La mia prima cache!

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Da qualche tempo a questa parte mi sto interessando al geocaching. Si tratta di una simpaticissima e moderna variante della caccia al tesoro. il succo è questo: qualcuno si reca in un luogo qualsiasi, ma possibilmente di qualche interesse storico o paesaggistico, e ci nasconde una cache, cioè un contenitore segreto contenente un piccolo registro cartaceo e qualche oggettino che costituisce il "tesoro". Poi pubblica sul sito web ufficiale del gioco le coordinate geografiche esatte del nascondiglio, e una descrizione. Chiunque desideri può prendere un GPS, recarsi alle coordinate in questione, e cercare la cache. Se riesce a trovarla, può firmare il registro incluso, e può anche prendersi uno degli oggettini contenuti come ricordo (ma dovrebbe lasciare qualcosa in cambio). Poi può registrare ufficialmente sul sito l’avvenuto ritrovamento. Ci possono essere altre complicazioni, enigmi e via dicendo, ma il succo è questo. Il bello del gioco non è la competizione per trovare più cache degli altri, ma lo stimolo a visitare con attenzione luoghi che altrimenti non si sarebbero presi in considerazione.
Io ho cominciato la mia attività di geocacher a Milano città: inutile andare lontano, quando a pochi passi da casa ci sono una trentina di cache. Ammetto che le mie prime due ricerche sono andate a vuoto. Ma la terza… ebbene sì, sotto la Torre Velasca ho trovato la mia prima cache. Perfettamente mimetizzata, un contenitore magnetico dipinto in modo da risultare praticamente invisibile, pur essendo in piena vista. Devo dire di aver provato una gioia quasi infantile nel reperimento: mi sono sentito tanto "agente segreto" a trovare quel tesoro che mi aspettava in un angolo alquanto desolato di un luogo frequentatissimo, all’insaputa di tutti.
Credo proprio che questo gioco mi abbia preso. Alla prossima pausa pranzo vado a cercare una cache vicina al luogo di lavoro, alla Conca dei Navigli…

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7 pensieri riguardo “La mia prima cache!”

  1. Uh, gli scout… ne ho fatto parte per circa tre anni a Bolzano, un po’ tardino, intormo ai 14 anni. Non voglio estendere il giudizio all’intero movimento, ma per me sono stati l’equivalente del servizio militare che non ho fatto, un’esperienza terribile di cui posso parlare con ironia e persino con una vaga nostalgia solo perché è finita.

  2. Carramba che sorpresa! Il Vanamonde scout! Chi se lo aspettava? 🙂

    Per me il periodo degli scout (a Bolzano, negli stessi anni tuoi, ma tu, dov’eri?) è stato semplicemente meraviglioso, uno dei ricordi più belli di quegli anni.

    Quando alla fine ho deciso di andarmene, per problemi religiosi, avevo circa 16 anni, è stato davvero difficile.

    E no, la mia esperienza con gli scout non ha avuto proprio nulla del servizio militare. Pura gioia.

  3. Non sei il primo che mi dice queste cose. Che posso dirti? Io i primi due anni di esperienza l’ho fatta nel reparto Catinaccio, poi sono passato sotto la giurisdizione di Gianfranco Trevisan, che è la fonte di tutti i miei cattivi ricordi. Comunque, visto che me lo chiedi, ci farò un post, è argomento troppo complesso per uin commento.

  4. Ahhhh… ho capito.

    Tu eri uno scout CNGEI, io AGESCI.

    In effetti i primi mi han sempre dato l’impressione di un profondo (e un po’ inquietante) inquadramento militare mentre l’AGESCI nonostante il difetto (a posteriori) di essere profondamente cattolico, era animato, almeno nella mia esperienza, da persone tutt’altro che bigotte, chiesarole o particolarmente devote a gerarchie e gestioni (pseudo)militari.

    Insomma, nonostante la presenza del prete di turno, per noi scout agesci la religione era una cosa piuttosto laterale e l’impostazione militare era del tutto sconosciuta. L’avventura in tutte le sue espressioni era la caratteristica dell’essere scout più forte che io ricordi…

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