Nei primi giorni ho provato la forte tentazione di esporre anch’io su questo blog le vignette incriminate. Lo hanno fatto in tanti, e posso capirne i motivi. Come si fa a non solidarizzare con dei giornalisti mincciati di morte solo perchè hanno pubblicato quel che ritenevano giusto? Come si fa a non sostenere una piccola pacifica nazione che vede le proprie ambasciate date alle fiamme per il solo fatto di avere libertà di stampa nei suoi confini?
Eppure.
Eppure, dopo averci pensato molto, ho deciso di non farlo. Perché, siamo d’accordo, le reazioni del mondo islamico a quelle vignette sono state esagerate, inaccettabili, barbariche, tutto quello che si vuole. E’ impensabile che di fronte a un foglio di giornale si reagisca con la violenza e con le armi. Ma resta il fatto che pubblicare quelle vignette è stato un errore. E, pur deplorando le violenze, non me la sento di contribuire a fare di quei giornalisti degli eroi.
Per i musulmani il non rappresentare il volto di Maometto è un tabù religioso. Che, come tutti i tabù religiosi, sembra stupido e infantile a chiunque non lo condivida. Ma ha la stessa valenza di qualsiasi altro. I giornalisti di Jyllands-Posten si sono scandalizzati perché non si trovava alcun disegnatore disposto a illustrare un libro su Maometto. E non hanno trovato di meglio da fare che violare loro stessi il tabù. Ma io mi chiedo, se un autore non riuscisse a trovare un illustratore per il suo libro sulla vita sessuale di Maria di Nazareth, si scandalizzerebbero? E correrebbero subito a pubblicare vignette con la Madonna con le gambe aperte per protestare? Ne dubito fortemente.
Personalmente non sono religioso. E mi infastisce qualunque tentativo di impormi delle regole per non ferire la sensibilità religiosa di qualcuno. Però so anche che la libertà di parola, per quanto sacra, ha anche dei sacrosanti limiti. Se dico il falso, e persino se dico il vero in modo gratuitamente insultante per qualcuno, finisco in galera per diffamazione. Ed è giusto, perché la libertà di parola è un valore, non è un’arma. Io sono dispostissimo a difendere la libertà di qualcuno di prendersela con Dio e con la religione, ma vorrei che avesse un motivo valido. I giornalisti di Jyllands-Posten hanno infranto un tabù solo per dimostrare che potevano farlo, e nelle loro motivazioni non vedo altro che il desiderio di dileggiare una fede solo perché non è la loro. E questo non è il tipo di libertà di parola che va difeso a oltranza.
Tag: giornalismo
Arridatece Luttazzi!
Notizia di poco fa: il centrodestra ha fatto approvare un emendamento che impedirà a Michele Santoro di lavorare come giornalista politico alla RAI durante la campagna elettorale, vietando il video ai giornalisti che hanno ricoperto ruoli politici in epoca recente. Mi secca molto dirlo, ma in questo caso è difficile dar loro torto: non è opportuno che un parlamentare si dimetta e immediatamente vada alla televisione pubblica ad assumere un ruolo che richiede imparzialità.
L’atto con cui Berlusconi e i suoi servitori alla RAI hanno estromesso tre persone colpevoli di non adeguarsi ai suoi voleri resta vergognoso e indegno di un paese democratico. Bisogna dire però che Santoro ha fatto il possibile per mettere in difficoltà chi lo avesse viluto difendere, prima lanciandosi immediatamente nell’agone politico, e poi abbandonando il seggio dopo appena un anno: uno schiaffo ai suoi elettori che non si può scusare. Se ora è stato tagliato fuori dal video, deve dare la colpa anche a se stesso, e non solo a Berlusconi.
Intanto, non si può fare a meno di notare che molti si spendono per il ritorno di Santoro, alcuni per il ritorno di Enzo Biagi, ma praticamente nessuno per quello di Daniele Luttazzi, che non è un giornalista, ma che sicuramente è il più creativo, intelligente e indipendente dei tre. Ed è probabilmente per questo che nessuno sente la necessità di richiamarlo in RAI. A cominciare da quel Petruccioli che, come si può vedere in Viva Zapatero!, è un autentico e coraggioso difensore della libertà di espressione contro la censura.