L'anello di Salomone

More about L'anello di SalomoneLa giovanissima Asmira viene inviata dalla regina di Saba a uccidere re Salomone, che le minaccia guerra se non pagherà un pesante tributo. L’impresa è disperata, poiché Salomone possiede un anello magico di eccezionale potenza, che pone decine di maghi e centinaia di geni al suo servizio. Ma, quando uno di quei geni è Bartimeus, si può star certi che le cose non andranno come previsto.

La trilogia di Bartimeus è una delle serie fantasy più originali e divertenti sul mercato. Una buona parte del merito va al personaggio del genio Bartimeus, vanaglorioso e cialtrone ma pieno di risorse, dispensatore di velenosi sarcasmi in prolisse note a pié di pagina. Ma bisogna dire che Stroud riesce anche nel difficile compito di servire un prodotto accessibile ai ragazzi evitando, e spesso ribaltando, ogni possibile cliché, cosa che rende i suoi romanzi perfettamente leggibili anche da un adulto. I maghi di Stroud sono tutti personaggi perlomeno discutibili, perché la magia è potere, e il potere corrompe. Se qualcuno fa del bene, di solito lo fa al di là delle proprie intenzioni. E non di rado i suoi finali hanno un gusto amaro del tutto incompatibile con la tradizione del lieto fine di tanta paccottiglia fantasy contemporanea.
In L’Anello di Salomone Stroud riprende in mano il personaggio di Bartimeus per un prequel ambientato millenni prima della trilogia originale. Una scelta probabilmente inevitabile, dato che il finale della trilogia lasciava poco spazio a seguiti, ma che pone però dei limiti all’evoluzione del genio, che non può essere diverso da quello che già conosciamo. Il risultato è un romanzo avvincente, esilarante al punto da farti scoppiare a ridere mentre lo leggi, ma che alla fine lascia un filo di delusione, perché aggiunge ben poco alla trilogia preesistente. L’ambientazione (un Israele mitologico purgato da ogni riferimento religioso) non ha il fascino e l’originalità della Londra popolata da maghi dei volumi precedenti. Anche il personaggio di Asmira è un po’ troppo monodimensionale, e l’intrigo che sta alla base della vicenda è facilmente intuibile. Questo non vuol dire che chi ha nostalgia di Bartimeus non debba correre in libreria, dato che il romanzo è comunque pieno di trovate pirotecniche e si legge d’un fiato. Ma da Stroud ci si poteva legittimamente aspettare di più.

Secondo la legge di Jenkinson…

…non funzionerà. E in effetti qui molte cose non funzionano, e non ho capito perché. La cosa più grave è che non si può commentare. Nelle anteprime tutto funziona regolarmente, ma quando si pubblica… nisba.
Cercherò di risolvere il problema al più presto ma, visto che ormai ho fatto l’annuncio, continuerò a postare regolarmente, sperando di risolvere in fretta il problema.
Si accettano offerte di aiuto da parte di esperti di WordPress.

Si ricomincia (i miei centesimi)

20 centesimiCiao a tutti.
Con questo post riprendo ufficialmente a bloggare, dopo una lunga pausa, e con l’intenzione (sebbene l’inferno sia lastricato eccetera) di farlo con regolarità.
Questo nuovo blog sarà in realtà molto simile al mio precedente. In realtà si potrebbe dire che è lo stesso blog, visto che ho mantenuto anche lo stesso titolo. Ho accarezzato a lungo l’idea di fare un blog completamente diverso, di tipo tematico, dato che i blog generalisti non destano molto interesse. Inoltre sono anch’io stato risucchiato nel gorgo di Facebook, il che significa che non mi serve più un blog per far sapere agli amici che film ho visto, che libri ho letto e come me la sto passando.
Ma ho rinunciato, per il semplice motivo che un blog specializzato richiede più impegno: non puoi permetterti di “bucare” una notizia, e così via. Visto che già faccio il giornalista per lavoro, non ritengo salubre per la mia persona trasformare un hobby in un lavoro vero e proprio. Questo blog rimarrà quindi il luogo dove parlerò di tutto quello che mi viene in mente. Dove, come dicono gli americani, metterò “i miei centesimi” da aggiungere a qualunque argomento sul quale io abbia un’opinione da esprimere.
Rispetto a prima, per il momento l’unico cambiamento dal punto di vista dei contenuti sarà che cercherò di parlare un po’ più di scienza e tecnologia, per vari motivi derivati dalla mia professione. Dal punto di vista tecnologico, invece, credo che possiate già vedere qualche miglioramento. Questo nuovo blog usa WordPress, ed è un sostanziale passo avanti rispetto all’obsoleta piattaforma di Splinder. C’è la possibilità di condividere i post su Facebook e Twitter, il che spero mi porterà un po’ di lettori in più. E d’ora in poi il blog sarà anche affiancato da un account Twitter: questo non duplicherà la funzione del blog, ma servirà solo ad avvertirvi in tempo utile di eventi extrablog che mi riguardano (pubblicazione di articoli, trasmissioni radio, apparizioni pubbliche e così via).
Ho inoltre rinunciato, a malincuore, allo sfondo nero. A me piace di più, e lo trovo anche più leggibile. Tuttavia, visto le numerose proteste ricevute, da chi dice che ci si rovina gli occhi a chi addirittura lo ha definito “roba da emo”, mi arrendo e passo al bianco. 😛
La mia idea iniziale era quella di ripartire solo una volta che la parte tecnica del blog fosse stata perfettamente a punto. Poi, dopo mesi di rimandi, ho deciso che arei partito una volta sistemate almeno le funzioni fondamentali. Infine mi sono reso conto che l’unico modo per arrivare a un risultato era quello di partire comunque, rassegnandosi a mettere le cose a posto strada facendo. Potete vedere da soli cosa questo significa: la grafica è molto migliorabile; il link ai feed RSS non funziona; il blogroll non c’è ancora; la pagina delle info è inacessibile, e sicuramente ci sono altri problemi di cui non mi sono accorto o che al momento non ricordo. Consigli e suggerimenti sono apprezzati.
Concludo con un ringraziamento vivissimo a chi ha insistito perché ritornassi a bloggare: grazie davvero, dal profondo del cuore.
Se tutto va bene, domani qui ci sarà un nuovo post. A presto!

nova24
Oggi è in edicola un numero di Nòva 24 (supplemento de Il Sole – 24 Ore) contenente un mio articolo sulle tecniche per sequenziare il DNA. E' stata dura far stare tante tecniche interessanti nello spazio assegnato, ma credo che il risultato sia di interessante lettura.
Chi non vuole acquistare il giornale può trovare l'articolo, anche se privo delle immagini, qui.

Nòva 24: Metano marziano


Oggi è in edicola un numero di Nòva 24 (supplemento de Il Sole – 24 Ore) contenente un mio articolo sulla scoperta di metano su Marte, e sulle sue implicazioni riguardo alla possibilità che ci sia vita sul pianeta.

AGGIORNAMENTO
Ho scoperto che l'articolo è già online: qui.
E qui trovate quello del mese scorso.

Nòva 24: Abiogenesi

Nova24Oggi è in edicola un numero di Nòva 24 contenente un mio articolo (che spero sarà il primo di una lunga serie) riguardo agli studi di Doriano Brogioli sull’abiogenesi.
Spero che in futuro potrò pubblicarlo sulla nuova edizione del blog. Intanto se volete leggerlo non vi resta che comprare Il Sole – 24 Ore di oggi, di cui Nòva24 è un supplemento.

20centUn grazie molto speciale a chi mi ha dato una mano a rivedere l’articolo.

Film: La passione

NOTA: La rifondazione del blog sta ovviamente impiegando più tempo del previsto. intanto riprendo a scrivere qui, così mi tengo in allenamento.

La passioneGianni Dubois è un regista in disarmo, che non fa più film da cinque anni e temporeggia con produttori e attori attendendo un’idea che non arriva mai. A causa di un incidente condominiale è costretto a recarsi di corsa nel paesino toscano dove ha la seconda casa, e dove la sindaca gli pone un ultimatum: dovrà pagare un monte di danni e affrontare uno scandalo, se non accetterà di dirigere la sacra rappresentazione della Passione del Venerdì Santo. Gianni è costretto ad accettare l’incarico, che presto va a rotoli di pari passo con le sue prospettive di lavoro…
La passione è un film che si lascia vedere volentieri e strappa anche qualche risata. Merito di una coppia di attori tra i più bravi e simpatici del nostro cinema, Silvio Orlando e Giuseppe Battiston, ai quali aggiungo volentieri Corrado Guzzanti (che al cinema è sempre troppo sopra le righe, ma qui, visto che interpreta un attore pessimo e istrionico, ci sta benissimo). E anche di un soggetto abbastanza originale, che rappresenta l’Italia e il mondo del cinema con caustica ironia: in certi momenti sembra quasi di vedere una puntata di Boris. Purtroppo però il film non decolla mai veramente. Colpa di una sceneggiatura troppo disinvolta nel far succedere cose senza spiegazioni (difetto di tantissimi film italiani, e di quelli di Mazzacurati in particolare), e che moltiplica le macchiette (spesso neppure divertenti, come la padrona di casa infoiata) senza sviluppare davvero i personaggi che contano. Ma soprattutto è il finale che delude: blando, incerto e poco convincente proprio come i soggetti creati dal protagonista, invece di dare un senso al film glielo toglie. Peccato, perché le buone intenzioni c’erano. Ma, come troppo spesso avviene nel cinema italiano, sono rimaste tali.

Film anteprima: Il Mondo dei Replicanti




In un futuro non troppo lontano, il mondo è stato rivoluzionato dall’introduzione dei “surrogati”, robot umanoidi che possono essere controllati a distanza da un essere umano comodamente seduto in una poltrona in casa propria. Usare un surrogato significa esplorare il mondo con una versione più forte e più bella di se stessi, e in più poterlo fare senza correre alcun rischio, dato che la cosa più grave che può accadere è la distruzione del surrogato. La cosa è così attraente che ormai le strade sono popolate solo di surrogati, mentre gli esseri umani stanno rintanati in casa a vivere le loro vite per procura.  Soltanto un ristretto numero di dissidenti vive in riserve dove l’uso dei surrogati è vietato. Ma questo stato di cose rischia di precipitare rapidamente quando qualcuno comincia a usare una pistola che non solo uccide i surrogati, ma contemporaneamente anche le persone a loro collegate…

È evidente che nel girare questo film ispirato a un graphic novel, il regista Jonathan Mostow (già autore del dimenticabile Terminator 3) aveva intenzione di ispirarsi a modelli elevati, come il celeberrimo Blade Runner, esplicitamente citato in alcune scene (e anche nel titolo italiano, mentre quello originale è Surrogates). E in effetti questo non è il “solito” film fracassone pieno solo di sparatorie ed effetti speciali (che pure non mancano), ma riesce a costruire immagini di un mondo che risulta credibile pur essendo totalmente straniante. Un mondo in cui tutte le persone sembrano stelle del cinema (ma hanno a casa un alter ego trasandato e invecchiato), in cui le “persone” assistono con curiosità alle sparatorie, non temendo di essere uccise, o in cui lo stesso corpo meccanico può essere usato in sequenza da più persone diverse. Tuttavia gran parte dello sforzo registico viene vanificato da una sceneggiatura semplicistica, in cui la tecnologia viene descritta in modo inverosimile (un hacker operando da un singolo computer in una qualsiasi stazione di polizia può infettare tutti i surrogati del mondo contemporaneamente…), e usata per veicolare una morale trita (la tecnologia porta le persona a straniarsi e ignorare i propri veri sentimenti) che, nell’era di Internet e di Facebook, suona davvero improponibile. Peccato, perché alcuni spunti del film avrebbero meritato uno sviluppo migliore. Bruce Willis, pur penalizzato dal trucco da bambolotto del suo alter ego meccanico, regge comunque bene il ruolo di protagonista.

Libro: Che la festa cominci

Che la festa cominciUn palazzinaro corrotto e straricco ha ottenuto dal comune di Roma il parco di villa Ada per farne la propria residenza privata, lo ha popolato di belve e intende festeggiarne linaugurazione con un vero e proprio safari cui parteciperanno tutti i VIP italiani. Tra loro c’è anche Fabrizio Ciba, scrittore di grande successo ma col segreto (e fondato) timore di essere un bluff che prima o poi la gente scoprirà. Ma ci sono anche, infiltrate, le Belve di Abaddon, i seguaci di una scalcinatissima setta satanica che intendono conquistare fama imperitura compiendo un sacrifico umano durante la festa…
Raramente ho cominciato a leggere un libro con tanto piacere come con questo nuovo Ammaniti. Il primo capitolo, con la riunione della setta satanica "all’amatriciana", è da applauso, un pezzo satirico da antologia, qualcosa che ti fa ridere di gusto e nel contempo ammirare la sottile analisi psicologica, insomma l’Ammaniti migliore. Poi però, gradatamente, la forza del libro cala fino ad ammosciarsi. In parte ne è responsabile il personaggio di Fabrizio Ciba, macchietta di scrittore vanitoso e velleitario probabilmente molto realistica, ma che non è né abbastanza grottesca da essere divertente, né ci dice qualcosa di davvero nuovo o interessante. Ma soprattutto, è la struttura del libro a non funzionare: manca del tutto quella sensazione di meccanismo a orolgeria, in cui tutti i pezzi vanno a combaciare, che era la caratteristica più entusiasmante della scrittura ammanitiana. Qui, al contrario, scene e personaggi rimangono a fluttuare nel vuoto, senza un collegamento con il resto della trama, o anche senza che il loro inserimento appaia motivato. Per esempio: la scena dell’amante di Ciba e del video porno, episodio che si perde nel nulla. Oppure il cuoco bulgaro ipnotizzatore, che non si capisce bene cosa c’entri con tutto il resto. Alla fine, invece che risolvere la trama, Ammaniti decide di sfasciare tutto con un’invasione di creature del sottosuolo, tanto ingiustificate che è costretto a inserire sette pagine di quello che lui stesso definirebbe un micidiale "spiegone", senza comunque riuscire a infondere un minimo di credibilità all’evento. Peccato, perché le potenzialità per scrivere un grande libro c’erano tutte. C’è chi sostiene che da Ammaniti ci si aspetta troppo, e che si tratta solo di un bravo scrittore pulp dal quale però è sbagliato pretendere qualcosa di più. Io continuo ad ammirare la sua capacità di colpire e accattivare il lettore, che anche in Che la festa cominci raggiunge vette notevoli. Ma proprio per questo continuo ad volere da lui qualcosa di più, che negli ultimi due romanzi non è arrivato.

Film: Moon

MoonUna base spaziale sul lato nascosto della Luna, dove si estrae dalle rocce lunari l’elio-3 necessario agli impianti a fusione terrestri, è abitata da un uomo solo, Sam, in attesa che il suo contratto triennale scada e gli consenta di fare ritorno sulla Terra. Un giorno Sam ha un incidente che gli fa perdere conoscenza. Quando rinviene, non ricorda bene cosa gli è successo, e comincia a notare delle incongruenze. Ben presto si accorgerà che la sua situazione è completamente diversa da quella che immaginava…
Moon era un film estremamente atteso. Non solo perché si tratta del debutto alla regia di Duncan Jones, noto per essere il figlio di David Bowie. Ma soprattutto perché è quello che gli appassionati attendevano con sempre maggiore impazienza: un film di fantascienza una volta tanto basato su una sceneggiatura autenticamente fantascientifica nelle situazioni e nei personaggi, e non su un pretesto per sfoderare effetti speciali e battaglie. Dopo averlo visto, posso dire che l’attesa era giustificata solo in parte. In effetti, Moon è davvero un film di fantascienza vecchio stile. Guardandolo è difficile non pensare a 2001: Odissea nello Spazio, Dark Star, 2002 la Seconda Odissea, Atmosfera Zero, Spazio: 1999 e non so più quanti altri film e telefilm di fantascienza del passato. Con questo non intendo dire che si tratti di un film nostalgico o citazionista, ma semplicemente che prende a modello un certo cinema in cui a essere protagonista non era l’azione vertiginosa, ma lo sottile angoscia di trovarsi nell’ambiente ostile e alieno dello spazio. Da questo punto di vista Moon riesce benissimo nell’intento, e chi, come me, aveva nostalgia di questo tipo di cinema non può che rallegrarsene.
Al di là di questo, però, Moon è un film riuscito solo a metà. La prima parte funziona benissimo, e costruisce abilmente la suspence utilzzando elementi classici in maniera originale e inconsueta. Quando però il mistero viene svelato, il film si affloscia un po’. Se da un lato vengono coraggiosamente evitate le soluzioni più ovvie, dall’altro però il potenziale drammatico di molte situazioni viene sfruttato solo in parte, e talvolta svilito da scappatoie che appaiono un po’ troppo facili. Anche il finale appare un po’ troppo semplicistico e positivo rispetto alla materia trattata.
In ogni caso guardare Moon mi ha fatto molto piacere e mi ha riportato a un tipo di cinema che credevo ormai scomparso. Un appassionato di fantascienza semplicemente non può perderselo (tenendo conto che anche a Milano per vederlo bisogna andare in un cinemino d’essai, immagino altrove le difficoltà!).