Civati ed io


Credo che il politico Pippo Civati si possa descrivere raccontando della prima volta in cui l’ho visto di persona. Era il 6 marzo 2010, Berlusconi aveva appena presentato un decreto che sanava una serie di irregolarità, consentendo di presentarsi alle elezioni regionali anche a liste che palesemente non ne avevano titolo. Dilagò la consueta indignazione, ma a Milano furono indette due manifestazioni distinte, una dal PD e l’altra dal Popolo Viola.
La manifestazione del Popolo Viola cominciava prima, di fronte al Palazzo di Giustizia, quindi raggiunsi lì alcuni amici, con l’intenzione però di spostarmi dopo alla manifestazione del PD, in largo Cairoli. Solo che poi arrivò Civati. Che parlò con gli organizzatori e disse: “Ha senso che facciamo due manifestazioni separate contro la stessa cosa? Perché non raggiungiamo tutti l’altra manifestazione?”
Non so come, ma convinse tutti: ci mettemmo in marcia, e raggiungemmo la manifestazione del PD. In testa al corteo, come si vede nella foto, sentii Civati ridacchiare come un bambino che ha commesso una marachella, e bisbigliare a Carlo Monguzzi: “Sai la faccia di Penati quando gli portiamo le bandiere del Popolo Viola sotto il palco!”
Ecco, questo è Pippo Civati: una persona di buon senso, che guarda alle idee e non alle appartenenze politiche, e riesce a ottenere risultati inaspettati, anche e soprattutto a dispetto dei dirigenti del suo stesso partito.
Da allora ho seguito Pippo da vicino, e non mi ha mai deluso. Ogni volta che ho avuto la tentazione di pensare che in Italia non esistono politici decenti, c’è stato lui a dimostrarmi il contrario, sostenendo  coerentemente le posizioni che avrei voluto che il PD sostenesse, su qualunque argomento (i referendum sull’acqua, gli F-35, i matrimoni omosessuali, la politica economica, quello che preferite). Io penso che, se Civati fosse stato segretario in questi ultimi anni, il boom del M5S non ci sarebbe stato, e quei voti li avrebbe legittimamente presi il PD.
Ma quello che mi piace di più di Pippo è la sua coerenza. Che ha fatto sì che in questi tre anni non lo abbia mai sentito affermare qualcosa per poi fare marcia indietro, a differenza di tanti altri suoi colleghi. Non va avanti a sparate che poi è costretto a rettificare, non va a cercare i titoli dei giornali a ogni costo, non lancia frasi ad effetto per avere l’apertura del TG (anche se è capace di grandissima ironia, come quando si è costruito da solo l’intervista che Fazio non gli ha voluto fare). Ha fatto una campagna elettorale senza l’appoggio di alcun giornale (vergognoso come Repubblica lo ignora) e senza grandi finanziatori alle spalle, eppure ha convinto molta gente, e tutti hanno detto che ha vinto il confronto TV su Sky.
Vi ricordate di tutte le volte che avete detto che avreste voluto dei politici seri, coerenti, capaci, moderni, che portassero avanti delle idee invece di difendere solo la poltrona? Adesso avete la possibilità di votarne uno, e non dovete lasciarvela sfuggire. Il vostro voto conta, ed è tanto più importante in quanto Civati non ha giornali che lo danno da mesi come il sicuro vincitore. Le cose si possono cambiare, a patto di crederci: è questo il senso dello slogan “le cose cambiano, cambiandole”. Io proverò a cambiarle domani, votando per Pippo.

Detto questo, siccome immagino che questo post susciterà prevedibili obiezioni, mi sono preparato anche qualche risposta preventiva:
Ancora il PD? Basta, non lo voterò mai più.
Sono piuttosto solidale con questa posizione, dato che anche per me votare PD in questo momento sarebbe molto difficile, se non impossibile. Il PD ha tradito i suoi elettori, facendo esattamente il contrario di ciò che aveva promesso in campagna elettorale. Per questo motivo, dopo cinque anni nel partito quest’anno non ho rinnovato la tessera. E tuttavia, non credo che felicitarsi della rovina del PD sia la soluzione. A noi elettori delusi servirebbe un PD che funzionasse e portasse avanti le idee per cui lo abbiamo inutilmente votato in passato. Quindi mi sembra sensato votare l’unico candidato che vuole fare sul serio quello che il PD non ha mai fatto. Secondo me vale la pena di scommetterci due euro. Poi non si è obbligati a votare il PD, se Civati non dovesse essere eletto, o se fosse eletto ma non risultasse convincente.
Non voto per Civati, parla tanto ma poi vota come gli altri.
Questa è l’obiezione che mi sento rivolgere più spesso, e sinceramente mi rattrista, perché la trovo totalmente ingenerosa e fuori dalla realtà. Civati non ha votato la fiducia al governo Letta, un atto di ribellione che poteva costargli l’espulsione. Da allora si è battuto ogni volta in assemblea per portare allo scoperto le contraddizioni del PD, a differenza di suoi colleghi che rilasciano dichiarazioni ai giornali ma in assemblea si guardano bene dal sostenere le stesse posizioni. Prendersela con lui perché alla fine vota con i suoi significa non capire quello che sta facendo, e cioè mostrare agli elettori che esiste un’alternativa e che il PD può essere diverso. Se votasse ogni volta in dissenso, sarebbe messo fuori dal PD, e l’alternativa non ci sarebbe più.
Non ci si rende conto che è molto più difficile cercare di convincere i propri compagni di partito rispetto a rompere i ponti. Lo so per esperienza: dopo le scorse elezioni ho partecipato a una riunione di un circolo PD, mi sono alzato e ho detto che il PD appoggiando la TAV aveva sbagliato tutto. Ho proseguito il mio discorso tra grida, fischi e mormorii, consapevole che in sala c’era probabilmente solo una mezza dozzina di persone che la pensava come me. Non credo di aver convinto nessuno. Ma credo di essere stato più utile allora che ero dentro, piuttosto che ora, che per esasperazione e stanchezza sono fuori. Rispetto Civati perché ha la forza di rimanere dentro e lottare, in un partito in cui per ora è come un corpo estraneo.

Che senso ha votare Civati? Tanto vince Renzi!
Per cominciare, questo è un discorso che si morde la coda. Ovvio che Civati non può vincere se la gente non lo vota, quindi per farlo vincere bisogna in primo luogo votarlo. Ma poi, anche se non dovesse arrivare primo, più voti prenderà, più sarà difficile al futuro segretario del PD ignorare le sue posizioni. Non ci si può lamentare che le cose non cambiano, se poi non si colgono le opportunità per cambiarle.
Io voto Renzi! Solo Renzi può cambiare l’Italia!
Mah, cosa vuoi che ti dica, non sono d’accordo. Per cominciare, Civati ha idee molto più chiare e nette su quasi tutto, mentre Renzi spara grandi frasi, ma poi nel concreto non si capisce cosa vuole fare (esempio principe: dice di essere contrario alle larghe intese, però dice anche che vuol lasciare proseguire Letta fino al 2015; come stanno insieme queste due cose?).
Gli argomenti che usano i renziani, poi, non mi convincono per nulla. “Renzi è un vincente, Renzi ha carisma”, mi dicono, e a me cadono le braccia. A sentirli sembrerebbe che per un politico la dote principale sia essere telegenico, piacere per la propria immagine invece che per quello che dice. Secondo me chi la pensa così è avvelenato dal berlusconismo. Ed è tipico, ahimè, di una sinistra succube cercare di riprodurre le ricette della destra quando sono ormai scadute. Come Renzi che dice di ispirarsi a Blair, che nel mondo ormai è schifato da chiunque. E comunque vorrei far notare che il vincente Renzi nelle scorse primarie ha perso, e contro Bersani.
Mi dicono: “Renzi è l’unico che può prendere il voto degli elettori di destra”, e a me cadono le braccia due volte. Sono più di vent’anni che si segue questa teoria per cui in Italia la sinistra è minoritaria e non può vincere, e perciò è necessario compiacere i cosiddetti “moderati”. Risultato: la sinistra ha continuato a perdere voti, si è dissanguata inseguendo alleati che non contavano nulla (Casini, Fini, Monti, adesso Alfano), mentre il M5S dal nulla si prendeva il 25% dei voti. Ora vorreste farmi credere che con Renzi sarà diverso? Non vedo perché. La sinistra non vincerà mai inseguendo i voti della destra. Vincerà quando saprà convincere i suoi, che ora in gran parte si astengono, a votarla.
Inseguire gli elettori era l’idea di partito di Veltroni, quello del “ma anche”, che voleva essere il partito di tutti e non era il partito di nessuno. Si è visto come è andata. Un partito che vuole cambiare le cose non deve inseguire gli elettori. Deve prendere una posizione, e convincere gli elettori che è giusta. È più difficile, ma è l’unico metodo che funziona davvero.

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