentito veramente Dalla vicino alle mie esperienze musicali: da adolescente mi crogiolavo tra prog e psych rock e snobbavo la produzione italiana (avendo De Gregori come unica eccezione). Ad esempio, De Andre’ l’ho recuperato da poco, quasi incidentalmente; ho ripercorso un po’ di prog italiano e di avanguardia (Battiato e Area su tutti gli altri) ma Dalla proprio non so se lo approfondir0′, magari capitera’…
Naturalmente, quanto a “Washington” che sto ascoltando ora, posso solo dirti “Huh?”. E che ci sento una vaga eco steelydanfageniana. 😉
Quando muore un artista come Dalla, che piacesse o meno, che si fosse suoi fan o no, e’ tutto sommato di secondo piano, il suo valore artistico va oltre il gusto del singolo. Nemmeno io sono suo fan, non ho sentito tutta la sua produzione ne’ conosco in maniera approfondita la sua storia, parteggio piu’ per il rock di matrice inglese (meglio se duro o prog) e quindi sono piuttosto lontano dai suoi suoni, pero’ e’ impossibile ignorare il gusto, l’inventiva e la sensibilita’ che hanno portato a canzoni come “Anna e Marco” e “Futura”, a pezzi “strani” come “Disperato erotico stomp” e “Paff Bum”, a canzoni di ampio respiro come “Piazza Grande” e “L’anno che verra’”, ad album impegnati politicamente come i suoi sull’automobile. E come ogni artista veramente creativo, anche a schifezze quali “Attenti al lupo!” e “Ciao”.