Ruggine

Torino, anni Settanta. In un quartiere operaio popolato da immigrati meridionali, i bambini hanno occupato un deposito di rottami abbandonato, e ci vivono i loro giochi e i loro riti, separati dagli adulti. Di fronte al pedofilo assassino che si nasconde dietro la maschera rispettabile di un pediatra, scopriranno che devono cavarsela da soli.

Mi è piuttosto difficile scrivere u na recensione equilibrata di Ruggine, in quanto è un film tratto dal romanzo di un amico (Stefano Massaron), e tramite lui ho in qualche modo “vissuto” tutte le fasi della sua preparazione, fino a guardarlo insieme il giorno della prima milanese. Il che mi ha ovviamente caricato di un’aspettativa del tutto speciale.
Per la verità temevo che un film tratto da Ruggine avrebbe calcato la mano sul lato thriller e morboso del romanzo, glissando sugli aspetti più introspettivi . Daniele Gaglianone, invece, ha fatto tutto il contrario, riducendo al minimo le parti di azione, procedendo per ellissi nelle scene più sanguinarie, e dedicandosi quasi interamente alla crescita interiore dei personaggi.
Quello che mi ha colpito di più di Ruggine è l’aspetto visivo. A partire dal lungo piano sequenza che verso l’inizio ci fa conoscere il quartiere e tutti i ragazzini che lo abitano, fino all’ultima scena in cui i tre protagonisti, ormai adulti, siedono in un jumbo tram le cui contorsioni sembrano nascondelri l’uno agli altri, come la vita che li ha separati, Gaglianone si dimnostra un regista capace e inventivo, in grado di caricare emotivamente le proprie scene prima ancora che i personaggi aprano bocca. Mi ha fatto pensare a uno dei miei film preferiti in assoluto (tra l’altro tematicamente molto simile): Riflessi sulla Pelle di Philip Ridley.
Aggiungo che la ricostruzione storica è di prim’ordine fin nei minimi dettagli,tanto che guardando il film mi sono scoperto a ricordare dettagli della mia infanzia che avevo dimenticato.
L’interpretazione di Filippo Timi è stata criticata da molti come troppo caricata, ma io ritengo che fosse invece quello che ci voleva: il film è visto con lo sguardo dei bambini, e Timi è come deve essere un orco: eccessivo, teatrale e sfrenato. I bambini stessi, poi, sono perfetti e assolutamente “veri”.
Con tutti questi pregi, va detto che Ruggine non è perfettamente riuscito: per quanto io apprezzi i film che si affidano molto alle immagini, credo che questo possa risultare a volte poco comprensibile nei suoi dettagli da chi non ha letto il libro. Inoltre le parti ambientate nel presente si dilungano inutilmente anche dopo aver trasmesso il loro messaggio. Insomma, credo che un ritmo un po’ più sostenuto gli avrebbe giovato. Nondimeno mi ha lasciato un’impressione molto positiva, e credo che meriti una visione.

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