Alcuni mesi fa mi è stato proposto di scrivere un manuale per una piccola casa editrice emergente.
Ho preparato un progetto, la persona con cui ero in contatto lo ha accolto con enorme entusiasmo e mi ha esortato a mettermi subito al lavoro. Ho preparato un capitolo, è piaciuto moltissimo. A quel punto ho detto: "discutiamo di contratto e soldi?". Se n’è discusso, mi è stato recapitato un contratto da firmare. L’ho firmato, l’ho rispedito attendendo che un rappresentante della casa editrice lo firmasse a sua volta.
A quel punto mi è stato detto: "sbrigati perché abbiamo deciso di pubblicarlo tra pochissimo tempo". Io sono rimasto basito, di date non si era mai parlato, ora pretendono che scriva un libro in un mese nei ritagli di tempo dal lavoro. Ho cancellato tutti gli impegni, lavorato tutte le sere e, in due week-end, sono riuscito a produrre quasi metà libro.
Senonché, invece del contratto firmato mi è arrivata una e-mail del mio contatto che diceva "mi spiace molto, ma è meglio che per il momento ti fermi, ci sono state delle novità, non so quando potrà essere pubblicato il libro". A poco a poco è venuto fuori come stavano le cose: la persona con cui parlavo era un consulente esterno, la casa editrice non aveva più finanziamenti, quindi ha smesso di pubblicare libri e di pagare i consulenti, lui se n’è andato ed io, che avevo contatti solo con lui e non avevo un contratto firmato, potevo scegliere se buttare nel cesso settimane di duro lavoro oppure proseguirlo e sperare che qualcun’altro, non si sa bene chi, lo pubblicasse.
Un paio di mesi fa ho proposto un articolo a un periodico di una Grande Casa Editrice. Sorprendentemente, me lo hanno accettato, e mi hanno dato specifiche ben precise secondo cui realizzarlo. L’ho scritto, impiegando un intero fine settimana del mio prezioso tempo. Ho ottenuto conferma dell’avvenuta ricezione.
Dopo un mese, ho scritto una mail per ottenere notizie. Nessuna risposta.
Dopo un altro mese, ho cominciato a telefonare. Mi dicevano di chiamare al pomeriggio per parlare col direttore, ma al pomeriggio nessuno rispondeva.
Oggi ho chiamato per l’ennesima volta, mi hanno detto che la rivista "non la fanno più lì", e di rivolgermi alla Grande Casa Editrice. Alla Grande Casa Editrice mi hanno risposto che non ne sanno nulla, che per loro la rivista esiste ancora allo stesso numero di telefono e indirizzo, ma mi richiameranno e mi faranno sapere. Intanto io ho scritto un articolo e non so a chi l’ho venduto, se sarà pubblicato, se la testata esiste ancora.
Cominciate a vedere un pattern? Io sì….
Visto che non ho tempo per scrivere di cose serie, per intrattenere i visitatori del blog ecco una nuova puntata di "le cose che mi danno fastidio", dedicata questa volta alle foto che su quotidiani e settimanali accompagnano gli articoli su stupri e maltrattamenti delle donne. Avete presente? Sono foto come quella che includo qui: una donna col viso nascosto, rannicchiata come per proteggersi, talvolta con gli abiti strappati.
Ebbene sì, questa volta ho intervistato i Dream Theater. Per la precisione ieri a mezzogiorno, all’hotel Pierre di Milano. Non sono particolarmente soddisfatto di come è andata l’intervista. In primo luogo perché mi avevano promesso anche Mike Portnoy, e invece c’era solo James LaBrie. Quindi molte delle domande "tecniche" che mi ero preparato sono andate a farsi benedire. Ma soprattutto, mi avevano detto venti minuti, e invece dopo dieci minuti "last question, please". Io mi ero tenuto per ultime le domande un po’ complicate per mettere a mio agio l’intelrocutore, e non le ho potute fare. E’ venuta fuori una cosa banalotta anzicheno. Comunque sia, uscirà su AudioVideoFotoBILD di giugno, e il mese successivo magari renderò disponibile il testo integrale (anzi, conto di farlo presto con TUTTE le interviste che ho realizzato… ma tra il dire e il fare…).
Oggi è stato arrestato lo scrittore ed ex-terrorista Cesare Battisti. Se non vi ricordate chi è, leggendo sia
Colgo l’occasione per occuparmi di un altro evento riguardante il tema degli ex-terroristi. Ieri
Lo ammetto, a volte mi dedico anch’io alla disdicevole pratica dell’
Oggi, sia
Una delle cose che mi piacciono meno del giornalismo italiano è la faciloneria con cui termini dal significato ben preciso vengono impiegati per indicare tutt’altro, sulla base di somiglianze vaghe o addirittura inesistenti. E, una volta che il termine è stato introdotto, la totalità della stampa lo adotta pedissequamente, anche per decenni, senza che mai qualcuno si ponga il problema di sostituirlo con uno più sensato, e magari più creativo.
Se vi state chiedendo chi siano le due persone nella foto, ora ve lo spiego. Quello figo con la chitarra in mano è Dweezil Zappa, figlio del più celebre Frank. Io sono quello alto (almeno quello!).
Sfogliando il