Oltre a svolgere tutte le altre attività di cui questo blog riferisce, saltuariamente scrivo anche narrativa. Questa pagina descrive tutti i miei racconti che sono stati pubblicati e/o hanno vinto dei premi. L’anno indicato è quello di pubblicazione o, per i racconti inediti, quello di consegna del premio. Non ho indicato l’anno effettivo di scrittura perché spesso non sono in grado di ricostruirlo.
Oltri a questi ho scritti diversi altri racconti. Alcuni sono stati definitivamente scartati e non vedranno mai la luce. Altri sono in fieri, e altri ancora sono in attesa di pubblicazione, e ne parlerò qui nel momento in cui appariranno in pubblico sotto forma di carta o di bit.
Guardando indietro alla mia carriera letteraria, la mia sensazione è ambivalente. Da un lato, posso dire di aver raggiunto dei risultati che alcuni potrebbero invidiarmi: sedici racconti pubblicati, alcuni anche più di una volta, di cui diversi usciti in libreria o su testate di grande diffusione; una traduzione in francese; recensioni su quotidiani nazionali: premi e concorsi vinti.
Dall’altro, però, bisogna considerare che ho pubblicato meno di un racconto ogni due anni; che molti di questi racconti sono brevi abbozzi di una sola pagina; che la mia intera produzione letteraria ammonta al numero di caratteri che uno scrittore professionista scrive in una settimana; e che nessuno dei racconti che ho scritto ha avuto un impatto duraturo.
In definitiva, credo si possa dire che per me la scrittura è un hobby che finora non si è trasformato in qualcosa di più (ma potrebbe ancora farlo: quanti scrittori hanno azzeccato la loro opera decisiva in tarda età?). In ogni caso è ancora qualcosa che mi piace e mi diverto a fare. Anche per questo ho deciso di non limitarmi a uno sterile elenco, ma di condividere con i frequentatori di questo blog tutte le esperienze, positive e negative, legate a ciascun racconto.
Esperimento (1982)
Il mio esordio letterario ha delle caratteristiche piuttosto insolite: non so quanti scrittori possono dire di avere esordito a propria insaputa!
Le cose andarono così: avevo 15 anni, ero già appassionato di fantascienza, e collezionavo con dedizione i fascicoli della Grande Enciclopedia della Fantascienza pubblicata dall’Editoriale del Drago (senza immaginare che anni dopo avrei conosciuto molti degli autori). Incellofanato con uno dei fascicoli trovai il depliant pubblicitario di una fanzine romana intitolata SF..ere. Gli mandai subito un mio racconto. Mi risposero con una lettera in cui mi chiedevano di abbonarmi. Non ricordo quale fosse la cifra richiesta, ma per le mie finanze di liceale era decisamente troppo, specie per una rivista di cui non avevo visto nemmeno una copia. Così lasciai perdere. Non tenni nemmeno copia del racconto che, solo qualche anno dopo, mi sembrò brutto in modo irrecuperabile.
Passarono vent’anni. Un giorno sul web mi imbattei in un prontuario degli scrittori di fantascienza italiani, e mi venne voglia di controllare se per caso venivo citato. In effetti il mio nome c’era, ma non per ciò che sapevo di avere pubblicato: ero citato per essere apparso sulla fanzine SF..ere. Mi tornò in mente l’episodio dell’invio del racconto: possibile che l’avessero pubblicato senza dirmelo? Controllare poteva essere difficile, ma per fortuna l’amico Jarok del Bazaar del Fantastico mi procurò subito una copia. E in effetti c’era un breve racconto a mio nome, la cui trama mi risultava vagamente familiare attraverso le nebbie della memoria. Fu così che appresi di avere esordito un anno prima di quanto avevo sempre pensato.
La Tirannia del Video (1983)
Il mio esordio su una rivista professionale avvenne invece a 17 anni. Ricordo benissimo di avere avuto l’ispirazione al mare, mentre sotto l’ombrellone leggevo su un quotidiano un articolo che parlava di realtà virtuale. Decisi di scrivere sul tema un racconto breve a sorpresa alla maniera di Fredric Brown, in cui due persone parlavano di realtà virtuale senza rendersi conto di essere in una realtà virtuale. Ovviamente ignoravo che nel frattempo un certo William Gibson aveva appena pubblicato un romanzo intitolato Neuromante, che avrebbe fatto sembrare il mio racconto più vetusto di uno di Giulio Verne. Comunque sia, scrissi il racconto e lo inviai a Omni, edizione italiana della celebre rivista statunitense, sperando che sarei stato pubblicato accanto ad Asimov e Bradbury. Purtroppo, proprio in quel momento l’editore Peruzzo decise di smettere di pagare i diritti per l’uso della testata e la trasformò in una rivista tutta italiana intitolata Futura. In ogni caso il mio racconto fu, con mia somma gioia, accettato, e apparve sul secondo numero della nuova testata, 0ttobre 1983.
Con questa pubblicazione comincia anche la storia delle mie esperienze negative con l’editoria. La mia gioia fu infatti piuttosto guastata quando vidi che al racconto pubblicato era stata aggiunta una frase che secondo me non ci stava proprio, anticipava il finale e lo indeboliva. Con l’irruenza tipica di un adolescente, feci una piazzata per iscritto al direttore Gian Franco Venè, chiedendogli come si fosse permesso di alterare il racconto senza chiedermi un parere. Lui mi rispose per le rime con una lettera che si può riassumere con la frase “Ma chi ti credi di essere?”. Esperienze formative. Oggi mi comporterei diversamente, anche se continuo a pensare che quell’aggiunta fosse parecchio maldestra.
Altra esperienza formativa: quando il racconto uscì andai a vantarmene con la ragazza che allora mi piaceva, e che accolse la notizia con la più olimpica indifferenza. Ma il fatto di essere stato pubblicato da una “vera” rivista era stato una droga in sé, e da allora il vizio di scrivere racconti di quando in quando mi sarebbe rimasto appiccicato.
Il racconto è tuttora leggibile nella biblioteca di Fabula.
Visita casuale (1996)
Passò un decennio in cui non pubblicai niente. Non c’erano molte testate su cui pubblicare (anche Futura aveva presto chiuso). L’unica era Urania, che tempestai di lettere senza ricevere risposta (anche qui, senza immaginare che anni dopo sarei diventato un collaboratore). Partecipai anche a vari premi letterari, ma senza mai vincere. Il digiuno fu rotto da questo racconto brevissimo, che, se non ricordo male, scrissi per un concorso indetto da La Repubblica per racconti scritti su una cartolina postale. Non si classificò neppure. Tuttavia tempo dopo lo inserii nel database della benemerita BBS letteraria Fabula. I curatori lo scelsero tra i racconti da inviare alla rubrica StoryWare a cura di Marco Calvo, e fu così che fu pubblicato sul numero di giugno 1996 di MC – Microcomputer. È tuttora leggibile online, sia nella biblioteca di Fabula, sia nella versione apparsa su StoryWare.
Schiaparelli Blues (1998)
Anche questo raccontino arrivò alla pubblicazione tramite Fabula, che però nel frattempo si era evoluta da bacheca elettronica a mailing-list su Internet, che all’epoca era ancora un fenomeno nuovo e misterioso. Qualcuno lanciò l’idea di scambiare racconti brevissimi via mail. Poi di metterli insieme e pubblicare un’antologia. La cosa prese davvero corpo quando Chiara Berlinzani, una ex-redattrice di Mondadori che all’epoca viveva in Bolivia (!), si offrì di curare l’antologia, scegliere i racconti e trovare un editore. A quel punto mi decisi anch’io a inviare il mio raccontino, una fantasia di ambientazione marziana, che fu accettato.
Chiara riuscì effettivamente a trovare un editore, Ellin Selae, che pubblico la nostra antologia. Non posso dire di ritenermi molto soddisfatto del risultato: ci appiccicò un titolo orrendo (50 racconti brevi brevi per la cura della noia, bah!), mise in copertina un’immagine che sembra scelta a caso, ma soprattutto ridistribuì a casaccio i disegni realizzati dall’ottima Marcella Chiovaro, che si era presa la briga di illustrare uno per uno tutti e 50 i racconti (qui sopra l’immagine realizzata per il mio racconto, rimasta esclusa dal volume). Insomma, non un’eccelsa cura editoriale. La cosa più buffa è che il libro fu presentato al Salone del Libro di Torino 1998, dove fu considerato sufficientemente insolito da meritare un dibattito in uno spazio ufficiale, intitolato “Internet: complice o antagonista del libro?”. Noi ci presentammo in una dozzina, tutti orgogliosi del nostro libretto creato grazie a Internet addirittura da un continente all’altro, per poi scoprire che l’editore sosteneva a spada tratta la tesi per cui la Rete è nemica del libro e della letteratura!
Nonostante queste disavventure, considero il libretto una piccola pietra miliare del mio percorso letterario, perché mi mise in contatto con molte figure del mondo editoriale. Fa un certo effetto vedere che tra gli autori ci sono anche scrittori di rilievo come Luigi Bernardi o Cinzia Zungolo. In quell’occasione incontrai anche un altro scrittore frequentatore di Fabula, Stefano Massaron. E l’universo letterario cominciò a sembrarmi meno irraggiungibile.
Poco tempo dopo l’amico Alois Pirone mi chiese un racconto per Uhura, la fanzine fantascientifica bilingue che pubblicava a Bolzano. Non essendo in grado di scrivere un racconto nuovo nei tempi previsti, gli proposi di ripubblicare Schiaparelli Blues, cosa che lui fece sul numero 3 della rivista. I contenuti di Uhura sono poi stati messi online, ed è lì che tuttora il racconto si può leggere.
Jacina (2000)
Ancora un racconto pubblicato grazie a Internet, ma questa volta la storia è più breve. Per pubblicizzare una sua chatline, Telecom Italia bandì un concorso per racconti sul tema “Chi c’è dietro lo schermo”, con in palio la pubblicazione. Partecipai, fui scelto, e il racconto fu effettivamente pubblicato in un libro intitolato Scroll Stories – racconti dalle chat, pubblicato da Addictions.
Il racconto in questione è la storia di una persona che si innamora di un’identità virtuale e non riesce ad accettare il fatto che si tratti di un personaggio inventato. Per molto tempo rimase l’unico racconto non fantastico che avessi pubblicato. All’epoca il tema dell’amore virtuale era una novità assoluta, oggi ha fatto in tempo a invecchiare e diventare obsoleto, però sono ancora affezionato a Jacina, l’unica occasione in cui sono uscito dai confini del genere, e penso anche di averlo fatto in modo non del tutto scontato.
Mi procurò anche la prima e tuttora unica citazione giornalistica in qualità di scrittore: Carlo Formenti recensì l’antologia nientemeno che sul Corriere della Sera, scrivendo che sfruttavo lo schermo “come scenario di proiezioni inconsce”.
Tempo dopo il collega Dario Meoli mi chiese di poter ripubblicare il racconto sulla sua webzine tecnologica ZeusNews, dove è ancora possibile leggerlo.
Tecnologia obsoleta (2001)
Uno dei racconti cui sono più affezionato. Ero entrato da poco più di un anno a far parte della redazione di Computer Idea. Si discuteva di fare un inserto distensivo per alleggerire un po’ il contenuto dei numeri estivi. Fu, se non erro, la collega Luisa Tatoni a dire: “Marco, tu che scrivi racconti di fantascienza, perché non ne scrivi uno per noi?” La proposta trovò consensi nella redazione, e io accettai, pur nutrendo tantissimi dubbi: sarei riuscito a inventare da zero un racconto con una scadenza di poche settimane, io che di solito impiego tempi biblici per scrivere? E soprattutto, sarei riuscito a produrre qualcosa che avrebbe soddisfatto i lettori della rivista, che vendeva allora quasi 200.000 copie ogni due settimane? Decisi di mettere da parte ogni idea complicata e di puntare soprattutto sull’umorismo. Alla fine riuscii ad arrivare in tempo, e la storia uscì, divisa in due puntate, col titolo cambiato in La sfera delle meraviglie. Non ricordo di avere ricevuto feedback dai lettori, ma ai miei colleghi piacque molto. Diversi amici mi dissero che era la cosa migliore che avevo scritto, cosa che da un lato mi fece piacere, ma dall’altro mi lasciò perplesso: possibile che scrivessi meglio quando lo facevo di fretta e col solo scopo di divertire, rispetto a quando avevo grandi progetti in mente?
Il racconto, comunque, doveva essere proprio uno dei miei migliori. L’anno dopo la pubblicazione, lo mandai alla prima edizione del premio FantaBassiano – Douglas Adams, dedicato alla fantascienza umoristica, e vinse il primo premio. 500 euro, che costituiscono tuttora la quasi totalità dei miei guadagni dovuti a racconti di fantascienza. L’antologia che avrebbe dovuto contenere i racconti finalisti non si fece mai, ma ebbi una soddisfazione ancora migliore: il mio racconto fu letto in pubblico da Stefano De Sando (doppiatore di Robert De Niro!), ed ebbi la gioia di sentire il pubblico sghignazzare nei momenti giusti. Cose che non hanno prezzo. 🙂
Esiste online un archivio di tutti i numeri di Computer Idea, ma purtroppo per qualche motivo nel numero 39 non è stato incluso l’inserto, e quindi non posso linkarvi la prima parte del racconto. La seconda, invece, è leggibile qui.
Il velo di Maya (2002)
Visto il buon risultato dell’anno precedente, anche per l’estate del 2002 Computer Idea mi chiese un racconto. Questa volta scrissi un giallo fantascientifico, con alcuni elementi umoristici, ispirato a un esperimento di cui avevo appreso leggendo Coscienza di Daniel Dennett. Provo dei sentimenti ambivalenti nei confronti del risultato. Da un lato, credo che questa volta la scadenza a breve termine mi abbia portato a pubblicare un racconto acerbo, che avrebbe avuto bisogno di essere sviluppato meglio. D’altra parte però il protagonista (un investigatore che risolve i casi assistito dal forno e dal frigorifero, con cui discute quando torna a casa) secondo me aveva delle grosse potenzialità, ed è da parecchio che rimugino sull’idea di ritirarlo fuori e dargli una nuova possibilità.
Anche in questo caso il racconto uscì in due puntate, oggi leggibili qui e qui.
Documentazione assente (2003)
Ancora una volta Computer Idea mi chiese un racconto per il suo inserto estivo. Questa volta però non riuscii a farmi venire idee nuove. Forse anche perché il mio entusiasmo per la rivista era un po’ scemato (l’anno dopo me ne sarei andato). Così, per disperazione, recuperai e riadattai un vecchio racconto che avevo scritto nel 1996 per partecipare, senza successo, a un concorso organizzato da Fabula e intitolato Il Tacchino Letterario. Il concorso era a incipit obbligato, io ne avevo scelto uno proposto da Giampaolo Spinato: “Niente da fare. No fame, no sete. Finito di contare.” Per qualche insondabile ragione, questa frase mi ispirò un racconto vagamente umoristico basato sui robot positronici di Asimov. A rileggerlo oggi, direi che non è poi così divertente. Ma, se volete controllare, trovate le due puntate qui e qui.
Su licenza (2003)
Numerosi giornalisti informatici sono anche appassionati di fantascienza. È il caso di Leo Sorge, che conobbi in occasione della consegna del premio Fantabassiano, e che mi fece sapere che Dev., la rivista di programmazione con cui collaborava, ospitava anche brevi racconti di fantascienza selezionati da lui. Ovviamente sfruttai l’occasione, e gli proposi questo raccontino sul tema del copyright digitale, che lui prontamente accettò e pubblicò sul numero 110. Del racconto oggi cambierei alcuni dettagli un po’ affrettati, ma sostanzialmente mi sembra ancora valido.
Leo fu così gentile da far ripubblicare il mio racconto non una, ma due volte. La prima fu anche l’occasione della mia finora unica traduzione all’estero: Su licenza fu incluso nel 2004 nella cinquina di racconti scelti da Leo per essere tradotti in francese e pubblicati sulla webzine NooSFere come esempio della produzione nostrana. È lì che è tuttora possibile leggerlo, in francese ma anche nel testo originale italiano (che trovate facendo scorrere la pagina in basso).
Nel 2005 Leo incluse il racconto anche all’interno del suo libro Senza fili sulla tecnologia wireless, pubblicato dall’editore Apogeo.
Ultime notizie (2004)
Ecco un altro mio racconto non fantascientifico, che nacque nell’ambito di un informale corso di scrittura tenuto dall’amico Stefano Massaron. Era più che altro una riunione di amici all’interno di un centro sociale, ma fu una formidabile occasione per pensare alla scrittura e imparare a scrivere in modo consapevole. Credo di avere fatto un enorme passo avanti grazie a lui.
Lo spunto venne da un altro amico, Mauro Lazzara, che propose un tema per un esercizio: un uomo apre il giornale e trova la propria foto in prima pagina. Il racconto che mi ispirò, di genere thriller, non mi sembrò male, e decisi di inviarlo al Premio Ombre Gialle 2004, dedicato al giallista Mario Casacci e organizzato nella cittadina di Pontedera. Non vinsi, ma mi guadagnai una segnalazione e un buono per acquistare libri (mi pare per un valore di 150 euro).
La segnalazione avrebbe dovuto comportare la pubblicazione in un’antologia. Purtroppo quell’anno ci fu un litigio tra gli organizzatori del premio, l’organizzazione fu affidata a un nuovo gruppo, ma quello vecchio si tenne i racconti, e così per quell’anno l’antologia non uscì (almeno questo è ciò che mi hanno raccontato… i dettagli non li so). Per questo motivo il racconto è ancora inedito. Ogni tanto ho voglia di rieditarlo e proporlo a qualcuno, ma finora non è mai successo (avevo anche perso il file, e avevo dato il racconto per scomparso fino al giorno in cui non ne ho trovato una copia cartacea in una vecchia cartella).
Il buono premio andava speso in una libreria di Pontedera, pertanto, insieme alla vincitrice e agli altri segnalati, dovetti cimentarmi in una frenesia di acquisti librari nei pochi minuti che rimanevano tra la fine della premiazione e la partenza dell’ultimo treno utile per tornare a Milano. Per puro caso, alla fine i libri che acquistai totalizzarono esattamente il valore del buono, senza neppure un centesimo in più. La faccia stupefatta della libraia quando fece i conti fu impagabile. 😀
Gli oscuri dei di Transpheerags (2004)
Questo è forse il racconto più bizzarro del mazzo. Nasce da un’idea dell’amica Selene Verri, che inizialmente voleva mettere insieme una giuria per eleggere il più brutto racconto di fantascienza italiano dell’anno. Io le dissi che una cosa del genere significava andare in cerca di letali e durature inimicizie, e probabilmente non fui l’unico, perché cambiò obiettivo, passando a quello di premiare il racconto più brutto tra quelli scritti appositamente per l’occasione. Una specie di premio letterario al contrario, insomma. Nella cosa fu coinvolto Vittorio Curtoni, che accettò di essere il giudice supremo. Per questo motivo il concorso venne battezzato “La sVICccata”.
Io partecipai. Mi fu molto utile la pluriennale esperienza come giurato del Premio Urania, in cui avevo incontrato vari esempi di scrittura veramente pessima. Cercai di imitare coscientemente lo stile di qualcuno che scrive in modo sciatto e scontato ma è convinto di essere molto avvincente e originale. Inserii apposta degli errori, per esempio scrivendo il nome del pianeta Transpheraags ogni volta in modo leggermente diverso. E, per assicurarmi che fosse veramente abominevole, lo scrissi tutto in una volta, in piena notte, e lo spedii senza neppure rileggerlo. 😀
Beh, vinsi il primo premio. Non so se dovrei vantarmene, ma Vittorio giudicò il mio racconto veramente brutto. Fui premiato con un trofeo creato da Annetta Soppelsa con uno scarto di fonderia, e con una copia di Chi camminava con gli astronauti?, che Vittorio definì “il più brutto romanzo che abbia mai tradotto”.
La mia vittoria ebbe una risonanza un po’ maggiore di quanto mi aspettassi: il Corriere della Fantascienza ci fece un titolone, “Marco Passarello è il peggior scrittore italiano“, che sul momento mi divertì, ma mi causò anche qualche imbarazzo, visto che per molti anni fu il primo risultato trovato da Google usando il mio nome come chiave, non proprio un ottimo biglietto da visita…
Vittorio, tra l’altro, scelse di pubblicare il racconto anche su Robot: uscì l’anno dopo, sul numero 43. La redazione stette al gioco e scrisse Transfeerags ogni volta in maniera diversa, anche in ogni testatina e nell’indice della rivista. 😀
Un po’ mi dispiace, però, che il mio unico racconto pubblicato su Robot sia stato questa cosa scritta per scherzo. Da anni mi dico che dovrei provare a rimediare…
Il vero Max (2004)
Questo racconto nacque da una sfida. Mi trovavo in macchina con amici e con Laura Serra, la bravissima traduttrice di tanti romanzi e racconti di fantascienza, inclusa la Guida galattica per gli autostoppisti. Visto che tutti scrivevamo, Laura ci propose di sfidarci a scrivere il miglior racconto su un tema prefissato. Lei avrebbe giudicato i risultati, e scelse anche il tema: i cloni.
Alla fine fui l’unico a portare a termine la sfida. Il racconto è uno dei più lunghi che abbia scritto, e credo sia anche uno dei più sentiti e personali. Credo che tuttora sia uno di quelli che rappresentano meglio il mio modo di scrivere.
Va detto che a Laura non piacque affatto: lo trovo banale e con un finale poco riuscito (quest’ultima critica la condivido, e penso che se mai lo ripubblicherò, riscriverò il finale).
Proprio quando avevo appena ultimato il racconto, la webzine Delos pubblicò un numero speciale dedicato alla genetica. Chiesi al direttore Silvio Sosio se gli poteva interessare il mio racconto, tematicamente pertinente con l’argomento, e lui accettò di pubblicarlo. Il vero Max è tuttora leggibile sulle sue pagine.
Può succedere di tutto (2005)
Può succedere di tutto, anche di essere pubblicati a propria insaputa una seconda volta. Anche questo racconto nacque durante il corso di scrittura con Stefano Massaron. Fu il mio primo tentativo di scrivere un racconto in cui lo stile fosse importante quanto il contenuto. A rileggerlo oggi non ne sono molto soddisfatto, ma all’epoca ne ero molto orgoglioso.
Lo proposi a Leonardo Pelo perché lo pubblicasse sulla rivista della sua casa editrice, Addictions. Rimasi alquanto sorpreso quando me lo rifiutò, dicendomi che era “troppo massaroniano”. 😀
A quel punto decisi di darlo all’amico Alois Pirone, sempre affamato di racconti per la sua fanzine Uhura. La fanzine tardò molto ad uscire, e alla fine mi dimenticai della cosa. Fu solo molto tempo dopo che scoprii che la fanzine non era mai uscita, e che il mio racconto era andato a finire nel primo (e unico) numero di una rivista chiamata M Magazine, a fianco di uno dell’amico Paolo “Crazy” Carnevale e di un altro di G. L. D’Andrea (cioè Luca D’Andrea, che anni dopo raggiungerà il successo come autore di thriller). La rivista era distribuita attraverso Lulu.com. Attualmente non è più reperibile. Se proprio ci tenete a leggerlo, però, attraverso Google Books è possibile visualizzarlo.
Missione diplomatica (2008)
Un racconto scritto per partecipare a un concorso organizzato dal RiLL, che chiedeva agli autori storie che avessero come protagonista il cuoco spaziale Rudy Turturro, creato da Massimo Mongai e protagonista della raccolta vincitrice del premio Urania Memorie di un cuoco d’astronave. Sono piuttosto contento del risultato: credo di essere riuscito a rimanere fedele all’atmosfera dell’originale e a scrivere una storia divertente. Il racconto fu poi inserito nell’antologia che raccoglie le storie migliori pervenute al concorso, intitolata Guida Galattica dei Gourmet ed edita da Robin. Singolari anche le circostanze in cui fu incluso: avendo spedito il racconto fuori tempo massimo, come è mio costume, fui radiato dal concorso, ma poi Mongai e Panicucci lo lessero comunque e mi chiesero di entrare ugualmente nell’antologia, come ospite. Son cose che fanno piacere. 🙂
Cielo blu (2012)
La casa editrice Delos Books chiedeva racconti di una singola pagina da includere nell’antologia 365 Racconti sulla Fine del Mondo, che, come è evidente, avrebbe incluso un racconto al giorno sul tema dell’Apocalisse, per un anno intero. Difficile resistere a questa sfida, e infatti nelle pagine dell’antologia ci sono quasi tutti gli amici che scrivono fantascienza. Per il mio tentativo feci la scelta più ovvia: l’ennesimo racconto con bizzarro finale a sorpresa alla Fredric Brown. Dopo averci pensato per qualche giorno, mi misi a scriverlo di getto, lo spedii, e fu accettato immediatamente. Tra il momento in cui mi sedetti a scriverlo e l’inclusione nell’antologia passò meno di un’ora, un record che difficilmente riuscirò mai a superare. 🙂 Come posizione ho scelto il giorno del mio compleanno.
La scacchiera (2013)
Di solito non prendo appunti per quanto riguarda la narrativa: le idee si limitano a girare per la testa e possono emergere anche dopo decenni. È il caso di questo racconto, che scrissi per la prima volta nel 1995.
Come ho raccontato sopra, parte del mio apprendistato letterario si svolse nell’ambito dei precursori di Internet, le bacheche elettroniche dette BBS. All’interno di Rendez-Vous BBS si sviluppò l’idea di usare questi primitivi mezzi telematici per creare una rivista cartacea, che si sarebbe chiamata SottoVoce. Il direttore era l’allora giovanissimo Gianluca Neri. Il progetto andò avanti fino alla stampa del primo numero, dopodiché ci accorgemmo che il nodo insuperabile era quello della distribuzione: nessuno volle distribuire nelle edicole la nostra fantastica testata, che morì ancora nella culla. Persi di vista Gianluca, che passò ad altro, fondò il primo portale web italiano e lo rivendette per un fantastiliardo.
Sul primo e unico numero di SottoVoce c’era anche un mio racconto fantastico intitolato La scacchiera. Era un racconto piuttosto ambizioso, ma non ero convinto di aver centrato pienamente l’obiettivo. Da allora periodicamente mi riproposi di riscriverlo. Mi vennero in mente varie chiavi di lettura: realistica, fantascientifica, metafisica, ma non mi decisi mai a riscriverlo sul serio. Finché un giorno ricevetti da Francesco Grasso la proposta di scrivere un racconto sul tema del gioco, per un’antologia che lui e Pierfrancesco Prosperi stavano mettendo insieme. Accettai e, dopo essermi inutilmente lambiccato per trovare un tema nuovo, decisi di resuscitare La scacchiera.
Quando scrivo con una scadenza, finisco per affidarmi ai personaggi e vedere dove mi portano senza pensarci troppo. Il risultato questa volta è stato, nelle parole di Francesco, “a metà strada tra Borges e Harry Potter”. Non sono sicuro che fosse un complimento, ma descrive molto bene il racconto. 🙂 Forse non è proprio quello che volevo ottenere, ma penso che si lasci leggere.
Come in altri casi, la cosa meno riuscita è il finale. Avrei voluto riscriverlo, ma ho rimandato la cosa per lasciare che il racconto si assestasse nella mia testa, poi l’antologia ha trovato un editore e non c’è stato più tempo.
L’antologia, intitolata Il gioco di vivere, è anche stata l’occasione per imbattermi nell’ennesimo caso di malaeditoria. A pubblicarla è stato l’editore Montecovello, con un contratto che escludeva l’invio di qualunque copia di spettanza agli autori. Quando il libro uscì ci si trovava nell’imminenza dei Delos Days. Decisi perciò di provare a organizzare una presentazione del libro nell’ambito della manifestazione. Perché la cosa avesse senso, però, era necessario che fossero disponibili copie del libro in vendita. Quindi contattai la casa editrice, chiedendo se era possibile fornire copie del libro al libraio della manifestazione (il solito Jarok) entro il giorno fissato. Montecovello mostrò scarsissimo interesse nella questione, fece trascorrere inutilmente una settimana, poi disse di non poter garantire l’invio delle copie in tempo utile.
A questo punto mi permisi di inviare una lettera un po’ risentita, dicendo che mi sarei aspettato una maggiore solerzia da parte loro. La casa editrice, invece che scusarsi o al limite ignorare la cosa, sconfinò nello psichiatrico, inviandomi e-mail minacciose, e prendendosela con il povero Jarok, affermando addirittura di averlo denunciato alla Polizia Postale, con l’accusa di avere falsamente sostenuto di avere inviato una mail richiedendo i libri (la mail era stata regolarmente inviata, e lui ne aveva copia). Ovviamente ci siamo fatti quattro risate immaginando quale poteva essere stata la reazione della Polizia se davvero era stata presentata una denuncia così lunare.
In ogni caso, ho ovviamente deciso di non avere più rapporti con questi editori da operetta, e quindi ho tolto dal blog i link al libro, che non intendo promuovere ulteriormente. Se nonostante questo lo voleste comprare, è comunque reperibile nelle principali librerie online, anche in formato ebook.
La versione originale del racconto, completamente diversa da quella poi pubblicata in volume, è leggibile sulla biblioteca di Fabula.
Punti di vista (2014)
E con questa siamo alla terza pubblicazione a mia insaputa! Qui la storia è semplice. Nel dicembre 2012 inviai un raccontino a Delos Books per le selezioni dell’antologia Il magazzino dei mondi. A differenza di quanto era avvenuto con Cielo blu, fu scartato dalla redazione (va detto che i posti liberi erano pochi, perché molti erano riservati agli abbonati della Writer’s Magazine). Successivamente però Delos Books pubblicò un secondo volume dell’antologia, e il mio raccontino fu ripescato. Nessuno mi avvertì e, visto che non leggo abitualmente i forum della Delos, scoprii della pubblicazione solo un paio di mesi dopo l’uscita.
Il raccontino, anche in questo caso di una sola cartella, è uno spunto che forse meriterebbe di essere espanso… ci penserò.
Il sondaggio (2015)
Un racconto con una storia un po’ travagliata. Da parecchio tempo cercavo di scrivere un racconto per una delle antologie curate da Gian Filippo Pizzo, ma sono pessimo a rispettare i tempi per questo genere di iniziative. Dopo essere rimasto tagliato fuori da vari progetti per eccessiva lentezza, mi impegnai ad arrivare in tempo per l’antologia Sinistre presenze, che doveva essere composta da racconti horror a sfondo politico. Io non avevo mai scritto un racconto horror in vita mia, ma mi piaceva l’idea di cimentarmi. Alla fine arrivai in tempo, e tuttora non sono capace di giudicare il risultato. Il racconto contiene una metafora politica, ma non sono sicuro che sia palese e stringente come avrei voluto. E quanto all’horror… mi pare che le persone che non frequentano il genere ne rimangano genuinamente spaventate, mentre gli appassionati storcano un po’ il naso. Comunque sia, dopo tanti sforzi il racconto fu escluso dall’antologia: non piacque all’altro curatore, Walter Catalano, che mise il veto. Cose che succedono, e non me ne stupii troppo: ero il primo a non essere del tutto convinto.
Questo avveniva nel 2012. Ma Gian Filippo mi disse che a lui il racconto non dispiaceva, e che se lo avessi revisionato un po’ sarebbe potuto entrare in una futura antologia curata solo da lui, e dedicata a storie crudeli. L’antologia è uscita nel maggio 2015 per l’editore Delmiglio di Verona, sia in edizione cartacea, sia in vari formati digitali, col titolo di La cattiva strada.
Comunione (2019)
Se avete letto quanto sopra, saprete che spesso i racconti scritti “per dovere” mi vengono meglio di quelli frutto di immediata ispirazione. Questo non fa eccezione. È stato scritto per la prima (e per ora anche unica) antologia di fantascienza che abbia mai curato, uscita con il lapalissiano titolo di Fanta-Scienza. Ne parlo più approfonditamente altrove, ma il succo è che si richiedeva a ogni autore di ispirarsi a una delle interviste da me precedentemente raccolte con ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia. Secondo la mia idea iniziale io mi sarei limitato a fare il curatore, e non avrei scritto racconti. Mi trovavo però di fronte al problema di assegnare a ogni autore la sua intervista. Come fare in modo che ognuno lavorasse a un tema che gli era congeniale. ma nel contempo evitare che più autori si contendessero la stessa intervista? La soluzione che trovai fu di chiedere a ogni autore di scegliere una terna di interviste, e poi io avrei scelto a quale delle tre avrebbe dovuto ispirarsi. In questo modo gli autori avrebbero scartato i temi che non sentivano come propri, ma avrei conservato una certa libertà di movimento nell’assegnazione. Funzionò abbastanza bene, con un solo problema: nessuno, proprio nessuno, inserì nella propria terna l’intervista con Guglielmo Lanzani dedicata alla tecnologia indossabile e commestibile. Me ne stupii: mi sembrava proprio un bello spunto. Mi dissi: se pensi che sia bello, perché non lo scrivi tu, visto che te ne manca uno? E così decisi di fare.
Avevo risolto il problema, ma me n’ero creato un altro più grosso. Ero convinto che scrivere il racconto sarebbe stato facile: era da tempo che meditavo di scrivere qualcosa su temi affini, per cui bastava impegnarsi un po’… Ma non era facile come pensavo. Iniziai il racconto per cinque volte. Cinque volte buttai giù un incipit che mi sembrava promettente, e cinque volte mi impantanai senza riuscire a proseguirlo. Non mi preoccupai troppo perché l’antologia era impantanata e non trovavo un editore, ma alla fine l’editore lo trovai, e mi ritrovai con un unico racconto ancora incompleto: il mio! Mi costrinsi a lavorarci in ogni momento libero, e alla fine trovai una soluzione: misi insieme tutti e cinque gli incipit, e cercai di inventare una trama che li collegasse tutti tra loro. Era un metodo di lavoro completamente diverso da quello che seguo di solito: normalmente procedo in modo lineare, con un percorso fisso di cose che devono succedere che mi fa da guida, stavolta la trama si sviluppava da una serie di punti, senza sapere bene quale fosse l’ordine degli eventi e in che rapporto fossero tra loro. Alla fine uno degli incipit è stato espulso dalla storia, e gli altri quattro hanno generato una trama molto più contorta e imprevedibile delle mie solite, con tanti elementi diversi messi insieme. Non so se ne sono totalmente soddisfatto, il finale aperto mi lascia ancora dei dubbi, credo che avrei voluto riuscire a chiuderlo (anche se ad alcuni è piaciuto così), ma alla fine credo che sia all’altezza degli altri racconti dell’antologia. A Lanzani che lo ha ispirato è piaciuto molto, e questa è una bella soddisfazione.
Io e i riparatori bolzanini – Storia di orrore e meraviglia (2021)
Questo racconto nasce dal mio essere tornato a vivere a Bolzano, dopo una parentesi milanese durata trent’anni. La città dove sono cresciuto (ma non nato, per inciso) ha tante qualità, ma anche alcuni difetti che tendono a far spazientire chi è abituato all’efficientismo milanese. In particolare, le volte in cui ho avuto bisogno di piccole riparazioni di oggetti domestici mi sono trovato in alcune situazioni tragicomiche di inefficienza. Per sfogarmi, le ho raccontate sulla mia bacheca Facebook, ottenendo qualche decina di like e gran risate da parte di amici e commentatori.
La cosa doveva finire lì, senonché poco tempo dopo l’Associazione Scrittori Bolzano ha chiesto ai soci di inviare racconti con storie ambientate in città per comporre un’antologia. Io mi ero iscritto da poco e volevo partecipare, mi sono messo a esplorare varie idee che non hanno portato a nulla e poi, quando la scadenza era imminente, mi sono detto: ma il racconto ce l’ho già pronto su Facebook!
Mi sono limitato a copincollare, fare qualche insignificante limatura, offuscare nomi e indirizzi per rendere irriconoscibili i riparatori citati, e voilà, pronto! Il curatore Italo Ghirigato lo ha ha accettato senza problemi. E così ho pubblicato il mio primo racconto scritto sul web (cosa che avevo sempre escluso di poter fare) e anche il mio primo racconto totalmente autobiografico. L’antologia, intitolata Storie nascoste a Bolzano, è stata pubblicata dall’editore bolzanino AlphaBeta.
Money Talks! (2021)
Un altro racconto che ha avuto una lunga gestazione, visto che ho cominciato a pensarci nel 2012, quando Gian Filippo Pizzo mi fece avere il bando per l’antologia di fantaeconomia che stava assemblando insieme a Vittorio Catani (e che uscì nel 2015 come Il prezzo del futuro). Come sempre mi accadeva in quel periodo, non riuscii assolutamente a concretizzare in un racconto in tempo utile le idee che mi frullavano per la testa, e che giravano intorno al concetto che l’intelligenza artificiale potesse diventare in qualche modo una valuta, e che di conseguenza il denaro diventasse senziente.
Molto tempo dopo Pizzo (che gentilmente ha continuato a inviarmi i suoi bandi nonostante le mie inadempienze) mi fece sapere che stava assemblando un’altra antologia di fantascienza, questa volta basata sul concetto di “personalità virtuale”. Mi venne in mente che l’idea del denaro senziente poteva perfettamente rientrare anche in questo secondo tema, e mi misi all’opera. Fortunatamente col tempo sono un po’ migliorato come capacità di portare a termine i miei progetti. Non voglio dire di aver rispettato i tempi, no. Anzi, confesso che, se il povero Gian Filippo non avesse avuto dei problemi di salute che lo hanno costretto a rimandare di qualche mese la chiusura del progetto, sarei rimasto fuori anche questa volta. Ma così non è stato, e a spese del malcapitato curatore sono riuscito a terminare prima che l’antologia venisse stampata. Ovviamente non con mia piena soddisfazione: se avessi potuto lavorarci ancora credo che il finale sarebbe stato diverso (ma anche più lungo, e probabilmente il racconto avrebbe ecceduto le dimensioni massime consentite).
Ero un po’ timoroso del risultato, visto che è un racconto di tipo inedito per me, che condisce con un’ironia paradossale una storia che complessivamente risulta però drammatica. Ma le reazioni dei miei lettori abituali mi hanno lasciato tranquillo: a sentir loro, ne è venuta fuori una delle mie storie più avvincenti.
L’antologia, intitolata Metamorfosi della mente, è stata pubblicata dall’editore Tabula Fati.
Ouija (2022)
Tre anni dopo Fanta-Scienza ho fatto il bis con Fanta-Scienza 2, e questa volta non ho avuto dubbi sull’opportunità di partecipare con un mio racconto. A questo giro la distribuzione degli spunti si è rivelata meno problematica, e ho potuto assicurarmi quello che mi era più congeniale, ovvero l’intervista con Luca Berdondini sulle interfacce tra mente e cervello. Si è ripetuto peraltro il problema incontrato con Comunione: l’intervista mi ha fatto venire in mente tantissime idee, ma il problema era metterle insieme in una trama coerente e non eccessivamente lunga. Il racconto risultante eccede di pochissimo i limiti che mi ero posto ed è il più lungo della raccolta, ma utilizza due sole linee narrative, ha un finale chiuso e mi pare coerente, il che significa che forse sto acquisendo un po’ di mestiere. Una delle idee di cui aveva parlato Berdondini era l’uso delle sue interfacce per comunicare con gli animali. Per ispirarmi sul tema ho deciso di leggere il saggio Al di là delle parole di Carl Safina, e la sua lettura mi ha talmente colpito che gli elefanti sono diventati un tema preponderante del racconto. Comunque sia, anche se dopo la chiusura dell’antologia avrei fatto tantissime piccole modifiche, sostanzialmente il risultato mi piace e mi sembra solido. Berdondini lo ha apprezzato, e non mi dispiacerebbe un giorno ampliarlo o dargli un seguito. Un ringraziamento particolare va all’amica Irida Dushku che, dopo aver letto la bozza, mi ha suggerito di invertire gli ultimi due capitoli. Inizialmente ero un po’ restio, perché così si sarebbe persa la regolare alternanza tra i due piani temporali. Ma, dopo averci pensato, mi sono reso conto che aveva ragione: quello che era il penultimo capitolo era in realtà un finale perfetto. E così è nella versione finale.
Che bello leggere tutte le storie delle tue storie. Ancora più divertente aver avuto l’anteprima in viva voce dell’ultima, senza contare quella che condividiamo.