Ispirato alla vera storia del padre del regista, Ba’aria (dialettale per Bagheria) racconta la storia di Peppino che, nato in un umilissima famiglia siciliana, riuscirà a trovare l’amore, a costruirsi una famiglia e arriverà a candidarsi al Parlamento con il Partito Comunista, alternando trionfi ad amarezze e delusioni.
Spiace parlar male di un film come Baarìa, perché la sua qualità produttiva è talmente elevata che non sembra neppure un film italiano. La qualità della ricostruzione storica della Sicilia è semplicemente eccelsa, e gli attori vanno tutti da bravo a bravissimo anche nelle più piccole parti (beh, va bene, la Bellucci si limita a farsivedere seminuda e avvinghiata a un muratore; ma che pretendiamo di meglio? )..
Al di là di questo, però, si stenta a trovare un senso al film. Tornatore procede affastellando episodi su episodi, spesso azzeccando gag divertenti che alleggeriscono la lunghissima durata del film (quasi tre ore), ma che spesso ricadono nell’oleografico, nel macchiettistico o nel semplicistico, e ai quali manca comunque uuna direzione generale che porti il film da qualche parte. Accompagnato da una colonna sonora incessante e roboante di Morricone, Ba’aria spesso perde completamente il senso della misura, con insistite autocitazioni e pesanti metafore e simbologie che nulla aggiungono all’insieme. Peccato.