Jackie Zucker è un ex-giornalista sportivo della DDR, che dopo il crollo del Muro sbarca il lunario gestendo un night club equivoco e giocando a biliardo. I figli non sopportano più la sua cialtroneria, la moglie vuole il divorzio, i creditori gli stanno alle costole. All’improvviso gli giunge una notizia: la madre, fuggita all’Ovest quarant’anni prima con il figlio maggiore, è morta e gli ha lasciato un’eredità che potrebbe toglierlo dai guai… a condizione che si riconcilii col fratello, un ebreo tanto ortodosso quanto lui è ateo e gaudente.
Ha destato molta sensazione il fatto che "Alles auf Zucker!" sia il primo film tedesco del dopoguerra che si permette di rappresentare gli ebrei in moto ironico e critico; ma, a sessant’anni e passa dalla caduta di Berlino, non credo ci sia da meravigliarsene, né tantomeno da scandalizzarsi. Il regista David Levy mette molta carne al fuoco, forse troppa, sovrapponendo al sotterraneo conflitto est-ovest che percorre la Germania odierna quello tra religione e modernità. Ma riesce a non cadere nelle trappole del didascalismo, e a costruire un film equilibrato, che non cerca di impartire facili lezioni, e nemmeno di inseguire la gag a ogni costo, ma vuole sopratutto raccontare una storia, a tratti davvero molto divertente.
"Zucker!" non è un film riuscito come "Goodbye, Lenin!" (al quale peraltro assomiglia non poco, per il modo in cui da una storia inizialmente farsesca e sconclusionata emergono gradualmente dal passato elementi anche drammatici). Verso il finale la trama tende a sfilacciarsi un po’, la storia di alcuni personaggi risulta un po’ confusa e improbabile, e, soprattutto, il finale non è pirotecnico come l’inizio lasciava sperare. Ma vale sicuramente la pena di vederlo, per ridere di gusto e per godere di un cinema impegnato ma dal tocco leggero, molto diverso dalla plumbea seriosità che ci si aspetta dai tedeschi.