Oggi è in edicola un numero di Nòva 24 (supplemento de Il Sole – 24 Ore) contenente un mio articolo sulle tecniche per sequenziare il DNA. E' stata dura far stare tante tecniche interessanti nello spazio assegnato, ma credo che il risultato sia di interessante lettura.
Chi non vuole acquistare il giornale può trovare l'articolo, anche se privo delle immagini, qui.
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Il massacro del Commodore 64
A chi si intende un po’ di informatica consiglio la lettura dell’articolo sul venticinquennale del Commodore 64 pubblicato oggi da Repubblica, in quanto sembra una specie di esercizio su quanti errori si possono inserire in un singolo pezzo.
Le parti "migliori":
- La sua potenza si limitava a 64 chilobytes. Si confonde la potenza di un computer con la capienza della RAM, ogni commento è superfluo…
- La fortuna del C64 è da imputare alla semplicità di utilizzo che era molto superiore ai due concorrenti che ebbero ben poca fortuna, il PET e il VIC-20. I due "concorrenti" di cui si parla erano in realtà macchine antecedenti prodotte dalla stessa Commodore. Tra l’altro il PET era un personal computer da ufficio, mentre il Vic 20 era concettualmente identico al C64, solo con un hardware meno potente. Difficile dire, soprattutto nel secondo caso, che il C64 ebbe la meglio a causa della maggiore semplicità d’uso.
- La vera chiave di volta fu però il Commodore 128, che ebbe anch’esso un notevole successo per un insieme di caratteristiche che venivano richiesti ai nuovi computer. A parte l’assoluta vacuità dell’espressione "insieme di caratteristiche" (quali?!), l’affermazione è semplicemente non vera: il Commodore 128 fu una macchina di transizione che rimase sul mercato per un tempo brevissimo e non ebbe alcun successo. Il vero successore del C64 fu invece il Commodore Amiga.
UPDATE:
Ho girato le rimostranze di cui sopra alla redazione di Repubblica. Con mia sorpresa, sono stato contattato dall’autore del pezzo, abbiamo discusso un po’, e devo dire che mi ha dato ragione su quasi tutto (anche se mi ha fatto notare che negli USA il Commodore 128 un certo successo lo ebbe). Mi ha fatto comunque piacere scoprire che dietro l’articolo c’era una persona disposta ad ammettere uno sbaglio e a mettersi in discussione)
Nel parlare con l’autore, mi ha impressionato comunque scoprire che in redazione vige l’obbligo di parlare di computer come se il lettore non ne avesse mai sentito parlare. PEr me questo è un colossale segno di arretratezza da parte del giornalismo italiano. In Italia ci avviciniamo probabilmente ad avere 20 milioni di computer in funzione, un numero paragonabile a quello delle automobili circolanti. Eppure i quotidiani quando parlano di automobili si lanciano nei più sperticati tecnicismi, ma quando parlano di computer si esprimono come se parlassero di cose misteriose che spaventano la gente. Eppure io conosco molte più persone che non usano l’automobile rispetto a quelle che non usano il computer…
A immaginare il peggio non si sbaglia mai…
Apprendo ora che nel nuovo consiglio di amministrazione di EPolis c’è Marcello Dell’Utri. Credo purtroppo che ogni altro commento sia superfluo.
UPDATE:
Qui c’è un messaggio di uno dei redattori di EPolis che conferma la mia idea di quanto succede.
Una buona (?) notizia
Ieri, prendendo la metropolitana per andare al lavoro, ho avuto una gradita sorpresa: ha ripreso a uscire E Polis, che aveva sospeso le pubblicazioni un paio di mesi fa.
Forse qualcuno si sorprenderà del mio gradimento, visto che di recente ho stigmatizzato piuttosto violentemente una delle iniziative del quotidiano semigratuito. Ma, al di là del mio dissenso su certe campagne di stampa, resta il fatto che leggo E Polis volentieri. È lontano anni luce da tutti gli altri free press pieni di fuffa che vengono fatti circolare. Su E Polis una notizia può essere approfondita anche per diverse pagine e, soprattutto, c’è una grande quantità di commenti con firme interessanti. La linea politica è equliibrata, e ci puoi trovare un ampio spettro di opinioni (personalmente non ho in alcuna simpatia il centrismo e il cerchiobottismo, però trovo rinfrescante un quotidiano che non appaia immediatamente schierato da una parte o dall’altra; peraltro, Wikipedia lo definisce senza mezzi termini un quotidiano di sinistra, forse perché in Italia un quotidiano per essere di destra deve essere volgare e fazioso senza remore, del resto c’è chi definisce di sinistra anche il Corriere della Sera…). Non voglio dire che sia il miglior quotidiano possibile, però è l’unica cosa leggibile tra le tante che nel corso della giornata cercano di mettermi in mano gratis.
È interessante anche il modo in cui veniva realizzato E Polis: con piccolissime redazioni locali, un desk unico a Cagliari, e tantissimi collaboratori via Internet. Sono cose che lasciano un po’ perplessi, perché provano che la redazione tradizionale sta scomparendo ovunque, anche nei quotidiani, e non credo sia una bella cosa. Però E Polis garantiva comunque un contratto di collaborazione accettabile a molte decine di giovani collaboratori, e non è un fatto da sottovalutare.
Peccato però che le cose stiano cambiando (ed è il motivo del punto interrogativo nel titolo). Pare infatti che il nuovo finanziatore abbia preteso che i giornalisti accettassero la chiusura di tutte le redazioni, tranne quella centrale: telelavoreranno tutti. C’è anche chi dice che il contratto di lavoro è stato violato. Non ne so abbastanza per commentare. Mi limito a sottolineare che in Italia un quotidiano che ha tentato di avviare un’impostazione innovativa si è presto trovato in difficoltà, ha chiuso per due mesi, ora riapre in condizioni difficili, e questo nell’indifferenza quasi generale. Per trovare qualche notizia occorre andare sui blog. Ma perché meravigliarsi? In Italia a chi ha cercato di innovare nel campo del giornalismo è andata quasi sempre male…
Cordiali vaffanculo
al sito di La Repubblica, che da pochi minuti dopo la mezzanotte di oggi strilla in prima pagina il finale dell’ultimo Harry Potter, in modo tale che è impossibile frequentare il sito senza leggerlo. Credo che teppismo mediatico sia l’unica possibile definizione di questo comportamento.
Aggiornamento: ho scritto in proposito anche un post su Macchianera.
Poesia involontaria
Su Repubblica, per la precisione qui, oggi c’è scritto: Elisabetta Lionelli, in arte Betty Lee, è finita sulle cronache per aver denunciato l’ingerenza dell’arte nel campo della camorra.
Che dire? Temo sia involontaria, ma è una frase bellissima.
Alcune lezioni sul mondo del lavoro
La casa editrice per cui lavoravo fino a qualche anno fa, la VNU Business Publications Italia, è stata ceduta a un fondo di investimenti che ne ha trattenuto le parti più pregiate e ne ha svenduto il resto a spezzatino. È da notare che l’azienda non andava, di per sé, particolarmente male; la svendita è stata fatta a livello europeo, in quanto la holding olandese ha deciso di sbarazzarsi dell’intero settore editoria.
Prima lezione: Ormai la sicurezza del posto non esiste più nemmeno in senso relativo. Anche se lavori benissimo e la tua azienda va alla grande, può capitarti di perdere il posto anche solo perché hai avuto la sfortuna di essere usato come pedina di un gioco che ti è totalmente estraneo.
Buona parte delle testate appartenenti all’azienda sono state cedute con relativa facilità. Fanno eccezione le riviste dell’area informatica. Queste sono le uniche ad avere ampie redazioni (in tutto una decina di giornalisti professionisti) e ad uscire in edicola invece che essere distribuite in abbonamento. Sarebbero quindi, in teoria, il fiore all’occhiello dell’azienda. Invece sono rimaste per mesi senza acquirenti.
Seconda lezione: Nel mondo del lavoro odierno, l’esperienza e la professionalità sono un peso. Gli imprenditori preferiscono avere a che fare con manodopera facilmente sostituibile e manipolabile a piacimento. Tanto più sei qualificato, tanto più è difficile trovare qualcuno che ti voglia.
Alla fine le testate dell’area informatica sono state cedute a un gruppo editoriale molto piccolo, con nessuna esperienza del settore, la cui capacità di garantire un futuro alle riviste viene apertamente messa in dubbio. Questo implica in primo luogo un trasferimento quasi immediato da Cinisello Balsamo a Binasco, cioè esattamente dal lato opposto rispetto a Milano. E, in secondo luogo, dà scarsissime prospettive per i miei ex-colleghi di poter continuare a svolgere il loro lavoro in maniera dignitosa.
Terza lezione: Ormai certe tecniche “sporche” per evitare di pagare il dovuto sono diventate di uso comune. Non riceverai mai la tua buonuscita, verrai invece spedito a lavorare in un postaccio sperando che tu ti tolga di mezzo da solo.
I miei ex-colleghi (nella foto) sono in agitazione per opporsi a questa situazione. Non posso fare molto per loro, oltre a denunciare qui quello che gli sta capitando.
Notizie vuote
In questi giorni quasi tutti i giornali hanno titolato riprendendo una conferenza stampa del Viminale, dicendo che un italiano su quattro non si sente al sicuro dalla criminalità. Sottointendendo che si tratta di un fatto grave.
È evidente che in un mondo perfetto il 100% dei cittadini si sentirebbe al sicuro. tuttavia, visto che evidentemente non viviamo in un mondo perfetto, mi chiedo: è un dato grave? Si potrebbe interpretarlo in modo opposto, dicendo che ben tre cittadini su quattro si sentono al sicuro. Soprattutto, manca qualunque termine di confronto. Quandi cittadini si sentivano al sicuro negli anni ’50, ’70, ’90, l’anno scorso? Quanti cittadini si sentono al sicuro in Francia, o negli Stati Uniti? Ovviamente nessuno si è preso la briga di cercare questi dati e fornirli. Perlomeno che io sappia.Io, nel mio piccolo, sono andato a spulciarmi il rapporto originale del Viminale. Ovviamente non l’ho letto tutto: sono 450 pagine! Però, a giudicare dall’indice, solo tre pagine sono dedicate alla paura di subire reati in Italia. Quanto ai dati, c’è soltanto una tabella, dalla quale si evince che, al netto di variazioni locali, tale paura è rimasta sostanzialmente invariata negli ultimi 15 anni. E allora?
Giornalismo canonico
Da ormai troppi giorni si discute dell’ormai celeberrimo documentario BBC sul papa e su come avrebbe ordinato di coprire i preti pedofili proteggendoli dagli scandali e dalle ire della legge. Una parte sostiene che si tratta di una coraggiosa denuncia, un’altrra di vergognose falsità. Ma rigorosamente senza entrare nel merito.
Ora, se vivessimo non dico in un mondo perfetto, ma basterebbe anche in un paese normale, la questione sarebbe molto semplice. Si prenderebbero i documenti emessi dal cardinale Ratzinger, li si sottoporrebbe a un paio di vaticanisti ed esperti di diritto canonico (possibilmente non con fama di integralismo cattolico o di anticlericalismo), e gli si chiederebbe: "cosa c’è scritto, in pratica?". Se risultasse che l’attuale Papa ha effettivamente ordinato di tenere nascoste le notizie sui preti pedofili, allora lo sipotrebbe criticare, anche aspramente. Se invece risultasse che il documentario inglese ha preso fischi per fiaschi, si lascerebbe cadere la cosa (e si criticherebbe magari la BBC per avere macchiato la propria fama di rigore avallando un’inchiesta scandalistica).
Invece, nulla di tutto questo. Si blatera di diritto di cronaca, di autorevolezza della BBC, di attacchi alla Chiesa e alla Famiglia e via dicendo, senza MAI usare argomentazioni che dicano se la notizia è vera oppure falsa.
Per trovare qualche argomentazione seria, di entrambe le parti, sono dovuto andare, com’è consuetudine, su Internet. Ecco qui, via commenti di un post di Macchianera: Pro Papa e Contro Papa.
E' la stampa, bruttezza
Nei giorni scorsi ho votato per il rinnovo degli organi dell’Ordine dei Giornalisti. Devo dire che l’esperienza è stata da incubo. Mi aspettavo una cosa tranquilla, invece ho incontrato un atmosfera da repubblica delle banane.
Cominciamo col dire che ha votato meno di uno su venti tra gli aventi diritto, il che forse non è sorprendente ma è comunque desolante. Quando sono arrivato alla sede del seggio, per entrare sono dovuto passare tra due ali di propagandisti urlanti che cercavano di mettermi in mano il foglio con i nomi dei loro candidati. All’interno del seggio, poi, c’era il più celebre dei candidati in persona, che stringeva mani a più non posso e controllava che tutti i "suoi" fossero presenti. Alle 14, terminato l’orario di voto, le porte del seggio sono state chiuse, con gente arrivata all’ultimo minuto che strepitava e menava pugni contro le porte.
Che dire? Spesso mi irrito quando si prendono a bersaglio i giornalisti per partito preso, ma devo dire che l’immagine che danno di loro stessi, globalmente, non è migliore di quella del Paese, e forse è persino peggiore.