Circa sei mesi fa, il Ministro degli Esteri Massimo D’Alema avanzò la proposta di pace in Afghanistan che avrebbe dovuto comprendere anche i talebani. Oggi il presidente afgano Karzai fa una proposta che si spinge oltre, e chiede ai talebani di entrare addirittura al governo del Paese.
Di per sé, in questo non c’è nulla di straordinario. Se c’è una guerra in corso, i casi sono due: o ci si propone di annientare completamente l’avversario (cosa sicuramente non praticabile nella situazione afghana), o ci si si rassegna a trovare un accordo con lui, per quanto odioso ci possa sembrare. Non posso giudicare quanto sia seria la proposta di Karzai e quante speranze abbia di essere accolta, ma credo sicuramente che sia un passo nella giusta direzione.
Il motivo per cui scrivo questo post, però, è che vorrei sapere cos’hanno da dire ora tutti quei soloni che, solo pochi mesi fa, dalle pagine del Corriere della Sera si sono scagliati contro D’Alema giudicando la sua proposta, pericolosa, irrealizzabile, insensata, lesiva del prestigio del nostro Paese, frutto avvelenato di un’intesa con la sinsitra radicale a scapito della lotta al terrorismo.
Si chiede spesso ai politici incompetenti di togliersi di mezzo. Ma un giornalista che sbaglia le proprie analisi in modo così grossolano, non dovrebbe anche lui lasciare il posto a qualcun altro?
Mese: Settembre 2007
Non vedo nessun motivo per non farlo…
…e molti per farlo. Quindi oggi mi vestirò di rosso. E anche questo post.
UPDATE:
E, a giudicare dalla gente in metropolitana e qui sul mio posto di lavoro, sono anche stato l’unico di tutta Milano o giù di lì.
A immaginare il peggio non si sbaglia mai…
Apprendo ora che nel nuovo consiglio di amministrazione di EPolis c’è Marcello Dell’Utri. Credo purtroppo che ogni altro commento sia superfluo.
UPDATE:
Qui c’è un messaggio di uno dei redattori di EPolis che conferma la mia idea di quanto succede.
Io non c'ero
Molte persone che conosco, sia personalmente che telepaticamente, sono andate al Vaffanculo Day, e hanno esortato me a fare altrettanto. Non ci sono andato: ho già espresso in passato perplessità riguardo a Beppe Grillo, e col tempo i miei dubbi non hanno fatto altro che aumentare.
Premetto che a mio parere Grillo ha sicuramente dei grossi meriti. Ha parlato più volte di questioni importanti che altrimenti sarebbero rimaste del tutto inosservate, e spesso lo ha fatto molto bene. Basterebbe, credo, la denuncia della situazione Parmalat che ha fatto un anno prima che scoppiasse il famoso scandalo per riconoscergli di aver saputo fare informazione spesso molto meglio dei canali “ufficiali”. Dirò di più: se si limitasse a informare, a sottolineare storture e anomalie, lo sosterrei al 100%. Purtroppo però Grillo non si limita a questo. Grillo propone, e chiede alla gente di sostenere le sue proposte. E qui cominciano i guai, perché sono spesso approssimative, sballate e controproducenti.
Cercando nel sito di Grillo si trova di tutto. Per esempi, parliamo della semplificazione amministrativa. In molti hanno detto che i comuni italiani sono troppi e spesso troppo piccoli, e che le province sono enti inutili che non hanno ragione di esistere. Ma Grillo va oltre e propone: soppressione delle province e delle comunità montane, istituzione di tre macroregioni di circa 19 milioni di abitanti ciascuna […], accorpamento degli ottomila comuni riducendoli a un centinaio. C’è di che rimanere perplessi. Tre macroregioni? Ma le regioni devono servire a gestire le situazioni locali, come si fa a pensare che una regione che accorpa veneti, piemontesi, lombardi, liguri e così via, possa svolgere meglio il suo compito? Una regione del genere, in un contesto di ampie differenze locali come quello italiano, sarebbe simile a un piccolo stato. E, in effetti, l’idea delle macroregioni era stata proposta in primo luogo dai leghisti come anticamera della secessione del Nord e dello smembramento dell’Italia. Non sembra proprio una buona idea. Quanto al resto, non riesco a vedere alcun buon motivo per la soppressione delle comunità montane. Riguardo alla riduzione del numero dei comuni siamo d’accordo, ma… un centinaio? Non sono un po’ pochi? Diventerebbero grandi come delle province, che sono per l’appunto un centinaio. Ma allora cosa si fa? Si aboliscono le province, e poi le si reintroduce chiamandole comuni? Insomma, in materia di riforme amministrative Grillo fa semplicemente delle chiacchiere da bar sport, per giunta riecheggiando idee care ai leghisti. Non mi pare il caso di dargli retta.
Un altro esempio? La soppressione delle sovvenzioni alla stampa, che a quanto pare potrebbe essere l’obiettivo della prossima legge di iniziativa popolare proposta dai sostenitori di Grillo. Ora, ammetto di essere di parte, in quanto giornalista, ma anche questa a me non sembra proprio una buona idea. Sono il primo a dire che è scandaloso che un paio di deputati possano ottenere fiumi di euro per tenere in piedi i loro giornaletti personale che nessuno legge e servono solo per dare stipendi ai loro portaborse, o che ci siano editori che riescono a scroccare fior di soldi allo Stato grazie a copie stampate e non distribuite o a finti giornali che in realtà contengono solo pubblicità. Ma abolire del tutto le sovvenzioni alla stampa perché ci sono degli imbrogli equivarrebbe a eliminare le pensioni di invalidità perché ci sono i falsi invalidi. La stampa italiana è, per l’appunto, invalida. Nel nostro paese si legge pochissimo, e la rivista media in Italia vende poche migliaia di copie, quando l’equivalente in un’altra nazione europea ne vende decine di migliaia. Sospendere le sovvenzioni significherebbe la morte di numerosissime testate. Ed è piuttosto ingenuo pensare che in questo modo si taglierebbero i rami secchi e rimarrebbero in vita le testate migliori e più libere. Al contrario, sopravviverebbero solo quelle legate a interessi economici ben precisi. Per quanto male si possa pensare della stampa odierna, è tutto da dimostrare che un simile trattamento le farebbe bene.
Venendo poi alle proposte del Vaffanculo Day, avevo già esposto i miei dubbi in un post di parecchio tempo fa. La validità delle mie critiche di allora rimane immutata. C’è poi da aggiungere che la richiesta di tenere fuori dal Parlamento anche chi è stato condannato nel primo grado di giudizio va contro tutta la nostra civiltà giuridica, che vuole l’imputato innocente fino alla condanna definitiva. Come hanno già fatto notare in molti, la proposta di legge è perciò palesemente incostituzionale, e non ha alcuna speranza di diventare esecutiva.
Molti dicono che non bisogna soffermarsi troppo su quello che dice Grillo, che in fondo quello che conta è che ha stimolato la partecipazione politica, e via dicendo. Ma io non sono d’accordo. Credo che un politico (e Grillo, nel momento in cui si fa promotore di proposte di legge, diventa un politico, checché ne dica lui) vada giudicato in base a quello che propone, e non ai sentimenti che veicola. Quelli che dicono “appoggio Grillo anche se non sono d’accordo con tutte le sue proposte, perché quello che ci vuole ora è un cambiamento”, mi ricordano quelli che nel 1994 dicevano la stessa cosa di Berlusconi. All’epoca un sacco di gente diceva che il Cavaliere era quello che ci voleva per spazzare via tutto il vecchio, poi sarebbero arrivati dei politici autentici che avrebbero preso il suo posto. Sappiamo bene com’è finita. Io non me la sento di dare il mio appoggio a qualcuno che fa proposte in tutte le direzioni senza che sia chiaro quello che vuole fare, e intanto ha costruito un movimento politico e punta già a influenzare le prossime elezioni amministrative. Io spero che gli amici del V-day abbiano ragione, e so che la maggior parte di loro appoggia Grillo per ragioni giustissime. Ma io sento puzza di bruciato, e non vorrei un giorno dovermi pentire di aver dato con leggerezza a qualcuno gli strumenti per fare danni.
In memoria: Joe Zawinul
Anche Joe Zawinul ci ha lasciato.Non sto a dirvi che grande, importante, fantastico gruppo siano stati i suoi Weather Report, perché dovreste saperlo già e, se non lo sapete, ci sono siti molto più esaurienti dove scoprirlo.
Dirò solo che Zawinul mi era enormemente simpatico perché suonava il synth, e lo faceva benissimo. Da questo punto di vista, è un fenomeno quasi unico. Molti grandi tastieristi jazz hanno suonato tastiere elettriche ed elettroniche durante gli anni ’70 e ’80, alcuni anche con grandissimi risultati. Però quasi tutti (da Herbie Hancock a Chick Corea a Lyle Mays, per non parlare di Ketih Jarrett) hanno in seguito fatto capire che i sintetizzatori possno essere divertenti, ma il loro vero strumento è il pianoforte. Lui no: Joe fino all’ultimo ha suonato circondato da una decina di tastiere elettroniche, con altrettanti pedali di espressione sotto i piedi, ottenendo una raffinatezza di suono che non aveva nulla da invidiare a qualsiasi strumento acustico. Adesso purtroppo è morto (e, se non ci fosse Leon Gruenbaum, mi verrebbe da dire che nel jazz non esiste più nessuno a suonare le tastiere elettroniche in modo creativo). Tanto di cappello, Joe. Chissà quanta gente in futuro ascolterà quelle prime note di basso di Birdland (quella, ahimè, rubata dall’amaro Ramazzotti per la Milano da bere…) senza sapere che a produrle non era il basso di Jaco Pastorius, ma il tuo synth ARP 2600…
Una buona (?) notizia
Ieri, prendendo la metropolitana per andare al lavoro, ho avuto una gradita sorpresa: ha ripreso a uscire E Polis, che aveva sospeso le pubblicazioni un paio di mesi fa.
Forse qualcuno si sorprenderà del mio gradimento, visto che di recente ho stigmatizzato piuttosto violentemente una delle iniziative del quotidiano semigratuito. Ma, al di là del mio dissenso su certe campagne di stampa, resta il fatto che leggo E Polis volentieri. È lontano anni luce da tutti gli altri free press pieni di fuffa che vengono fatti circolare. Su E Polis una notizia può essere approfondita anche per diverse pagine e, soprattutto, c’è una grande quantità di commenti con firme interessanti. La linea politica è equliibrata, e ci puoi trovare un ampio spettro di opinioni (personalmente non ho in alcuna simpatia il centrismo e il cerchiobottismo, però trovo rinfrescante un quotidiano che non appaia immediatamente schierato da una parte o dall’altra; peraltro, Wikipedia lo definisce senza mezzi termini un quotidiano di sinistra, forse perché in Italia un quotidiano per essere di destra deve essere volgare e fazioso senza remore, del resto c’è chi definisce di sinistra anche il Corriere della Sera…). Non voglio dire che sia il miglior quotidiano possibile, però è l’unica cosa leggibile tra le tante che nel corso della giornata cercano di mettermi in mano gratis.
È interessante anche il modo in cui veniva realizzato E Polis: con piccolissime redazioni locali, un desk unico a Cagliari, e tantissimi collaboratori via Internet. Sono cose che lasciano un po’ perplessi, perché provano che la redazione tradizionale sta scomparendo ovunque, anche nei quotidiani, e non credo sia una bella cosa. Però E Polis garantiva comunque un contratto di collaborazione accettabile a molte decine di giovani collaboratori, e non è un fatto da sottovalutare.
Peccato però che le cose stiano cambiando (ed è il motivo del punto interrogativo nel titolo). Pare infatti che il nuovo finanziatore abbia preteso che i giornalisti accettassero la chiusura di tutte le redazioni, tranne quella centrale: telelavoreranno tutti. C’è anche chi dice che il contratto di lavoro è stato violato. Non ne so abbastanza per commentare. Mi limito a sottolineare che in Italia un quotidiano che ha tentato di avviare un’impostazione innovativa si è presto trovato in difficoltà, ha chiuso per due mesi, ora riapre in condizioni difficili, e questo nell’indifferenza quasi generale. Per trovare qualche notizia occorre andare sui blog. Ma perché meravigliarsi? In Italia a chi ha cercato di innovare nel campo del giornalismo è andata quasi sempre male…
Libro: Sorpresi dalle Tenebre
In un mondo in cui quasi tutti sono lupi mannari, i pochi esseri umani che non si trasformano al sorgere della luna piena sono obbligati a servire in una sorta di servizio d’ordine, per evitare che i trasformati provochino danni. Lola Galley è una di loro, ed entra in crisi quando un suo collega viene assassinato. Per ucciderlo hanno usato una delle pallottole d’argento che si usano per difendersi dai mannari. E’ forse un simbolo?
Quando ho letto il risvolto di copertina di questo libro, ho deciso di procurarmelo immediatamente: mi è sembrata un’idea troppo buona! Mi aspettavo qualcosa di simile allo splendido Cacciatori delle tenebre di Barbara Hambly (in cui un essere umano viene assunto dai vampiri per indagare di giorno, quando loro non possono agire). Purtroppo devo dire, a conti fatti, che il libro non ha mantenuto la sua promessa e mi ha lasciato parecchio deluso. Questo a causa del fatto che l’autrice non ha saputo costruire bene il mondo in cui ha ambientato la vicenda.
Per cominciare, un delitto capitale: in un mondo popolato da lupi mannari, non viene chiarito a sufficienza cosa significhi essere uno di loro. Da un lato i mannari vengono descritti come orgogliosi di essere tali, al punto che non rinuncerebbero mai al fatto di trasformarsi, e che provano una istintiva diffidenza e repulsione verso chi non si trasforma. Dall’altro però i mannari non ricordano quasi nulla di ciò che fanno quando sono in forma di lupo, e hanno costruito una società identica alla nostra, che tiene conto solo del loro lato umano, e che li obbliga a rinchiudersi in casa ogni volta che si trasformano. A me pare una grossa contraddizione, che rende molto nebuloso quello che dovrebbe essere uno degli aspetti fondamentali del libro.
Non è chiaro nemmeno il perché i lupi mannari abbiano sentito la necessità di rinchiudersi e di affidare ai non-licantropi, che pure odiano, il compito di catturare coloro che non rispettano il divieto. Ci viene detto più volte che l’opera di controllo dei non-licantropi è l’unica cosa che salvi il mondo dal caos e dalla carneficina, però i lupi mannari non ci vengono mai mostrati nell’atto di aggredire un loro simile (al contrario, sembrano andare perfettamente d’accordo tra loro) o di provocare danni. Gli unici morti e feriti che si vedono sono tra i non-licantropi che cercano di catturarli. Viene da pensare che, se fossero questi ultimi a rimanere rinchiusi durante la luna piena, non accadrebbe nulla.
Infine, è totalmente assurda e contradditoria la descrizione dei poteri che vengono attribuiti ai non-licantropi. Da un lato, viene descritto come siano obbligati a non fare alcun male ai mannari che catturano, e come questo li obblighi a correre gravissimi rischi, con la costante minaccia di provvedimenti disciplinari e risarcimenti danni se non seguono le pericolose procedure. Dall’altro però, se stanno indagando su un reato commesso da un mannaro in forma di lupo, i loro poteri sono pressoché illimitati: possono prelevare persone all’insaputa di tutti, tenerle per settimane rinchiuse in celle medioevali senza rendere conto a nessuno, e persino torturarle impunemente. È evidente che queste due situazioni non possono coesistere. Quasi tutte le istituzioni dei non-licantropi appaiono costruite in modo forzato, senza che ci sia una reale motivazione perché le cose vadano così. Per esempio, viene detto che i non-licantropi subiscono spesso molestie sessuali da ragazzi, in quanto sono obbligati a passare ogni notte di luna piena nei rifugi, in condizione di promiscuità. E non si può fare a meno di chiedersi quale difficoltà abbia impedito loro di creare rifugi meno promiscui: la motivazione della mancanza di personale appare piuttosto inconsistente.
Insomma, il mondo in cui si svolge Sorpresi dalle tenebre difetta totalmente di logica. Ed è un peccato, perché l’autrice saprebbe scrivere molto bene. Lola Galley è un gran bel personaggio, col suo miscuglio di fragilità e aggressività, e la sua evoluzione viene descritta con grande finezza psicologica. Anche la trama gialla funziona piuttosto bene, e conduce a un gran bel finale. Ed è particolarmente riuscito il modo in cui l’autrice sfrutta l’inversione per cui sono i non-licantropi a sentirsi dei "mostri", al punto di desiderare di avere figli mannari. Insomma, questo romanzo è un po’ come una Ferrari cui hanno versato nafta nel serbatoio: possiamo ammirarne la linea, decantare le doti del motore… ma non partirà mai. Che occasione sprecata!
Aggiornamento Gialli dei Ragazzi
Visto che il mio preceente post sui Gialli dei Ragazzi è stato tanto bene accolto, devo comunicarvi che in agosto, frugando in cantina alla ricerca di un libro perduto da tanti anni (e mai ritrovato), ho trovato un giallo di una serie che avevo del tutto dimenticato! Si tratta di Laura & Isabella di Mariagiovanna Sami! Di loro, devo dire, continuo a non ricordarmi assolutamente nulla. Impossibile scoprire che fine abbia fatto l’autrice (tutti i riferimenti su Google puntano a una professoressa di informatica.. sarà lei?).
Sarà l’ultima serie, o qualcuno ne ricorda altre?
Pregiudizi
Quest’anno ho passato le vacanze nella città dove sono cresciuto, Bolzano (quello che vedete è il Rosengarten visto dalle vicinanze del ponte Talvera, quasi al centro della città).
Non mi dilungo a dirvi delle Weizenbier e Schnaps che mi sono scolato e dei Knödel e Würstel che mi sono mangiato (camminate invece poco o nulla, causa moglie che quest’anno ha voluto emulare il professore degli X-Men, e non per i poteri mentali).
Vorrei però dirvi della colossale gentilezza e disponibilità della gente del posto. Cominciando dalla signora che gestisce il ristorante/pensione ad alta quota che frequentavamo, che dopo due volte che ci vai ti tratta come un frequentatore abituale e viene a fare due chiacchiere e a informarsi su come vanno le cose, per finire con l’anziana macellaia che incontro due volte l’anno per spendere pochi euro di specialità locali, ma che ogni volta mi saluta come se fossi un parente da lungo tempo perduto (questa volta è persino corsa fuori dal negozio per stringere la mano a mia moglie, rimasta lì perché in sedia a rotelle).
Vi racconto tutto questo anche perché perlomeno i tre quarti degli italiani che conosco e che sono stati a Bolzano mi hanno detto con assoluta convinzione di essere stati maltrattati in quanto, appunto, italiani. Eppure io ho vissuto lì 20 anni, continuo a tornarci da altri venti, e non ricordo di alcun negozio o locale che mi abbia dato il sospetto di volermi discriminare. E sì che non ho la faccia del tedesco, e non parlo bene la lingua.
Credo che si tratti semplicemente di questo: la maggior parte degli italiani non si rende conto che quasi tutti gli abitanti della provincia di Bolzano, pur abitando in Italia, sono tedeschi: hanno sempre parlato tedesco, in casa e fuori, e parlano italiano solo per lavoro. Per questo motivo a volte capiscono male. Basta ripetere, o spiegarsi con parole più semplici, e si ottiene tutto quello che si vuole. Se invece si parte dal presupposto che, siccome siamo in Italia, tutti devono capire l’italiano perfettamente, e se non lo fanno si ha diritto irritarsi e mostrarsi offesi, beh, allora è chiaro che nascono problemi.
Al penultimo giorno di vacanza, al bar accanto alla stazione della funivia di Soprabolzano, ho trovato una vespa morta in fondo al mio (peraltro delizioso) Eischokolade. Incidente antipatico, ma che può capitare. Però chissà: se non mi fossi già seduto nello stesso locale decine di volte in precedenza, con piena soddisfazione, forse anch’io ora avrei da raccontare la mia storia sugli orribili dispetti che i tedeschi di laggiù fanno agli italiani.