Il film L’era glaciale è stato una piacevole sorpresa tra le animazioni degli ultimi anni. Senza vantare la sofisticazione stilistica delle animazioni della Pixar, riusciva a combinare una comicità "fisica" reminescente dei grandi cartoni animati della Warner (non a caso produttrice) con una storia non banale e dei personaggi riuscitissimi. Inevitabile un seguito, con gli stessi personaggi. Questa volta Sid il bradipo, Manny il mammut e Diego la tigre dai denti a sciabola devono scappare da una colossale inondazione dovuta alla fine dell’era glaciale. Lungo la strada Manny, che è depresso perché teme di essere rimasto l’ultimo della propria specie, incontrerà invece un mammut femmina. La cosa però gli procurerà dei grattacapi, in quanto la possibile compagna è stata allevata da una famiglia di opossum, ed è fermamente convinta di essere una di loro…
Dal punto di vista strettamente filmico, L’era glaciale 2 non riesce a uguagliare il prototipo. La storia non sempre è coerente: il personaggio di Diego, per esempio, risulta fuori posto all’interno di un branco di erbivori, e il suo dramma personale – quello di vincere la paura dell’acqua – appare un po’ debole rispetto al resto della vicenda. Considerato dal punto di vista del puro divertimento, tuttavia, il film risulta anche più riuscito del precedente, e assicura risate continue sia ai bambini che agli adulti. Gran parte del merito va allo sfortunatissimo scoiattolo Scrat, un perdente di statura pari al gatto Slivestro o a Wile E. Coyote, i cui tentativi di acchiappare la sempre sfuggente ghianda costituiscono un film nel film, forse la parte migliore del tutto.
Film: La famiglia Omicidi
Non lasciatevi ingannare dal faccione di Rowan Atkinson sui manifesti: La Famiglia Omicidi non ha nulla a che vedere con la comicità demenziale e fisica di Mr. Bean, ma è invece una commedia nera inglese di stampo classicissimo, per non dire retrò. Il suddetto Atkinson è pastore anglicano in un minuscolo villaggio britannico, e si perde dietro noiosissime incombenze senza accorgersi che la famiglia va a rotoli: la moglie trascurata si lascia sedurre dal buzzurro maestro di golf americano, la figlia si porta a letto mezzo paese, il figlio è vessato dai bulli della scuola. A mettere a posto le cose ci penserà la neoassunta governante, che nasconde un piccolo segreto: è appena uscita da un manicomio criminale dove è stata rinchiusa per quarant’anni dopo aver fatto a pezzi il marito e la di lui amante. La dolce Grace, così si chiama, insegnerà alla famigliola che tutti i problemi si risolvono: bastano buonsenso, comprensione, e un corpo contundente per sbarazzarsi di tutti coloro che ostacolano la pace familiare.
A volerli cercare, di difetti a questo film se ne troverebbero parecchi. Il colpo di scena finale è telefonatissimo, il personaggio di Atkinson fa al massimo sorridere, ma mai ridere, quello della figlia non è sviluppato a sufficienza, e in generale si sentirebbe il bisogno di un po’ di prevedibilità in meno e di qualche gag in più. Persino la musica sembra una cattiva imitazione di Morricone. Tuttavia, nonostante tutto questo, il film funziona, grazie soprattutto all’estrema professionalità degli attori (sempre grandissima Maggie Smith, ma ottimi anche Kristin Scott Thomas e Patrick Swayze) e a una levità tutta inglese, che conduce senza parere a una morale inquietante: la tranquillità della famiglia poggia su un bel po’ di cadaveri. Mica male, per quello che si presenta come un film di puro intrattenimento! In definitiva, più interessante di molti film più blasonati.
Abbiamo vintooo! :(((((
Mi piacerebbe essere contento, ma non lo sono.
Mi asterrò dall’ammorbare i visitatori di questo blog con considerazioni elettorali fuori tempo massimo. Una sola cosa va detta: il fatto che, dopo quello che abbiamo passato in questi cinque anni, ci sia ancora un quarto degli italiani che ritiene opportuno farsi rappresentare direttamente da Berlusconi, più un altro quarto che non vede comunque nulla di male nel farlo tornare al governo, è una sconfitta totale, non per chi ha votato a sinistra ma per tutto il Paese. E’ la misura di quanto siamo sideralmente indietro rispetto a una qualunque altra nazione d’Europa. E questo peserà sul nostro futuro, indipendentemente da quello che si riuscirà a fare con le alchimie parlamentari. C’è davvero poco da stare allegri, anche se dovremo provare a credere ugualmente che si possa cambiare. Altrimenti che ci resta?
Mi scuso se ultimamente ho trascurato il blog. Ho un sacco di materiale "semilavorato" che non sono riuscito a pubblicare, cercherò di farvelo avere quanto prima, sperando che non sia invecchiato troppo.
Concerto: Eugene Chadbourne Quartet – Adrian Belew Trio
Avevo proprio voglia di ricominciare ad ascoltare musica dal vivo, e cosa c’è di meglio di un doppio concerto all’interno della gloriosa rassegna Suoni & Visioni? Per giunta proprio in contemporanea con il duello politico in TV. Che disgrazia! Ora non saprò per chi votare!
Sono arrivato a concerto iniziato perché ho sbagliato una svolta e mi sono perso nel dedalo di viuzze a senso unico che circonda il teatro Ciak. Stava già suonando Eugene Chadborne. Non dovrei farlo, ma confesso che non lo avevo mai sentito nominare. Solo dopo essere tornato a casa ho scoperto che ha collaborato con gente come John Zorn o Charlie Haden, mica gli ultimi della classe. Oltre che da lui, che alternava il banjo alla chitarra elettrica, il quartetto era formato da un batterista, un pianista, e un tipo che alternava bassi con pochissime corde (tra cui uno che sembrava costruito con uno spazzolone per pulire i pavimenti, con una sola corda, che si suonava orientando il manico snodabile) a flauti giapponesi shakuhachi.
Se la formazione può apparire bizzarra, la musica lo era ancora di più. Si spaziava un po’ dovunque, da standard jazz classici come Summertime a improvvisazioni free, dal bluegrass al burlesco (l’esecuzione di Summertime è stata punteggiata da interventi vocali di Chadbourne che imitava Janis Joplin: "I’m so happy I came back from the dead here in Milan!"). Mi spiace di non essere riuscito a seguire del tutto i testi, che dovevano essere piuttosto divertenti ("George W. Bush ebbe un’idea grandiosa: ricostruiamo New Orleans in Iraq!"). Nel complesso sospendo il giudizio, perché è difficile giudicare un artista del genere dopo meno di un’ora di concerto. Comunque la performance non mi ha annoiato.
Poi è stato il turno del grande Adrian Belew. Si esibiva in trio (chitarra, basso e batteria, gli ultimi due affidati a Mike Gallaher e Mike Hodges). Mi aspettavo che il concerto fosse dedicato alla presentazione degli ultimi album: Side One, che era appunto un trio, Side Two e magari anche il futuro Side Three. Invece mi sono trovato di fronte a tutt’altro. Adrian ha iniziato da solo, creandosi un loop di sottofondo (con un piccolo incidente: si era dimenticato di accendere l’ampli) e improvvisandoci sopra, mettendoci dentro anche un’esecuzione strumentale di Within You, Without You dei Beatles. Dopodiché è entrata la band, e si è visto quale sarebbe stato il tono del concerto: repertorio scelto in buona parte tra i vecchi successi, arrangiamenti minimali incentrati interamente sul suo virtuosismo chitarristico, diversi strumentali, niente chitarra-synth, pezzi tutti già aggressivi in partenza e qui "tirati" fino allo spasimo. Insomma, pare che Adrian abbia voluto dare sfogo alla sua anima più genuinamente rock, e suonare alla buona senza preoccuparsi d’altro. Devo dire che la cosa non mi è affatto dispiaciuta, perché vederlo suonare è uno spettacolo, e senza fronzoli lo si nota ancora di più. Ha sempre una naturalezza estrema, sembra non sforzarsi affatto, come se sapesse sempre esattamente come reagirà la chitarra, qualunque cosa le faccia. Lo aiutava una sezione ritmica davvero impressionante. Inizialmente mi era sembrata piuttosto sottotono, ma poi mi sono reso conto che suonavano cose di una complessità allucinante, e che non lo avevo notato prima solo perché, dietro la chitarra di Adrian, anche un disastro ferroviario sembrerebbe sottotono. Non vi dico la mia sorpresa quando ho scoperto che il bassista Mike Gallaher in realtà è un chitarrista e non aveva mai suonato il basso prima di questo tour!
Non ho riconosciuto tutti i brani, ma posso dirvi che ha recuperato anche brani vecchi o vecchissimi come Big Electric Cat o Young Lions. La parte del leone l’ha fatta comunque il repertorio dei King Crimson, di cui ha eseguito Dinosaur e Three of a Perfect Pair, concludendo poi trionfalmente con Elephant Talk e Thela Hun Ginjeet. Il concerto si è interrotto bruscamente alle 23.30 causa vincoli di rumorosità del teatro, ed è davvero un peccato: Adrian ha detto che fosse stato per lui sarebbe andato avanti tutta la notte. In ogni caso, mi sono davvero goduto il concerto. Unica pecca: il volume da sangue dal naso: si poteva tenere un po’ più basso, Adrian aveva sul palco delle casse tali che da sole avrebbero già riempito lo spazio acustico del teatro!
Stramilano
Oggi sono andato alla Stramilano per la prima volta. Mi sono fatto i miei 15 chilometri di marcia in due ore e mezzo. Sicuramente non un tempo esaltante, ma se non altro sono arrivato in fondo insieme alla massa e senza traumi.
Sì, direte voi, ma a noi che cosa ce ne importa? Era giusto per dirvi che alla partenza, quando tutti hanno liberato i loro palloncini, ho scattato questa foto che è venuta insolitamente bene. Quindi la condivido con voi.
Uffa
Per la cronaca: anche i Roxy Music riuniti erano una bufala.
Mi seppellisco per la vergogna, e prometto che non ci crederò più, nemmeno se Peter Gabriel e Phil Collins in persona venissero a suonare "The Return of the Giant Hogweed" sul mio pianerottolo.
Mi scuso per il lungo silenzio, sono stato all’Italcon, la convention di fantascienza. Magari vi racconterò qualcosa in dettaglio più avanti. Intanto devo rimettermi sotto con le recensioni di film… a presto!
A quelli che mi dicono che certe cose non possono succedere…
…ribatto: Brian Eno è ritornato con i Roxy Music. Dopo 33 anni.
Una notizia falsa è meglio di una vera…
…perché permette di fare due edizioni straordinarie: una per la notizia, e l’altra per la smentita.
Questa celebre massima del giornalismo può sembrare la quintessenza del cinismo, ma in realtà è estramamente naif rispetto alla realtà. E la realtà è che una notizia falsa è meglio di una vera ogniqualvolta suona più interessante, punto e basta. Il piccolo caso dei Genesis ne è l’ennesima dimostrazione. La notizia della reunion è uscita sui tabloid inglesi, ma non aveva alcuna conferma ufficiale. Si poteva aspettare qualcosa di più solido prima di pubblicarla, invece le è stato dato largo spazio da telegiornali e quotidiani nazionali. Quel che è peggio, quando la notizia si è rivelata per quel che era, una bufala, non è stata sprecata nemmeno una riga per farlo sapere ai lettori. La smentita sarebbe stata sgradita e noiosa, e avrebbe fatto fare brutta figura il giornale, quindi non si pubblica. L’assunto di base è che il lettore abbia l’arco di attenzione di un moscerino. L’importante è fornirgli qualcosa cui si interessi per il breve attimo in cui prende in mano il giornale, non fornirgli un’informazione che abbia senso nel tempo.
Una volta ho provato a protestare contro questo stato di cose e ne sono stato duramente punito. Era il 1993, e negli Stati Uniti la setta dei Davidiani si era asserragliata in un fortino a Waco, rifiutandosi di consegnare all’esercito le armi che aveva illegalmente accumulato in funzione di qualche paranoica teoria della cospirazione. L’assedio al fortino andò avanti per qualche settimana, con intere pagine dei giornali a descriverne ogni dettaglio. Ma non succedeva nulla: i Davidiani sempre dentro, polizia ed esercito sempre fuori. Lo spazio dedicato alla vicenda dai giornali diminuì bruscamente fino a ridursi a zero. Del caso che fino a pochi giorni prima aveva appassionato il mondo intero non si parlava più, neppure una riga a rassicurarci del fatto che asedianti e assediati fossero ancora lì in qualche punto del Texas. Come se un Ministero della Verità avesse deciso di cancellare la vicenda e fingere che non fosse mai avvenuta.
La cosa mi diede così fastidio che scrissi al Garante del Lettore di Repubblica, protestando per come il caso era stato abbandonato. Il Garante (che allora, se non erro, era Gianni Corbi) mi rispose gentilmente, ma le cose cambiarono ben prima che la mia lettera gli arrivasse. Il giorno dopo che la spedii, l’esercito tentò di irrompere con la forza, e nell’incendio che ne seguì morirono settantasei persone. Una coincidenza, ma che mi spaventò. Fu un po’ come se il mondo, indispettito del fatto che ancora qualcuno si interessasse alla questione, obbligato a far rientrare la questione sulle pagine dei giornali, avesse deciso di farlo nel modo più drammatico e sgradevole possibile. Un monito contro la mia pretesa che ciò che leggiamo ogni giorno avesse un senso compiuto nel tempo.
Il medium è il selvaggio
In uno dei racconti di La chiave a stella, Primo Levi descrive un bizzarro processo all’interno di un paese arabo, in cui l’imputato è accusato di avere causato un danno economico alla parte lesa facendogli il malocchio. Il giudice gestisce il caso con grande equilibiro, e alla fine condanna l’imputato a un risarcimento che sembra perfettamente equo… se si crede che una cosa come il malocchio esista. Il protagonista Faussone guarda alla storia con tutta la sua superioritàdi tecnico orgoglioso della propria cultura scientifica, però poi non se la sente di giudicare: chissà come appariranno strane a loro certe usanze nostre…
Ecco, mi è tornato in mente quel racconto quando ho letto questa notizia. Viene il dubbio che trent’anni siano trascorsi in senso contrario. Se allora si poteva guardare alla superstizione come a un vestigio del passato in via di progressiva scomparsa, oggi accettiamo tranquillamente che in un’importante indagine di polizia si chieda l’assistenza degli spiriti dell’aldilà.
Quando leggo notizie di questo tipo, spero sempre che ci sia qualcosa sotto. Per esempio, c’è chi dice che la famosa seduta spiritica in cui numerosi notabili democristiani cercarono di scoprire dove fosse Aldo Moro rapito dalle Brigate Rosse fosse in realtà una messinscena per consentire a chi conosceva informazioni riservate di renderle note senza esporsi (e spero, oh come lo spero, che sia davvero così, perché odierei essere costretto a dare il mio voto per governare l’Italia a uno che, con tutta la sua scienza economica e politica, andava a interrogare l’oltretomba credendo veramente di poter parlare coi defunti!). E quindi spero che i poliziotti sappiano benissimo che la medium è una ciarlatana, ma magari sperino che lei si faccia tramite di informazioni ottenute tramite qualche contatto segreto. Sarà. Ma purtroppo ci credo poco.
Bentornato Petunias!
Se per caso qualcuno di voi si è chiesto come mai io abbia linkato due blog sui quali da mesi (da prima che io aprissi il mio) non appare nemmeno un post, le ragioni sono due:
- Sono i blog di due ottimi amici, entrambi reduci dalla gloriosa esperienza di Fabula (BBS, sito web, mailing-list).
- Per qualche strano scherzo del destino si sono tutti e due dovuti assentare dalla rete proprio quando mi decidevo a seguire le loro esortazioni e il loro esempio aprendo questo blog.
In ogni caso, posso annunciare che almeno uno di essi, e cioè The Petunias, ha riaperto, con alcuni bei post acidi e incazzati che sono quanto ci aspettiamo da lui. Un sentito bentornato!