Attenzione, pericolo!

PericoloL’affluenza al referendum è più elevata del previsto. Vorrei poter dire che è una buona cosa. Purtroppo l’alta affluenza è concentrata soprattutto nelle regioni più belusconiane. C’è il fondato timore che si tratti di voti per il sì. Gente che non ha capito a cosa andiamo incontro se questa riforma della Costituzione dovesse passare, e che crede ci sia solo in ballo la riduzione del numero dei parlamentari, o un voto pro o contro il governo. La veritàè che, se la riforma andrà in porto, saremo al disastro. Avremo un Parlamento paralizzato in rissa permanente. Un Presidente del Consiglio che può fregarsene del Parlamento, che potrà mandare a casa quando gli pare. Un Presidente della Repubblica che conterà come il due di picche. E un aumento colossale della spesa corrente per alimentare nuove burocrazie regionali. Insomma, se passa è la fine, non avremo altre possibilità. Perciò, se per qualsiasi motivo non avete votato, pensateci bene!!! Siete ancora in tempo fino ad oggi alle 15.

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NO!

NO!Mi ero ripromesso di fare un lungo post per elencare i numerosi motivi per cui è importantissimo, direi essenziale, votare no alla riforma della Costituzione proposta dalla precedente maggioranza. Purtroppo non ho fatto in tempo. Mi chiedo anche se sarebbe utile: conoscendo i frequentatori di questo blog, sarebbe un po’ come predicare ai convertiti. Magari rimedierà comunque stasera. In ogni caso, cercate di ricordarvi di andare a votare no: il rischio che corriamo nel vedere approvato il pasticcio contraddittorio che ci spacciano come riforma è veramente troppo grande.

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Libro: La porta di Tolomeo

Questo romanzo è il terzo di una trilogia fantasy, detta di Bartimeus, dal nome del genio-demone che ne costituisce uno dei principali punti di vista (i tomi precedenti sono L’amuleto di Samarcanda e L’occhio del golem). Gli altri due personaggi principali sono un mago-bambino (che diventa adolescente nel corso della serie) e,a partire dal secondo libro, una ragazza sua coetanea. Detto così, sareste autorizzati a credere che questo sia l’ennesimo, maldestro tentativo di lucrare sul successo di Harry Potter creando un prodotto simile. Ma sbagliereste. Perché la trilogia scritta da Jonathan Stroud ha personalità da vendere e ben poco di derivativo; anzi, è una delle cose più originali che mi è capitato di leggere in campo fantasy.

Ciò che più colpisce in questa serie è la totale assenza di un Bene da difendere. I maghi dominano il mondo, ma sono una genìa avida e arrogante che fa un pessimo uso del proprio potere. E il mago-bambino Nathaniel, lungi dall’essere un eroe, entra in scena motivato dalla vendetta, e si trasforma col tempo in un ragazzo davvero sgradevole, tanto che al suo confronto il mostruoso e alieno Bartimeus appare un personaggio positivo. Insomma, nessuna leziosaggine: spesso risulta difficile distinguere tra i protagonisti della storia e i loro avversari, e se ci si appassiona al loro destino è per una scrittura di ottima qualità, che costruisce attentamente la suspense e dosa alla perfezione azione e umorismo. Oltretutto i romanzi si mantengono entro dimensioni accettabili, e non lasciano cliffhanger in sospeso, anche se è fortemente consigliato leggerli in successione corretta.

In questo terzo romanzo ritroviamo Nathaniel diciassettenne e ministro dell’informazione, e cioè propagandista per una guerra inutile e sanguinosa ai margini dell’impero. Kitty vive nascosta a Londra, alla ricerca di un piano per infrangere il potere dei maghi. Quanto a Bartimeus, schiavo perenne di Nathaniel che lo teme troppo per lasciarlo libero, è ormai indebolito e ridotto all’ombra di se stesso. I tre si ritroveranno loro malgrado insieme a fronteggiare un complotto, e per risolvere la situazione diventerà estremamente importante ciò che avvenne a Bartimeus duemila anni prima, ad Alessandria d’Egitto. La porta di Tolomeo non deluderà certamente il lettore; al contrario, credo sia il miglior libro della serie. L’umorismo di Bartimeus procura alcuni momenti di grande ilarità, ma il clima generale è ancora più cupo di quello dei tomi precedenti, fino a sfociare in un oscuro finale ambientato in una Londra devastata e piena di cadaveri, che non stonerebbe in un romanzo di Stephen King. E Stroud conferma ancora una volta la sua originalità e il suo coraggio, con una conclusione amara che dribbla tutte le ovvietà. Per intenditori.

 

(Questa recensione appare anche su Il Leggio).

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Le parole sono importanti

Le parole sono importantiUna delle cose che mi piacciono meno del giornalismo italiano è la faciloneria con cui termini dal significato ben preciso vengono impiegati per indicare tutt’altro, sulla base di somiglianze vaghe o addirittura inesistenti. E, una volta che il termine è stato introdotto, la totalità della stampa lo adotta pedissequamente, anche per decenni, senza che mai qualcuno si ponga il problema di sostituirlo con uno più sensato, e magari più creativo.
Esempi? Più di trent’anni fa ci fu lo scandalo Watergate, in cui il presidente americano Nixon fu accusato di aver spiato illegalmente i suoi avversari. Da allora, per molto tempo, ogni scandalo italiano che avesse a che fare con intercettazioni (e spesso anche ogni scandalo tout-court) ha avuto buone probabilità di essere battezzato con il suffisso "-gate". Parola inglese che letteralmente vuol dire "cancello, porta", e che non ha alcun significato scandalistico. Ammetto che parlare di "Irpiniagate" può avere una sua efficacia e implicare anche una certa ironia. Ma usarlo a tanti anni dai fatti che lo hanno originato mi pare semplicemente un sintomo di pigrizia, oltre che un utilizzo gergale che potrebbe anche non essere compreso dai lettori (quanti, oggi, ricordano cosa fu il Watergate?).
Purtroppo si fa anche di peggio: dopo la celebre inchiesta di Tangentopoli, ogni inchiesta su fatti di corruzione viene immediatamente battezzata con il suffisso "-poli". Che in italiano vuol dire "città", ed è forzato e improprio voler associare alla corruzione. Ma non c’è niente da fare: a quattordici anni dall’arresto di Mario Chiesa, lo scandalo delle designazioni degli arbitri è stato puntualmente ribattezzato "Calciopoli" dalla stampa (senza alcuna eccezione, credo; se me ne sono persa qualcuna, segnalatemela!). Non ditemi che non c’erano alternative a una simile sciatteria linguistica.
Ma il caso peggiore, a mio parere, è quello del bombarolo misterioso che imperversa nelle Venezie, e che ormai è stato battezzato a forza col nome di "Unabomber". Si tratta di una sigla che significa "University and Airline Bomber", "bombarolo delle linee aeree e delle università". Fu creata dall’FBI per designare un terrorista che spediva pacchi-bomba a casa di funzionari di università scientifiche e linee aeree, in funzione di un programma politico che voleva opporsi alla società tecnologica. Il bombarolo nostrano, invece, lascia le bombe nei supermercati, colpisce gente a caso, non sembra avere alcun programma politico. In altre parole: non c’entra un cazzo con Unabomber. L’unica cosa che ha in comune con lui è il fatto di costruire bombe, somiglianza che appare un filino esile. Io non so chi sia stato l’intelligentone che ha voluto farsi bello chiamandolo così. Sta di fatto che ora tutti lo chiamano Unabomber. E probabilmente molti ormai lo fanno senza neppure sapere chi fosse l’Unabomber originale.
Anche da Palombella Rossa, purtroppo, sono passati diciassette anni, invano.

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Teatro: Anplagghed

AnplagghedComplice la munificità di Samsung, mercoledì scorso ho avuto occasione di vedere Anplagghed, il nuovo spettacolo di Aldo, Giovanni & Giacomo. Ne sono uscito divertito, ma non esaltato.
Lo spettacolo è una collezione di scenette dal filo conduttore ancora più esile del solito. La messinscena del regista Arturo Brachetti è sontuosa, e sfrutta in modo spettacolare e azzeccato inserti filmati ed effetti speciali. Gli sketch,  però, sono sempre quelli, con giusto una lieve rinfrescatina. C’è sempre Giacomo che fa il vecchietto rompiscatole. C’è sempre Aldo che fa il teppista furbo (solo che, invece che con Giovanni controllore, si scontra con Giacomo vigile). C’è lo sketch già visto della consegna degli Oscar… insomma, variazioni sul tema (con l’eccezione della scenetta ambientata nel museo d’arte moderna, probabilmente la più azzeccata), e niente più.
Quello che salva lo spettacolo sono loro, che sono indubbiamente bravissimi, e anche simpatici. Soprattutto, si divertono: nonostante lo spettacolo sia in giro già da mesi, sono stati costretti a interrompersi perché una battuta improvvisata da Aldo ha fatto morire dal ridere gli altri due! Anche la comprimaria Silvana Fallisi se la cava discretamente (trovo allucinante il fatto che non abbia neppure il nome in cartellone; e sì che nella vita è la moglie di Aldo!).
In conclusione, mi sono divertito, ma se avessi dovuto spendere i soldi del biglietto credo che mi sarei pentito di non avere atteso il passaggio in TV o in DVD.

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Chi va con lo Zappa impara a…?

P1010133Se vi state chiedendo chi siano le due persone nella foto, ora ve lo spiego. Quello figo con la chitarra in mano è Dweezil Zappa, figlio del più celebre Frank. Io sono quello alto (almeno quello!).
Ieri pomeriggio ho avuto la possibilità di intervistarlo (a fianco del mio capo). Si è rivelato un personaggio disponibile, estremamente professionale, molto preparato, anche se non ha rivelato alcuna scintilla di follia creativa paragonabile a quella del padre. O forse sono stato io a non sapergliela tirare fuori, non so. Purtroppo, una volta tanto che avrei avuto la possibilità di vedermi il concerto come giornalista accreditato, non ho potuto sfruttarla a causa di un impegno precedentemente preso. Mi sono mangiato le mani, ma non mi piace bidonare le persone. L’intervista apparirà su varie testate della mia casa editrice… ma vedremo se si potrà aggiungere qualcosa qui.

Comunicazione di servizio: ho valanghe di recensioni che avrei voluto scrvere e non ho scritto. Potrei farlo ora, ma vi interessa la recensione di un film ormai uscito dalle sale o di un concerto tenutosi diversi tempo fa? Fatemi sapere, così non scrivo per niente…

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Quello che passa il convento

Attendevo con ansia l’annuncio del governo Prodi per poter rimarcare le prime differenze positive rispetto al governo Berlusconi. Temo però che gran parte delle lodi che volevo fare si siano perse per strada. A guardare la composizione del governo, non c’è molto da gioire. Delle tante illustri personalità di cui si vociferava non ne è rimasta alcuna, a parte Padoa-Schioppa. Gli altri sono tutti funzionari di partito. I ministeri si sono moltiplicati per accontentare tutti. Nel complesso, si possono fare solo due lodi  a questo governo: che non è di destra (almeno quello!) e che non contiene personaggi impresentabili come Calderoli (d’accordo, c’è Mastella, però non è impresentabile come Calderoli!). Accontentiamoci, che mi sa che accontentarsi sarà quello che dovremo fare per tutta la legislatura.

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Il momento dello humour

"Ma come mai nessuno riconosce i meriti di questo governo? Siamo stati il governo più longevo della Repubblica, abbiamo fatto tantissime riforme e nessuno parla dei nostri risultati, perchè?"
Silvio Berlusconi, 15 maggio 2006

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Film: Inside Man

Inside ManUn gruppo di rapinatori mascherati irrompe in una banca di New York e prende decine di persone in ostaggio. I negoziatori della polizia si preparano a un lungo assedio. Ma piano piano il detective Frazier si rende conto che questa non è la solita rapina, che nessuno vuole veramente quello che dice di volere, e che è in atto un complicatissimo gioco delle parti. Non voglio rivelare altro della trama di un film in cui una parte considerevole del divertimento proviene dalle continue sorprese e rivolgimenti. Dirò però che questo è un film da vedere assolutamente, e che Spike Lee ha fatto centro una seconda volta dopo La venticinquesima ora, facendo dimenticare le tante opere poco riuscite degli anni recenti.
Per chi vuole divertirsi, Inside Man è un thriller come non se ne facevano più da un sacco di tempo: quasi del tutto privo di violenza, con dialoghi scoppiettanti perfettamente cesellati, e in grado di tenere alta la suspence fino alla fine. Certo, a volere essere pignoli la trama non è il massimo della verosimiglianza, e qua e là si intravede qualche buco (possibile che sia così facile entrare armati e mascherati in una banca di New York? Laggiù non usano metal detector e porte automatiche? E Christopher Plummer non è un po’ troppo in forma per essere uno che aveva trent’anni ai tempi della Seconda Guerra Mondiale?). Ma il gioco della regia è tanto sapiente da non far pesare questi difetti. Sono stupendi i continui flash-forward con cui vengono presentati gli interrogatori del dopo-rapina, in un sottile gioco che passa gradatamente allo spettatore informazioni essenziali senza mai lasciargli capire come stanno veramente le cose. Gli interpreti rendono tutti al massimo (in particolare il protagonista Denzel Washington), e Spike Lee sa sempre perfettamente dove mettere la macchina da presa.
Basterebbe per fare un ottimo film. Ma in più c’è il sottotesto, che dimostra come anche oggi sia possibile fare del cinema scopertamente commerciale senza per questo rinunciare a dire qualcosa. Inside Man è pieno di situazioni paradossali e illuminanti (dall’ostaggio sikh che, liberato, viene trattato come un terrorista, al rapinatore che rimane orripilato dalla violenza di un videogioco), che vanno gradatamente a comporre un quadro inquietante, in cui la verità è sconosciuta a tutti, i cattivi sono in realtà migliori di tanti altri, i buoni hanno qualcosa da nascondere, i ricchi e i potenti fanno quello che vogliono mentre la gente terrorizzata non capisce nulla. Ci voleva un thriller di buona fattura per darci una perfetta descrizione del mondo di oggi. Imperdibile.

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Film: L'era glaciale 2 – il disgelo

Ice Age 2Il film L’era glaciale è stato una piacevole sorpresa tra le animazioni degli ultimi anni. Senza vantare la sofisticazione stilistica delle animazioni della Pixar, riusciva a combinare una comicità "fisica" reminescente dei grandi cartoni animati della Warner (non a caso produttrice) con una storia non banale e dei personaggi riuscitissimi. Inevitabile un seguito, con gli stessi personaggi. Questa volta Sid il bradipo, Manny il mammut e Diego la tigre dai denti a sciabola devono scappare da una colossale inondazione dovuta alla fine dell’era glaciale. Lungo la strada Manny, che è depresso perché teme di essere rimasto l’ultimo della propria specie, incontrerà invece un mammut femmina. La cosa però gli procurerà dei grattacapi, in quanto la possibile compagna è stata allevata da una famiglia di opossum, ed è fermamente convinta di essere una di loro…
Dal punto di vista strettamente filmico, L’era glaciale 2 non riesce a uguagliare il prototipo. La storia non sempre è coerente: il personaggio di Diego, per esempio, risulta fuori posto all’interno di un branco di erbivori, e il suo dramma personale – quello di vincere la paura dell’acqua – appare un po’ debole rispetto al resto della vicenda. Considerato dal punto di vista del puro divertimento, tuttavia, il film risulta anche più riuscito del precedente, e assicura risate continue sia ai bambini che agli adulti. Gran parte del merito va allo sfortunatissimo scoiattolo Scrat, un perdente di statura pari al gatto Slivestro o a Wile E. Coyote, i cui tentativi di acchiappare la sempre sfuggente ghianda costituiscono un film nel film, forse la parte migliore del tutto.

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