Buongiorno Milano, buongiorno Italia


Non credo sia necessario che vi dica quanto sono contento della vittoria di Giuliano Pisapia a Milano. Soprattutto perché si tratta di un sentimento largamente condiviso. Per esempio da tutte le persone che si sono riversate in piazza Duomo ieri a Milano (“Sembravamo un Paese uscito da una dittatura”, ha detto un’amica, e con ragione: perché è paragonabile il peso con cui tutti questi anni di berlusconismo hanno gravato sulle coscienze di chi non si rassegna a vedere compressi i princìpi di legalita e democrazia). O tutti quelli (tantissimi!) che, mentre volantinavo in corso Buenos Aires, mi hanno detto “non voto a Milano, purtroppo, perché vorrei votare per Pisapia!”. O gli amici che nei giorni scorsi mi hanno tempestato di SMS da tutta Italia per esprimere partecipazione e poi per congratularsi.
Credo che il risultato del voto a Milano esprima due cose, molto importanti.
È stato sconfitto un modo disgustoso di fare politica, quello che considera l’elettore come un personaggio in preda soltanto di istinti bassi ed elementari, da vellicare senza ritegno. Nulla ci è stato risparmiato: accuse notoriamente false sbandierate all’ultimo istante per rendere impossibile la replica; clamorosi dietrofront su quelli che fino a ieri erano considerati fiori all’occhiello del proprio programma (l’Ecopass), e appelli al razzismo più bieco e senza attenuanti (l’ultimo giorno di campagna elettorale ho ricevuto una lettera firmata Letizia Moratti, che diceva testualmente: “Assurdo sarebbe consegnare Milano a chi vuol dare le case ai rom”; frasi che in ogni altro Paese europeo sarebbero monopolio di frange estremiste, da noi fanno parte del lessico abituale di una candidata che ama definirsi moderata). Si è visto, finalmente, che di fronte a un candidato credibile questi metodi non funzionano più.
Ma, soprattutto, è emerso un nuovo modo di fare politica, che vede finalmente la sinistra vincente. Pisapia ha vinto per tanti motivi. Ha vinto perché è stato scelto alle primarie, e non imposto da accordi politici presi in alto. Ha vinto perché è stato sostenuto lealmente e con convinzione da tutta la sua coalizione, inclusi i candidati che ha sconfitto alle primarie. Ha vinto, soprattutto, perché ha parlato di cose concrete che riguardano tutti i milanesi, ma non è arretrato di un millimetro sulle questioni di principio. Fino a pochi mesi fa, affermare che i milanesi musulmani hanno diritto a una moschea, perché in Italia c’è libertà di culto, sarebbe stato considerato un suicidio politico. Pisapia l’ha fatto, e ha vinto con larghissimo margine. E così ha dimostrato che in Italia esiste un elettorato maturo che è in grado di scegliere il migliore dei candidati, al di là delle barriere dell’appartenenza politica.
La sinistra negli ultimi anni ha preso tante batoste proprio perché si è lasciata ipnotizzare dalla vittoria di Berlusconi, e ha creduto alla favola per cui gli italiani sarebbero in maggioranza di centrodestra, e perciò l’unico modo per vincere le elezioni è quello di presentare un candidato di centrodestra. Quando Giuliano Pisapia ha vinto le primarie, diversi esponenti del PD milanese hanno mormorato: “Con un candidato che viene da SEL non vinceremo mai”. Addirittura qualcuno ha pronosticato pubblicamente che sarebbe arrivato terzo al primo turno. Erano completamente in torto, e ora spero che se ne rendano conto. Pisapia ha dimostrato che un candidato che presenta un buon programma senza rinunciare alle sue radici di sinistra prende anche il voto dei moderati, se è bravo. Io spero che la sinistra se ne renda conto anche a livello nazionale. E che non stia ad ascoltare i tromboni centristi a oltranza come Cacciari (il quale continua a sostenere che sarebbe stato meglio che la sinistra candidasse Albertini, il sindaco berlusconiano di 5 anni fa; una puttanata indegna di un uomo che ha fama di grande intelligenza; forse bisognerebbe spiegare al filosofo che, a differenza che nel suo campo di studi d’elezione, gli angeli, in politica bisogna attenersi al principio di realtà).
Purtroppo le dichiarazioni dei vari D’Alema, Letta e Bersani non lasciano ben sperare. Ma io credo che la forza degli elettori ormai sia superiore a quella dei dirigenti. Gli elettori di sinistra oggi si sono resi conto che possono vincere, se hanno dei candidati espressi da loro stessi e non da alchimie politiche. E, se i loro dirigenti non glieli faranno trovare, ne troveranno altri. Speriamo che la lezione di De Magistris a Napoli abbia insegnato qualcosa.

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7 pensieri riguardo “Buongiorno Milano, buongiorno Italia”

  1. Sono molto soddisfatto della vittoria di Pisapia. Ammetto che avrei votato per qualsiasi candidato alternativo a Letizia Moratti (che non so perché non abbia elencato fra i suoi progetti realizzati con successo quello di avere mantenuto, grazie all’Ecopass, il livello di inquinamento a Milano al triplo del limite ammesso dall’Unione Europea). E devo dire che, collaborando ad alcune manifestazioni per il 150° anniversario, avevo avuto la fastidiosa sensazione che la vittoria della destra fosse già data per scontata, al punto da cominciare le spartizioni post-elettorali ben prima che ci si avvicinasse alle urne.
    Ma in questo caso, nelle persone che si sono candidate dalla parte di colui che ora è il nuovo sindaco di Milano, ho avvertito una partecipazione intensa che mi lascia sperare che siamo davvero di fronte a una persona diversa. E ho visto finora nell’uomo una classe, una serietà e una dignità che mi auguro di vedere confermate giorno per giorno a Palazzo Marino. Non affronto la politica con tifo calcistico (del resto non affronto neppure il calcio con tifo calcistico) ma come problema etico. Confido che dopo molti decenni in mano al partito trasversale delle tangenti (non a caso i socialisti post-craxiani ora sono nel PDL) Milano abbia finalmente trovato qualcuno che la riporti al senso del dovere, della responsabilità e dell’integrazione – non dei guadagni parassitari, del successo facile a ogni costo e delle parole vuote – tipico di una tradizione che temevo ormai estinta in questa città.

  2. Sì e no, Marco.
    Mi concentro sui no, ché dirti solo bel post non c’è gusto, giassai.
    La mia critica riguarda essenzialmente alcune tue valutazioni sulla sinistra.
    Sono perfettamente d’accordo che il PD non si debba spostare al centro, e che invece si debba saldare l’identità di sinistra. Non sono d’accordo quando ti riferisci alle “dichiarazioni dei vari D’Alema, Letta e Bersani”. In particolare, Bersani non mi sembra che abbia dichiarato l’opportunità di allearsi al centro (come invece hanno fatto Letta e D’Alema). Ha detto più o meno “se il centro non viene appresso a noi, lo faranno i loro elettori”. La differenza è grossa.
    E il segretario è Bersani (eletto tramite primarie peraltro), e la linea del partito è la sua. Non quella di Letta, D’Alema, Veltroni, Renzi etc. le cui dichiarazioni infatti troppo spesso sono ghiotta pastura per Sallusti e amichetti vari.
    Stessa cosa per quanto riguarda il PD milanese. Non dubito che all’indomani delle primarie ci siano stati mugugni da parte di qualcuno. Non da parte di Boeri, però, né di molti altri, e la linea di condotta generale è stata ineccepibile.
    Quello che intendo è che il PD è un partito grosso, c’è dentro un sacco di gente, e cercare quello che dice la cazzata è un giochetto facile (infatti riesce sempre) ma utile solo alle varie destre.
    E concludo dicendo che andare verso sinistra è sacrosanto, ma non è l’unico metro di giudizio. Le persone valgono. Le primarie valgono. Se le primarie le vince Pisapia, viva Pisapia. Se le vince Fassino, viva Fassino. E se un giorno le vince un ex-margherita, viva pure lui. Altrimenti siamo dei cazzari pure noi come quelli della destra.

  3. D’accordissimo sul post di Marco e in parte anche col distinguo di Mario. Il punto, a mio avviso, non è tanto andare a sinistra o andare al centro; il punto è lasciarsi alle spalle la politica dei giochi di palazzo (leggasi: D’Alema, togliti di torno) e abbracciare con convinzione e dedizione la politica delle primarie, di quello che chiede la gente. Al momento questo implicitamente vuol dire andare a sinistra, perché Casini e soci non si alleeranno mai su queste basi. Ma sta a loro decidere se mettersi in gioco o no.

  4. Bene, se ho travisato le dichiarazioni di Bersani non posso che rallegrarmene. Sono convinto anch’io che il PD, essendo un grande partito, debba parlare a tutti e non solo a una fetta dell’elettorato. ci devono però essere alcuni prìncipi che non si toccano. Sulla libertà di culto, per esempio, Pisapia è stato chiarissimo. Io vorrei un PD che fosse altrettanto chiaro sul fine vita e sui diritti degli omosessuali, per esempio. Solo dopo aver messo in chiaro certe cose, io posso anche accettare che si dia credito a eventuali aperture di Casini (ma ci sarebbero? Io ne dubito fortemente).
    Per il resto, concordo che la linea del PD milanese è stata ineccepibile. La cosa mi ha sorpreso, dati i mugugni di cui ero stato testimone, ma me ne rallegro profondamente. Spero però che i mugugni non riprendano proprio ora.
    E sono d’accordo, le primarie vanno rispettate in ogni caso. A me Renzi non piace, ma se fossi stato a Firenze avrei fatto campagna per lui. Speriamo solo che, ora che anche la destra le vuole fare (e li voglio vedere, a candidare veline e igieniste dentali alle primarie, o a eleggere qualcuno contro il volere di Berlusconi), spariscano definitivamente quelli che dicevano che le primarie vanno fatte, ma anche no.

  5. Beh avete già detto tutto. 😀
    In effetti i complimenti alla base, che più realista del Re si è schierata compatta con Pisapia dopo aver intascato la sconfitta delle primarie ci stanno tutti. Forse l’accettazione dal basso del principio delle primarie ha dato l’esempio, una volta tanto.
    Le scomposte reazioni dei demagoghi di governo e opposizione mi fa pensare che la via più pulita sia questa. Sta franando sotto i piedi il terreno sia al berlusconismo che ai suoi oppositori senza costrutto, che preferirebbero che resti in piedi pur di giustificare la loro esistenza. C’è una via diversa per fare opposizione, che passa per la sconfitta elettorale chiara e netta, senza demonizzazioni inconcludenti, ma con i programmi e le idee.
    Ora viene il difficile. Al lavoro!

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