Film: La leggenda di Beowulf

BeowulfIl re danese Hrotgar ha fatto costruire una fastosa sala in cui festeggiare le proprie vittorie tra canti e idromele. Ma il suono delle celebrazioni disturba il mostro Grendel, che irrompe nella sala e fa strage dei presenti. Hrotgar offre colossali ricchezze a chi ucciderà il mostro. Ad accettare l’incarico è un gruppo di guerrieri geati guidati da Beowulf. Il mostro sarà sconfitto, ma il condottiero scoprirà che il legame di Grendel con gli umani e ben più sottile e subdolo di quanto immagini.
Il film è interamente realizzato in grafica computerizzata, animata col metodo del motion capture, cioè basandosi sul movimento di attori veri, così come fu fatto per il personaggio di Gollum nella trilogia del Signore degli Anelli. Il risultato è altalenante: se nei primi piani tutto funziona alla perfezione, nelle scene di massa i movimenti e le espressioni a volte perdono di credibilità, e si resta con la sensazione di guardare l’introduzione di un videogioco. Comunque sia, si può dire che Zemeckis ha essenzialmente centrato il bersaglio, dando corpo a un mondo sanguigno e terribile,  che non ha nulla dell’edulcorazione tipica del cartone animato, e in cui l’esagerazione eroica non sminuisce ma esalta l’orrore.
Il maggior plauso, però, va alla sceneggiatura di due mostri sacri come Neil Gaiman e Roger Avary. I quali in primo luogo hanno realizzato una storia che non si perde in introduzioni e lungaggini ma va dritta al punto senza cadute di tensione. Ma soprattutto, hanno conservato tutta la forza primitiva del mito originario con le sue esibizioni di forza e coraggio, ma hanno nel contempo introdotto cambiamenti che non solo rendono più coerente e unitaria la storia narrata nel poema anglosassone, ma che svuotano dall’interno la figura dell’eroe, rendendola modernissima. Beowulf è sì un coraggioso che affronta Grendel a mani nude, ma è anche un propagandista che costruisce consapevolmente il proprio mito. Soprattutto, è un uomo fallibile, costretto a convivere con il peso dei propri errori nascosti. Il film abbandona così la linearità del mito originario per proporci un ciclo di ascesa e caduta che ricorda miti molto posteriori. Da questo punto di vista è molto debitore dell’immortale Excalibur di John Boorman.
In conclusione, il film è divertente e appassionante e godibile sia da chi va al cinema per vedere draghi e troll fatti a brani, sia da chi apprezza la decostruzione del mito.

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