Una delle cose più frustranti del vivere in Italia è vedere come logiche perverse, riconosciute da tutti come sbagliate e dannose, continuano a sopravvivere e, anzi, ad espandersi a danno delle forze sane della società. Un esempio, forse di non enorme importanza ma lampante, è quello della SIAE, Società Italiana Autori ed Editori.
Entità anomala fin dalle origini, la SIAE nacque come società privata, ma venne poi trasformata in ente pubblico. In teoria dovrebbe difendere i diritti degli autori e degli editori, compito che all’estero viene svolto da varie società in concorrenza tra loro. In pratica la SIAE, avendo ottenuto il monopolio, può tranquillamente trascurare di svolgere la sua funzione istituzionale. Come ormai tutti sanno, quello che la SIAE fa è raccogliere tributi da ogni forma di rappresentazione audiovisiva, e poi distribuirne il ricavato in maniera assolutamente ineguale, favorendo poche decine di soci a scapito di chiunque altro.
Non contenta di svolgere la sua funzione con rapacità (pretendendo soldi anche per manifestazoni di beneficienza, o persino quando un autore distribuisce la propria musica gratuitamente), la SIAE cerca sempre nuovi modi per gravare sugli svaghi dei cittadini. L’ultimo che si è inventato è davvero un capolavoro di assurdità.
In pratica, all’inizio di quest’anno la SIAE ha stretto un accordo con l’AGIS, l’associazione dei gestori cinematografici, per cui è necessario pagare per mostrare pubblicamente un trailer cinematografico.
Ora, già di per sé questo sembra del tutto privo di senso. Un trailer è la pubblicità di un film. Chi produce un trailer ha interesse che venga diffuso il più possibile. Non ha senso limitarne la diffusione facendoli pagare. Sarebbe come se le aziende che mi inviano i comunicati stampa relativi ai loro prodotti mi chiedessero poi dei soldi per pubblicare le foto allegate. Follia pura.
Il tutto però rientrava in un complicato bilanciamento di diritti e doveri tra sale cinematografiche e produttori. In pratica, credo, una sorta di compartecipazione delle sale alle spese pubblicitarie. Tuttavia la SIAE non ha perso occasione per tentare di spillare qualche soldo, e ha interpretato la norma (di per sé ambigua, come sempre accade in Italia) in maneira allargata, intimando a tutti i siti che si occupano di cinema di pagare per i trailer mostrati.
La cosa è talmente assurda e autolesionista da apparire inverosimile, anche in virtù delle cifre richieste: stando così le cose, solo i grandi quotidiani potranno permettersi di pubblicare trailer. Infatti molti dei siti specializzati stanno già togliendo i video dai loro siti: una gran mazzata all’informazione cinematografica in Italia e, in definitiva, al cinema stesso, che la SIAE dovrebbe tutelare.
Siccome siamo in Italia, lo sviluppo più probabile è che, di fronte alle proteste unanimi montanti in rete, la SIAE decida di fare marcia indietro e di limitare il pagamento solo ai trailer visionati nei cinema. In ogni caso, ha aggiunto un altro motivo alla lunghissima lista di chi desidera la sua abolizione.
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La “SIAE” è la rovina anche dei locali da ballo che a furia di spremerli. i gestori stanno andando tutti in fallimento e i locali chiudono lasciando i dipendenti disoccupati.