1945: la guerra in Europa è finita, e Churchill, Roosevelt e Stalin si riuniscono alla conferenza di Potsdam per discutere del domani, in una Berlino totalmente in macerie e abitata solo da truppe di occupazione e gente disperata. Un giornalista americano che aveva lavorato a Berlino vi ritorna come corrispondente militare, con l’idea di ritrovare la sua amante di un tempo. Ci riuscirà, ma al prezzo di trovarsi coinvolto in un sordido intrigo in cui gli americani cercano di coprire le responsabilità degli scienziati nazisti pur di assicurarsi i loro servigi, e gli resterà l’amaro in bocca.
Cinefilo fino al midollo, Steven Soderbergh si cimenta con perizia maniacale nel tentativo di fare un film che sembri girato esattamente all’epoca degli eventi che narra, arrivando addirittura a bandire dal set tutte le tecnologie posteriori. E bisogna dire che ci riesce: curando ogni dettaglio, dal ritmo del montaggio allo stile dei titoli, dà spesso veramente l’impressione di guardare una pellicola coeva di Il terzo uomo, se non fosse per una trama ben più esplicita di quanto un film dell’epoca poteva permettersi. Grazie all’uso di filmati di repertorio, riesce a ricostruire tangibilmente la totale desolazione della Berlino dell’epoca.
La sceneggiatura di Paul Attanasio è solida e avvincente, e i tre interpreti (George Clooney, Kate Blanchett, e soprattutto Tobey Maguire) credibili e convincenti. E ilfilm si segue proprio come quei vecchi filmoni di una volta, con in più una morale amara aggiornata al tempo presente, dove si legge che la guerra è la tomba di ogni ideale dichiarato. Certo, come purtroppo quasi sempre accade, Soderbergh è troppo assorbito dalla sua passione cinefila per rendersi conto che tanta perfezione formale va a volte a scapito della tensione, e che soprattutto nel secondo tempo un po’ di interesse va perduto nei meandri della trama. Insomma, un buon film, ma non quel capolavoro che le possibilità del cast avrebbero lasciato sperare.