La cosa che impressiona favorevolmente in questo libro è la ricerca stilistica, che è indubbiamente notevole. I modelli sono elevati (si comincia citando Tolstoj, tanto per mettere le cose in chiaro), e c’è un apprezzabile tentativo di creare una scrittura allo stesso tempo densa e rapida. Purtroppo, proprio perché i mezzi dell’autrice appaiono ben sviluppati, a maggior ragione si rimane rapidamente delusi scoprendo che la storia gialla che viene raccontata ha pochissimi rapporti con la realtà, la logica e il buon senso.
La stessa autrice sente il bisogno di giustificarsi con una nota finale in cui dichiara che la "trasposizione surreale di personaggi e procedure" è "frutto della necessità di raccontare questa storia". Ma è una giustificazione che non regge. Il surreale, per esistere, ha bisogno di una realtà solida da cui potersi distaccare. La realtà costruita dalla Bucciarelli, invece, scricchiola e traballa a ogni pagina. La sola cosa che "tiene" bene è la descrizione di quella società "fighetta" e snob che ruota intorno al mondo dell’arte milanese, che è molto convincente è che probabilmente è l’unico argomento che preme davvero all’autrice. Il resto è pura invenzione. Per fare qualche esempio, le indagini vengono gestite da una poliziotta che ha un grado da sottufficiale di basso rango (ispettore capo), ma invece si sposta in elicottero destando timore reverenziale negli inferiori. Come collaboratori non usa poliziotti, ma quattro civili amici suoi, una copywriter, un pittore, un fotografo e un direttore d’orchestra, che si occupano di tutto, compresi interrogatori e pedinamenti (e, a parte l’assoluta illegalità e irrealtà di tutto questo, non si capisce come possano svolgere i loro lavori ufficiali se sono impegnati giorno e notte a indagare gratis). Se fosse solo questo, lo si potrebbe ancora tollerare, di investigatori bizzarri ce ne sono molti nella storia del giallo. Il problema è che tutto il resto è altrettanto incongruo, persino le reazioni emotive delle persone sono spesso incomprensibili o fuori misura, e i loro atti a volte totalmente privi di una motivazione logica.
Concludendo: va bene lo stile, ma anche in Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, che è il modello di stile per eccellenza, la storia gialla c’è e le motivazioni dei personaggi sono reali e tangibili. In Dalla parte del torto, invece, tutto sembra messo lì unicamente per permettere all’autrice di fare sfoggio di arguzia e dipanare le sue teorie sull’universo. Mi spiace, ma non funziona proprio.
In due parole: una schifezza.
Sicuramente a me non è piaciuto. Però immagino abbia un suo pubblico. Su IBS ci sono solo elogi sperticati, per esempio.
Ne avevamo accennato anche quando l’ho recensito io. E’ uno di quei libri che con la flebile scusa del giallo racconta qualcosa di altro. Estrapolando le riflessioni dell’autrice , viene fuori un mini-saggio sulla Milano di inizio millennio. Ma non bastano i morti a fare un giallo. Credo che il pubblico “generico” attuale sia meno sensibile al rispetto degli stilemi dei generi.
Io sempre più spesso ho l’impressione che il pubblico attuale sia insensibile non tanto agli stilemi dei generi, quanto alla logica. Sempre più spesso mi capita di vedere personaggi che agiscono in modo da “far succedere” delle cose, ma del tutto in contrasto con le loro supposte motivazioni, o sempicemente con il buon senso. Per esempio, in questo libro una delle vittime del killer sopravvive all’aggressione, e i poliziotti mantengono il segreto e la fanno passare per morta. Ora, a parte il fatto che sarebbe illegale e che non si è mai vista una cosa del genere, per lo meno in Italia, io mi chiedo PERCHE’ la Polizia dovrebbe fare una cosa del genere? A quale scopo? Non ha senso, è solo una cosa che l’autrice fa succedere perché vuole destare reazioni emotive nei suoi personaggi, ma non ha alcuna motivazione.
Il giro in elicottero è uno dei momenti più irreali della storia del giallo. Neanche fosse un questore!
La diffusione di false notizie è una trovata già vista, usata il più delle volte per stanare l’assassino. In senso contrario il più delle volte. Quando per esempio si da per ancora vivo un testimone chiave, e poi nel letto di ospedale c’è il poliziotto in attesa. Ma ormai saprebbe troppo di serie B. Avrà cercato una variante “creativa”.
In generale l’uso di “notizie decisamente esagerate su presunte morti” è un classico, da Mark Twain in poi. E’ il come le cose vengono raccontate che fa la differenza. Se le falle logiche saltano troppo all’evidenza forse è segno che la scrittura non è stata in grado di distrarti abbastanza.
Beh, a parte che non credo che si possa far passare per morta una persona viva (sai quante denunce ti prenderesti?), e a parte il fatto che la decisione non la prende il capo della polizia ma un poliziotto qualsiasi all’insaputa anche della protagonista, il punto è: perché mai si dovrebbe nascondere il fatto che la vittima è sopravvissuta? Potrebbe avere senso il contrario (la vittima è morta, ma si fa sapere che è viva, ha visto l’assassino e sta per essere interrogata, per costringere il colpevole a scoprirsi), ma non si capisce quale risultato si vuole ottenere con una mossa del genere (e infatti nel romanzo non se ne ottiene alcuno).
Io posso anche sospendere l’incredulità: se vedo Bruce Willis che, perinseguire l’assassino, salta dalla finestra del quarto piano, si rialza e continua a correre come se niente fosse, ci posso passare sopra. Ma se, dopo essere saltato dal quarto piano, Bruce Willis si rialza e va a farsi un caffé, mi dico: questo non ha senso. Posso sopportare che i personaggi vivano in un mondo in cui ci sonomeno impedimenti rispetto a quello reale; però per immedesimarmi in loro devono avere comportamenti sensati e reazioni credibili.
Non ho letto il libro ma capisco perfettamente le perplessità.
E’ un malcostume abbastanza ricorrente, quello di estrarre da un testo quanto c’è di interessante (in questo caso la descrizione di un particolare ecosistema umano) e tacere quanto c’è di dozzinale, pur di poterne parlar bene.
Da lettore interessato, spero che tu continui a mantenere questo standing “esigente-intransigente”.
Io sono perplesso davanti agli entusiastici commenti che leggo su IBS… O quelli negativi li cassano visto che alla fin fine IBS i libri li deve vendere?
Non saprei, io su IBS non ho mai commentato. Però commenti negativi ne ho visti. E credo che se censurassero sistematicamente lo si saprebbe.
Del resto, loro i libri non li ordinano in anticipo, credo, quindi dubito che gli possa convenire vendere un libro invece di un altro.
Allora siamo due marziani (un omino verde e un omone anch’esso verde) e non lo sappiamo… 🙂